Giuseppe, morto a Napoli nell’azienda comunale dei rifiuti: operaio-sindacalista sempre in lotta per i diritti

Giuseppe Cristiano aveva 66 anni e già la sua età racconta quanto sia assurdo e intollerabile morire di lavoro in Italia. Pensioni irraggiungibili, contratti precari, sicurezza trascurata: la fine di Giuseppe, napoletano di Ponticelli, sposato e due figli, una ragazza e un ragazzo operaio anche lui, si è consumata all’alba nel piazzale dell’azienda di raccolta rifiuti del Comune, dove Cristiano è stato investito da un camion in manovra. Ed allora il senso di una vita spezzata lo possono dare le parole di un collega sindacalista (anche Giuseppe lo era) consegnate ai social: “Ti ricorderò cosi. Sei stato un guerriero.Sei stato un militante che si battuto in prima linea per noi licenziati. I consorzi di bacino sono stati l’anticamera della morte per tanti altri colleghi: chi si è suicidato, chi si è ammalato per la collera perché i consorzi non ci erogavano gli stipendi da anni. Ricordo le nostre chiamate quando mi citavi la legge 26.10. Però, a malincuore, mi dicevi ‘dobbiamo accettare questa assunzione’. Invece ecco qua io a scriverti. E tu non ci sei più. Mi hai sempre consigliato di stare calmo di avere un profilo basso. Però ora mi chiedo, ora è toccato a te... Prima di te ricordo il nostro amico Gennaro, un male se l’ha portato via. Ora ti chiedo, caro Giuseppe, veglia su noi assunti degli ex consorzi di bacino”. Rabbia, dignità. Resta solo questo.