Bangladesh, la sceicca orfana Hasina Wazed verso la rielezione con ogni mezzo. L’opposizione: “La democrazia è morta”
Chennai – L’anno con più elezioni nella storia s’inaugura con un appuntamento deludente per la democrazia. Il voto di domenica 7 gennaio per eleggere 300 parlamentari in Bangladesh viene boicottato dall’unico partito in grado di sfidare la donna primo ministro più a lungo in carica al mondo, la settantaseienne Sceicca Hasina Wazed. Il Partito nazionalista del Bangladesh, guidato dalla sua nemesi storica, la ex premier Khaleda Zia che dal 2018 è agli arresti domiciliari per corruzione, non si presenta alle urne, lasciando il campo a 29 partitini con scarse possibilità d’intaccare quello che appare ormai come un Paese da partito unico.

Cinque mandati
La Sceicca si vanta di forti successi nei cinque mandati al potere, quattro dei quali consecutivi, dal 2009 a oggi. Nel 2021, si sono celebrati i 50 anni della nazione, con i mercati che inneggiavano al “miracolo Bangladesh.” Grazie ai prestiti del Fondo monetario internazionale è arrivato lo sviluppo economico, nuove reti elettriche per i villaggi più remoti, le autostrade, le ferrovie e i porti: infrastrutture al servizio di una crescita che fa a gara con l’India, sempre attorno al 6 % annuo. Un lunghissimo ponte sul Gange darà una spinta in più, così come la metropolitana di Dhaka. In vent’anni, più di 25 milioni di bengalesi sono usciti dalla povertà, con un reddito pro-capite triplicato (Banca mondiale). Il mondo l’ha applaudita per l’accoglienza nel 2017 di 1,1 milioni di profughi rohingya scappati dai confini di Myanmar. La trentanovesima donna più potente al mondo resta alleata sia con l’India che con la Cina, curando legami storici con Mosca, ma conservando vantaggi tariffari importanti con l’Europa.

Allora perché la sua Lega Awami non gestisce un’elezione vera, come accadeva in passato, ma ha invece stipato prigioni già sovraffollate con 25 mila oppositori, lasciandone morire cinque in cella da novembre a oggi? Forse perché teme l’impatto di un’inflazione media del 9,5% (che su fagioli e pomodori è del 50%) e del rallentamento dell’economia globale che crea difficoltà al secondo esportatore del tessile globale dopo la Cina, producendo insoddisfazione e frustrazioni. Com’è però possibile che si arrivi a quei sintomi tipici di tante democrazie ammalate, dove il dissenso viene ammutolito con le leggi e con le maniere forti in piazza e sui media, dove la società civile vive nel timore vedendo scomparire nel nulla le voci più critiche?
Il trauma della morte del padre
È un lento deterioramento per la democrazia del Bangladesh sotto la guida dalla sceicca. Hasina ha trasformato un trauma in un’arma. Suo padre, lo sceicco Mujib Rahman, primo presidente del Bangladesh indipendente, fu assassinato nel 1975 dai golpisti assieme a quasi tutta la famiglia. Rimasta orfana, Hasina trovò nella rivalsa una forte motivazione, tanto che oggi il padre è proposto come il più importante eroe nazionale, con vantaggi elettorali per lei. Ma per tutti gli anni ’80 e i primi anni ’90, Hasina fu coinvolta in quella che fu chiamata la “battaglia delle dame” con la nemica Zia, alla guida del Partito nazionalista. Si alternarono, affrontando elezioni sotto l’egida di governi temporanei di garanzia, entrando e uscendo dai palazzi del potere e dagli arresti domiciliari. Fino alla prima vittoria per la Sceicca nel 1996. Poi perse, e riconquistò il potere nel 2009, quando comincia l’erosione.

Nel 2014, i nazionalisti fanno un primo boicottaggio elettorale. Nel 2018, la Lega Awami conquista il 96% dei seggi tra scontri e repressioni. Oggi il leader dell’opposizione Abdul Moyeen Khank passa dalla latitanza accusa: “La democrazia è morta in Bangladesh.” Dopo gli scontri di piazza del 28 ottobre con 16 morti, la repressione delle autorità ha intimidito i nazionalisti. Il rischio di estremismo islamico, che minaccia il Bangladesh da decenni, appare però come un pretesto perché pur essendo più religiosi, i nazionalisti restano moderati politicamente. Si parla di 10 milioni di militanti del Partito nazionalista in fuga, chi nascosto nelle tende nelle foreste, chi tra le risaie, chi nei cimiteri. Ormai malata e stanca, Zia punta il dito contro le “elezioni farsa".

La condanna del Nobel Yunus
Insospettisce anche la condanna a sei mesi per il Nobel per la Pace del 2006, Muhammad Yunus, 83 anni, che non avrebbe creato un fondo welfare promesso ai dipendenti della sua Grameen Telecom. Nonostante gli appelli in passato di Barack Obama, Bono e Richard Branson per mettere fine alle intimidazioni contro il banchiere dei poveri, la Sceicca lo ha marchiato con l’insulto di “sanguisuga dei poveri,” perché, secondo lei, applica tassi di interesse esorbitanti nella sua banca per lo sviluppo. Giravano voci che Yunus stesse fondando un partito che poteva rubarle voti chiave. Quando glielo fanno notare in una conferenza stampa, la Sceicca di ferro, vestita nell’elegante sari, fissa con furore gli occhi grigi sui giornalisti e conclude dicendo: “Se parlate troppo, chiudo tutto!”