Gli Usa: Netanyahu dirà sì all'intesa. Piano Gallant per Gaza dopo Hamas

diDavide Frattini

Il consigliere del premier: «Accettiamo per gli ostaggi».  Aumenta la tensione con il Libano

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

GERUSALEMME Ha finito di scrivere il documento a ottobre dell’anno scorso, venti giorni dopo i massacri nel Sud di Israele, qualche ora prima di ordinare l’invasione di terra. Yoav Gallant non è mai riuscito a spostare l’attenzione del premier sul piano per la gestione di Gaza al termine della guerra. Adesso che il presidente Joe Biden ha annunciato la proposta israeliana per una tregua nei combattimenti, mentre i suoi consiglieri ripetono che Benjamin Netanyahu ha già detto sì, quel progetto messo giù sulla mappa dal ministro della Difesa diventa prioritario. Perché Gallant, quanto Bibi e il resto del consiglio di guerra, non può accettare che dopo quasi nove mesi di conflitto il controllo dei 363 chilometri quadrati resti ai fondamentalisti.

Al posto di Hamas

Così l’ex generale annuncia i dettagli, che sono stati discussi ieri sera dal gabinetto ristretto. «Vogliamo isolare delle aree nella Striscia — spiega — e ripulirle da Hamas per installare forze locali che le governino». Netanyahu, nonostante le insistenze di Biden, non ha mai delineato una visione per il post guerra, stretto com’è tra le pressioni degli alleati oltranzisti: i ministri messianici Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich vogliono riprendersi il territorio e ricostruire le colonie evacuate da Ariel Sharon nel 2005. Gallant è un falco, ma ha già chiarito che occupare di nuovo Gaza costerebbe «vite e sacrifici, indebolirebbe la sicurezza di Israele».

La Casa Bianca

John Kirby, il portavoce del consigliere per la Sicurezza Nazionale alla Casa Bianca, cerca di togliere spazio alle obiezioni di Netanyahu, ai tentativi dentro al governo di far saltare la possibile intesa, anche se ribadisce che «adesso tocca ad Hamas dare una risposta»: «Gli israeliani hanno raggiunto gran parte dei loro obiettivi militari. Hamas non è stato spazzato via, ma non è più in grado di condurre un attacco come quello del 7 ottobre», quando 1.200 persone sono state uccise. Con questa valutazione offre al primo ministro una via d’uscita per dichiarare la «vittoria» (forse non totale come ha promesso) assieme all’invito formulato da repubblicani e democratici per tenere il quarto discorso davanti al Congresso in seduta plenaria.

Per gli ostaggi

«Non è un buon accordo ma lo abbiamo accettato — commenta Ophir Falk, consigliere di Netanyahu, al giornale britannico Sunday Times — perché vogliamo riportare gli ostaggi a casa».

Ne restano 121 tenuti dai terroristi, tra loro almeno 37 sono considerati morti in cattività dall’intelligence israeliana. Il presidente Isaac Herzog ha proclamato di essere pronto a sostenere l’intesa e il premier, già minacciato da Ben-Gvir e Smotrich: se lasciassero la coalizione, il sostegno dovrebbe arrivare dai deputati di Benny Gantz e se serve dal partito di Yair Lapid, che guida l’opposizione.

La mossa di Biden

Biden avrebbe deciso di rendere pubblico il piano per evitare che il governo a Gerusalemme attuasse solo la prima fase e riprendesse i combattimenti senza raggiungere un cessate il fuoco permanente. I palestinesi uccisi sono quasi 37 mila, secondo il ministero della Sanità nella Striscia che non distingue tra civili e combattenti, e il valico di Rafah resta per ora chiuso agli aiuti umanitari perché gli egiziani vogliono prima il ritiro di Tsahal dalla fascia sul confine, come hanno ripetuto ieri al Cairo in un vertice con americani e israeliani.

Razzi dal Libano

Gli scontri quotidiani con l’Hebzollah libanese vanno avanti da 240 giorni, quanto quelli del conflitto contro Hamas. Ieri i lanci del gruppo sciita armato dall’Iran si sono intensificati, le sirene sono risuonate in Israele più lontano dalla frontiera, il sistema anti-missile è entrato in azione almeno 6-7 volte contro i razzi. Le esplosioni hanno fatto da miccia a un incendio sulle alture del Golan, fino a notte fonda i pompieri hanno cercato di spegnere le fiamme alimentate dal vento caldo. Davide Frattini

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2 giugno 2024

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