Chico e Ilaria, storie diverse da affrontare senza ideologia
Caro Aldo,
ma perché noi italiani affrontiamo i problemi comuni come se tifassimo delle squadre di calcio? Glielo chiedo preso dallo sconforto dopo aver ascoltato delle discussioni che raffrontavano la vicenda di Chico Forti con quella di Ilaria Salis. Come se l’estradizione del primo e la carcerazione della seconda fossero rispettivamente merito e colpa dell’attuale governo a guida Giorgia Meloni. Ma se il livello di ragionamento medio di noi italiani si, e ci, divide a metà cosa pensiamo di risolvere dei problemi del nostro Paese? Nulla.
Mario Taliani Noceto (Parma)
Caro Mario,
Chico Forti è un ergastolano condannato per omicidio. Ilaria Salis non è stata condannata ed è accusata in sostanza di aver fatto a botte con i neonazisti. Oggettivamente non è lo stesso profilo. Ciò detto, quando un carcerato italiano le cui responsabilità sono contestate torna a casa, è sempre un successo del governo e del sistema Paese. Sulla colpevolezza di Forti ci sono molti dubbi, lui stesso ha rinunciato a sconti di pena per non dirsi colpevole. Ha passato in carcere 25 anni, cosa che in Italia non avviene quasi a nessuno, neppure agli stragisti. Bene quindi che sia tornato. Così come fu un bene la libertà per Patrick Zaki (che non aveva fatto nulla di male), poi oggetto di un’ondata d’odio. Ci aspettiamo lo stesso impegno per Ilaria Salis, prigioniera di un Paese, l’Ungheria, con cui il governo italiano intrattiene buoni rapporti, ma che sta violando i principi, i valori e le regole che sono alla base dell’Unione europea. Non a caso i ministri del governo Orbán hanno reagito in modo molto aggressivo alle richieste di chiarimento avanzate ad esempio dal ministro Tajani. Il presidente del Senato La Russa ha ricevuto il padre di Ilaria, che oltretutto è un uomo di destra. La Lega ha dato in sostanza ragione a Orbán. Quanto sarebbe bello vivere in un Paese che quando un compatriota è in difficoltà non si chiede per chi voti, ma come può aiutarlo, superando le barriere dell’appartenenza e della convenienza.
LE ALTRE LETTERE DI OGGI
Storia
«Io, caregiver di mio marito, ormai non ho più una vita»
Sono moglie e caregiver di un giovane uomo a cui è stata diagnosticata un’importante malattia neurologica. Ci scontriamo ormai da mesi con una sanità malata. Dopo un primo ricovero in un nosocomio dove viene fatta la prima diagnosi e due mesi in Rsa, finalmente inizia il percorso dell’assistenza domiciliare sotto il controllo della Asl. Un percorso tra il grottesco e il surreale. Il caregiver è immerso in un mare di moduli da compilare e consegnare personalmente nei vari uffici dell’Asl. Nel frattempo, in casa, inizia il via vai di infermieri e terapisti. Dopo mesi di valutazione di queste persone da parte del caregiver (che continua a vigilare, consigliare e gestire) si arriva alla formazione della squadra di assistenza (8/9 persone al mese per 8 ore al giorno, sette giorni su sette). Nel frattempo, la Asl latita. Pago da mesi letto e carrozzina di mio marito perché la prescrizione per averli di diritto non arriva. Per avere un farmaco ospedaliero devo attendere più di 10 giorni la visita dello specialista della Asl. Si spendono centinaia di euro in visite mediche domiciliari, integratori, prodotti per l’igiene. Finalmente arriviamo al ricovero in un centro specialistico. Ricoveri che si protraggono inutilmente perché per avere un consulto specialistico si attendono giorni, perché si fa da ricoverati una cura farmacologica che si potrebbe fare a casa. Si occupa un letto spendendo intere giornate a far nulla (a spese dei contribuenti), mentre la vita di tutti i famigliari è paralizzata. Se non avessimo disponibilità economica, come avrei potuto garantire a mio marito le cure necessarie? E se non fossi un dipendente pubblico come avrei potuto assentarmi dal lavoro per gestire e seguire mio marito?
Maria
PICCOLI CALCIATORI
«Ho ritirato la squadra per le troppe scorrettezze subite»
Ezio CiranniSCONTRI A PISA
«Sputi contro i poliziotti? Inaccettabile, meglio dire che hanno sbagliato»
Francesco SpinelliSCUOLA
«Prof picchiati e ragazzi che vogliono avere ragione »
Fabio SìcariMOTORI
«La mia auto bloccata, ne ho bisogno per lavorare»
Alessia Antonia Casile Tutte le lettere
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Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.
MARTEDI - IL CURRICULUM
Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino
Invia il CVMERCOLEDI - L'OFFERTA DI LAVORO
Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai.
Invia l'offertaGIOVEDI - L'INGIUSTIZIA
Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica
Segnala il casoVENERDI -L'AMORE
Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita.
Racconta la storiaSABATO -L'ADDIO
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