Dossieraggio, il grande gelo di Meloni con Nordio: la commissione è solo l’ultimo dei troppi annunci smentiti

ROMA — Era il suo “dio”. Ora è il suo “inferno”. Meloni l’ha voluto contro tutti. Ha deluso perfino Delmastro. È arrivata sull’orlo della rottura con Berlusconi. 22 ottobre 2022. Il braccio di ferro tra i due, mentre si lavora al governo, è proprio su Carlo Nordio. Lei lo impone. Lui gli dice di no. Lei glielo manda in visita a casa. E Nordio blandisce Silvio. Come sa fare lui. Della serie… parole, parole, parole… E davanti alle telecamere Silvio dà il via libera. Passati 17 mesi non è detto che Giorgia lo rifarebbe. Il “suo” Guardasigilli a ogni piè sospinto ne combina una, ed è stato una delusione. Riconoscere l’errore? Non sia mai. E Nordio? «Non conta un’acca…» è la chiosa al veleno di chi gli fa la fronda. I “cattivi” della maggioranza gli rivolgono il commento più delegittimante. «Nordio? È irrilevante. Parla assai. Ma non conclude».

Povero Nordio, verrebbe da dire. Certo, «quest’ultima volta l’ha fatta grossa» confida un inquilino di via Arenula. La commissione d’inchiesta sui dossier di Striano e Palamara lo precipita. Raccontano che la presidente dell’Antimafia Chiara Colosimo fosse furibonda, ben ricordando che il Nordio di oggi è lo stesso che ha scatenato il fronte dell’Antimafia militante, quando ha annunciato, via intervista, che avrebbe cambiato il concorso esterno. Era il 12 luglio. Luglio di fuoco per lui. Per giunta, davvero poco diplomatico l’ex pm di Venezia, nel dirlo quando sta per cadere il tragico anniversario della strage Borsellino. Meloni, in procinto di andare a Palermo, è costretta a mobilitare il sottosegretario Alfredo Mantovano che smentisce Nordio con un netto «il concorso esterno non si tocca».

Quando è cominciata la crisi tra Meloni e Nordio? Già tre mesi dopo il suo insediamento – gennaio 2023 – i primi segnali. Perché il Guardasigilli che sebben garantista aveva già sottoscritto il decreto Rave con gli improbabili aumenti di pena, apre l’anno giudiziario e inveisce contro le intercettazioni. Sono un chiodo fisso. Troppe, costose, invasive, fonte di inutili pettegolezzi, un regalo ai giornalisti. Azzarda che sono meglio quelle preventive dei servizi segreti. Di fatto annuncia la stretta che potrebbe colpire anche mafia e corruzione. Scatta il primo allarme del mondo antimafia. Meloni lo blocca.

Attorno a Nordio si fa il vuoto. Politico s’intende. È obbediente, firma tutto quello che c’è da firmare, i reati universali contro gli scafisti e l’utero in affitto. Anche se pronuncia cento volte la parola “garantismo”. Vuole riscrivere il codice penale “firmato da Mussolini”, vuole sfoltire i reati, ma finora ha soppresso solo l’abuso d’ufficio. Mettendosi contro l’Europa. Nonché i magistrati. Per la cronaca, Cantone ha contestato a Striano un abuso d’ufficio. E Palamara è stato condannato per traffico d’influenze, che Nordio ha attenuato. Forse gli ha fatto un favore… anche se vagheggia la commissione d’inchiesta contro di lui. Ce l’ha con la stampa che “spia” con le intercettazioni. Vieta quelle dei terzi. Promette, a parole, mari e monti, ma non conclude, stretto da un ministero che non funziona, mentre lo abbandona pure il capo di gabinetto Alberto Rizzo.

L’altolà è dietro l’angolo. Mantovano pretende i test psico attitudinali contro le toghe. Lui dice no. Giulia Bongiorno, in asse con Chigi, li ripropone. Nordio piega la testa. Idem sui concorsi solo per avvocati e giudici onorari. Mantovano li vuole. Lui no. Poi ecco il sì. Il palcoscenico è il suo punto debole. Accetta quando Renzi lo invita alla Leopolda. Delmastro resta basito visto che il leader di Iv sul caso Pozzolo ha chiesto per lui perfino il guanto di paraffina. Nordio conferma finché non arriva l’altolà a un’ora dal dibattito. Lui abbozza una difesa improbabile, «avrei dovuto collegarmi dall’auto». È una débâcle. Ma fa finta di niente.

Rinuncia ai suoi capisaldi pur di salvare la poltrona. Che fine ha fatto la separazione delle carriere chiede Enrico Costa di Azione? «Giorgia vuole che si faccia dopo il premierato» replica Nordio. Costa lo batte sul bavaglio alla stampa. Quando il padre di Ilaria Salis gli chiede aiuto lo tiene oltre 50 giorni fuori dalla porta. Non corre da un carcere all’altro per capire perché i detenuti continuano a suicidarsi. E ripete all’infinito il refrain delle caserme dismesse. Dopo un anno forse ne riapre solo una…