Cop 28, ultimo appello per il clima ma Biden e Xi disertano Dubai

La Cop del fallimento o della svolta, delle polemiche o delle speranze. Le definizioni si sprecano per la 28esima Conferenza delle parti sul clima che inizia oggi a Dubai. Quale sarà l’etichetta definitiva lo sapremo, forse, il 12 dicembre, quando le 197 delegazioni voteranno la dichiarazione finale. Alla vigilia il presidente di Cop28, nonché ministro dell’Industria e della tecnologia degli Emirati Arabi Uniti, Sultan Al Jaber, continua a dirsi ottimista: a Dubai si prenderanno decisioni in grado di mantenere il riscaldamento del Pianeta entro il grado e mezzo, come auspicato dagli Accordi di Parigi.

Dei 70mila partecipanti, tra negoziatori, attivisti, giornalisti, sono in pochi a crederci. Il recentissimo Emission Gap Report 2023 stilato dall’Unep, il Programma per l’Ambiente dell’Onu, evidenzia che nel 2022, anziché diminuire, le emissioni di gas climalteranti hanno toccato un nuovo record di 57,4 miliardi di tonnellate. Se anche tutti i governi del mondo mantenessero le loro promesse di decarbonizazione, entro il 2030 la riduzione delle emissioni sarebbe al massimo del 9%, contro il 42% necessario per rimanere entro gli 1,5 gradi. Se continueremo con le politiche attuali il riscaldamento potrebbe sfiorare i 3 gradi.

Questo è lo scenario scientifico con cui dovranno misurarsi i leader mondiali che convergeranno a Dubai nelle prossime ore. Pesanti le defezioni del presidente Usa Joe Biden e del leader cinese Xi Jiping. L’attesissimo intervento di Papa Francesco non ci sarà per motivi di salute, al suo posto il Segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin. E sul fronte dei movimenti non ci sarà Greta Thunberg. Confermata, invece, la presenza del re ambientalista Carlo III: suo il discorso inaugurale, anche se “azzoppato” dal dover rappresentare un Paese il cui governo ha fatto più di un dietrofront sulle politiche green. Dopo le dichiarazioni di intenti e le foto di rito, i capi di Stato e di governo, inclusa la premier Meloni, lasceranno alle delegazioni il duro compito di trovare un compromesso che raccolga il consenso della plenaria.

Per la prima volta si stilerà un bilancio di quanto si è fatto per rispettare gli Accordi di Parigi del 2015. Chi ha preso quali impegni e se li ha mantenuti. Molti osservatori ritengono che il Global stocktake non potrà che prendere atto del grave ritardo con cui il mondo sta affrontando la crisi climatica.

Altro fronte, la triplicazione delle rinnovabili entro il 2030. È il cavallo di battaglia di Al Jaber e probabilmente sarà uno dei pochi risultati di Cop28, visto il via libera di Stati Uniti e Cina. Tema spinosissimo invece l’addio ai combustibili fossili. Difficilmente si troverà una intesa tra chi li vuole cancellare, perché causa del riscaldamento globale e delle sue conseguenze catastrofiche (gli Stati-Isola), chi ne ha bisogno per sostenere economie in forte crescita (Cina e India, soprattutto), chi ci si arricchisce esportandoli in tutto il mondo (Usa, Stati del Golfo e lobby petrolifera). Al Jaber ha un piano B: abbandonare solo le fonti fossili per le quali non è possibile catturare la CO2 emessa durante la loro combustione. Ma le tecnologie di “cattura e stoccaggio” sono ancora allo stato embrionale, e da molti la proposta è considerata un modo per prolungare la vita del petrolio.

Assisteremo a un nuovo braccio di ferro sulla “finanza climatica”. Il Sud globale accusa i Paesi ricchi di non aver mantenuto gli impegni, erogando meno di quanto promesso. Nel mirino il Green Climate Fund: 100 miliardi di dollari l’anno nel periodo 2020-2025. Ci si è fermati sempre a cifre assai più basse, nel 2023 per la prima volta potrebbero essere raggiunti i 100 miliardi. Sarebbero necessari 3.000-3.500 miliardi di dollari l’anno per raggiungere l’obiettivo 1,5 gradi.

Il fondo Loss and Damage per riparare le perdite e i danni provocati da chi storicamente ha emesso più CO2 (Usa ed Ue), l’anno scorso ha rappresentato la vittoria dell’Africa al Cop27. Ora quel contenitore va riempito: c’è già un preaccordo su 4 anni sperimentali, durante i quali il fondo sarà gestito dalla Banca Mondiale, nonostante i Paesi in via di sviluppo la ritengano espressione finanziaria dell’Occidente. Polemiche sul ruolo della Cina che secondo Usa e Ue, visto il pil, dovrebbe contribuire al fondo. Ma Pechino replica: le nostre emissioni sono recenti, la responsabilità storica di quanto sta accadendo la avete voi.