NEW YORK – Le reti sociali, divenute dominanti nel discorso pubblico in questa prima parte del Ventunesimo secolo, possono continuare a escludere dalle piattaforme i contenuti che giudicano estremi, pericolosi o che, comunque, violano le regole del loro servizio? O, invece, Facebook, Twitter-X, YouTube, TikTok e gli altri network vanno obbligati a immettere in rete tutti i contenuti postati dagli utenti senza quella selezione dei loro moderatori vietata da recenti leggi del Texas e della Florida per le quali ogni testo non pubblicato � un atto di censura contrario al Primo Emendamento della Costituzione americana?
Usa, la Corte Suprema pronta a bocciare le leggi che impongono vincoli politici alle reti sociali
I togati hanno discusso luned� la causa pi� importante ai fini della definizione del ruolo dei social network e del chiarimento di reali obiettivi e limiti della norma costituzionale che garantisce assoluta libert� d’espressione ai cittadini americani

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha discusso ieri la causa pi� importante ai fini della definizione del ruolo dei social network e del chiarimento di reali obiettivi e limiti della norma costituzionale che garantisce assoluta libert� d’espressione ai cittadini americani. La sentenza, che avr� conseguenze molto rilevanti in campo politico ed economico, arriver� a giugno, ma gi� dal dibattimento � emerso con una certa chiarezza l’intenzione di almeno due dei giudici conservatori, il presidente della Corte John Roberts e Brett Kavanaugh, di unirsi ai tre magistrati progressisti nel considerare incostituzionali le norme votate quasi tre anni fa dai parlamenti dei due Stati ad ampia maggioranza di destra, contestate nei tribunali ordinari nel 2022 e finite, ora davanti alla magistratura suprema.
La questione � complessa e viene da lontano. I repubblicani di Texas e Florida si sono mossi come reazione alla decisione delle reti di bloccare l’account di Donald Trump dopo il suo incitamento alla ribellione sfociato nell’ assalto al Congresso del 6 gennaio 2021 . Gli interventi dei moderatori delle reti chiamati a filtrare contenuti violenti, razzisti e teorie cospirative – tutti contenuti in gran parte provenienti dall’estrema destra – aveva spinto i repubblicani, soprattutto quelli vicini all’ex presidente, a lanciare una crociata contro quella che era stata definita �la censura della Silicon Valley�.
Una censura che violerebbe i diritti costituzionali d’espressione di chi vede il suo messaggio respinto. Ma anche le reti sociali, pur sostenendo la tesi opposta, si appellano al Primo Emendamento: l’obbligo di pubblicare tutto li priverebbe del diritto costituzionale di scegliere cosa pubblicare nel loro sito, come fa qualunque editore di stampa o tv. Mentre i tre magistrati pi� vicini alla destra radicale (Samuel Alito, Clarence Thomas e Neil Gorsuch) sembrano condividere il punto di vista di Texas e Florida, Roberts e Cavanaugh hanno preso una posizione opposta: il Primo Emendamento protegge i cittadini dagli abusi dei governi, ma non pu� essere usato per limitare la libert� editoriale di imprese private.
Roberts ha, poi, notato che se il mondo digitale � la nuova piazza pubblica, non si vede perch� a regolamentarla dovrebbe essere un singolo Stato dell’Unione. Con ogni probabilit�, quindi, a giugno le due leggi (fin qui non applicate dopo le contestazioni nei tribunali) verranno fatte decadere con un voto a maggioranza dei 9 magistrati supremi. Ma il caso fa anche emergere contraddizioni che vengono da pi� lontano. Fin qui le reti sociali hanno sempre goduto dell’assoluta irresponsabilit�, penale e civile, per i contenuti immessi in rete, compresi quelli estremi non filtrati come l’incitazione all’odio o, addirittura, al terrorismo.
Alle proteste di chi faceva notare la disparit� di trattamento rispetto al mondo regolamentato e responsabilizzato dei giornali e delle trasmissioni televisive, Facebook e gli altri per anni hanno replicato che le reti non sono editori ma semplici collettori di contenuti altrui. Ora che gli avvocati chiamati a difendere Texas e Florida davanti alla Corte Suprema hanno equiparato queste reti ai servizi postali o di telecomunicazione, i social si sono riscoperti pi� simili ai giornali. I loro avvocati hanno, infatti, invocato il diritto alla discrezionalit� editoriale dando di fatto ragione a editori schiacciati da decenni da questi nuovi media digitali anche a causa del’enorme libert� della quale hanno goduto.
Giusto bocciare le leggi di Texas e Florida, ma anche cancellare la norma (la cosiddetta Section 230) dell’era Clinton che ha garantito alle reti la totale irresponsabilit�. Forse ci si arriver�, ma ormai la stalla appare pressoch� vuota, visto che dall’era delle reti sociali stiamo passando a quella dell’intelligenza artificiale generativa che pone problemi regolamentari di altra natura. La conclusione amara � che un’America che da almeno un quarto di secolo � immersa, socialmente ed economicamente, nell’era di Internet, non � ancora riuscita a definire sul piano politico e legale la gestione dei suoi aspetti pi� rilevanti e sensibili.
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27 febbraio 2024 (modifica il 27 febbraio 2024 | 01:50)
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