Jérôme Fenoglio: «Macron, scelte irrazionali. Le Pen mai normalizzata, Bardella è un prestanome»
Il direttore di Le Monde sulla situazione politica in Francia: «Serve tempo per un governo»
DAL NOSTRO INVIATO
COUTHURES - Una settimana dopo le elezioni legislative, e a poco più di un mese dal clamoroso scioglimento dell’Assemblea nazionale deciso da Macron, il direttore di Le Monde, Jérôme Fenoglio, fa il punto sulla crisi francese. «Non era questo l’obiettivo cercato da Macron con le elezioni anticipate, ma il Rassemblement national si è mostrato per quel che è realmente: un partito con molti candidati razzisti, xenofobi, omofobi. La normalizzazione si è rivelata una menzogna. Jordan Bardella non ha la minima autonomia rispetto al clan Le Pen, rimasto lo stesso dai tempi del padre Jean-Marie. Bardella non è che il giovane prestanome dei Le Pen».
Ma lei che cosa ha pensato la sera delle Europee, quando Macron ha indetto le elezioni anticipate?
«Mi è parsa una scelta sconsiderata, cioè che non considerava minimamente le possibili disastrose conseguenze. Una scelta irrazionale, sorprendente, e al tempo stesso prevedibile perché ormai conosciamo il narcisismo di Macron. Una reazione provocata dall’amor proprio ferito».
E suggerita da pochi consiglieri, come Le Monde ha rivelato?
«Purtroppo il presidente non è circondato da una grande squadra che potrebbe compensare i suoi difetti, ma da un piccolo gruppo che accresce il suo isolamento e asseconda i suoi punti deboli».
Macron poi è rimasto spiazzato dalla nascita del Nouveau Front Populaire?
«Sì, perché ragiona con una mentalità fondamentalmente di destra, come quella dei suoi consiglieri. Ignora i riflessi della sinistra, che sono, in queste occasioni, unirsi subito e a ogni costo».
Ma può rivendicare Macron almeno il risultato di avere fermato il Rassemblement national?
«No, perché il Rn ha comunque aumentato i suoi seggi in Parlamento. Forse il calcolo di Macron era semmai coabitare con Jordan Bardella, evidenziandone i limiti. Ma ha fatto correre un rischio enorme al Paese, perché Marine Le Pen non è Giorgia Meloni, che mi preoccupa più a lungo termine, specie per le riforme istituzionali che a me sembrano pericolose. La minaccia del Rn in Francia invece era immediata, a brevissimo termine, con conseguenze gravi sull’Europa e la guerra in Ucraina, e non è vero che Macron avrebbe mantenuto comunque intatto il controllo della politica estera. La coabitazione sarebbe stata un disastro».
E adesso?
«Il chiarimento evocato da Macron non c’è stato, anzi. Siamo in un territorio totalmente inesplorato, il cuore della vita politica si sta spostando più verso il parlamento ma noi francesi non abbiamo l’esperienza di Paesi vicini come Italia o Belgio».
Che cosa pensa dei litigi sul nome del premier?
«Mi sembrano totalmente prematuri, l’Assemblea non si è ancora riunita e già si vorrebbe individuare la maggioranza e il premier che dovrebbe guidarla. Bisogna darsi più tempo, lasciare ai partiti la possibilità di parlarsi. Un momento importante sarà il 18 luglio l’elezione del presidente o della presidente dell’Assemblea, la terza carica dello Stato, lì vedremo qualche possibile equilibrio all’opera».
È possibile che il Nfp abbia vita breve? Raphaël Glucksmann ha sempre ripetuto che l’alleanza con Lfi e Mélenchon era «a malincuore» e tattica, solo per fermare il Rn, e che dopo le elezioni si sarebbe aperta una nuova fase politica.
«Glucksmann, come molti, è perplesso sulla possibilità di governare con Mélenchon. Che da quando è scomparso il suo storico consigliere Bernard Pignerol, circa un anno fa, si è circondato di una cricca, una specie di setta con la quale ha cercato di fare della questione palestinese il cuore della politica francese, mentre non dovrebbe esserlo».
Da qui alle presidenziali del 2027 il Rassemblement national potrà rimettersi in corsa?
«Intanto vedremo se le presidenziali saranno nel 2027, come da calendario, o prima. Da Macron bisogna aspettarsi di tutto, e se la situazione di stallo dovesse durare ancora a lungo... Spero in ogni caso che la società francese, e noi abbiamo un ruolo in questo, sarà capace si smascherare la tecnica del Rn: connettere tutti i veri problemi, dal potere d’acquisto al declino dei servizi pubblici, a una falsa soluzione, cioè dare la colpa di tutto agli immigrati. I politici dovranno tornare nelle circoscrizioni abbandonate agli esponenti del Rn, e noi media parlare il più possibile delle questioni vere e profonde che attraversano la società».
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