Nuovo Patto di stabilità, blitz franco-tedesco: “L’accordo c’è, l’Italia è con noi”

BRUXELLES - Francia e Germania accelerano sulla riforma del Patto di stabilità. La possibilità di un accordo oggi alla riunione dell’Ecofin (l’incontro dei ministri finanziari dell’Ue in videoconferenza) adesso è molto più concreta. Anche se l’Italia non nasconde di sentirsi “spiazzata” dall’accordo a due siglato ieri in una riunione ristretta tra il ministro francese Le Maire e quello tedesco Lindner. In realtà i due hanno sentito telefonicamente anche il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che però non ha gradito lo sprint imposto dai “colleghi”. Al governo Meloni non piace l’immagine fornita da Parigi e Berlino: che siano loro a decidere tutto.

In effetti proprio Le Maire è stato chiaro e non ha negato che la riforma passa dall’intesa con i tedeschi: “Sono molto felice di annunciarvi che siamo vicini a un accordo al 100% tra Francia e Germania”. Lindner, pur essendo molto fiducioso, ha confermato la linea rigorista del suo Paese. “La Germania – ha detto - non accetterebbe regole che non sono rigide”, ossia, “credibili, sufficienti ed efficienti per portare a livelli di debito più bassi e a un percorso affidabile per ridurre i deficit e penso che ciò che otterremo sarà esattamente questa landing zone: consentiamo gli investimenti, manteniamo uno spazio fiscale per le riforme strutturali, ma rispetto alle vecchie regole le nuove porteranno ad abbassare tali livelli e abbassare i deficit. Le vecchie regole sono rigorose sulla carta, ma non nell’applicazione”. Questo tanto per far capire su quale direttrice si muove Berlino.

In effetti tutto si concentra sempre sui due parametri principali di riferimento: deficit e debito. I tedeschi pretendono numeri certi e non discrezionali. Sul deficit era già emerso un orientamento: i Paesi (come l’Italia e la Francia) con un debito superiore al 90 per cento del Pil devono ridurre il disavanzo fino ad arrivare all’1,5 per cento. Ben al di sotto, dunque, del tradizionale 3 per cento. Si tratta di una “clausola di salvaguardia” reclamata dalla Germania che non si fida di chi ha bilanci cosi squilibrati. Il punto però è in quanto tempo arrivare all’1,5 per cento e con quali “attenuanti”. In un primo momento era stato indicato un obiettivo quadriennale. Nel nuovo accordo questo periodo potrebbe essere esteso. Una soluzione gradita alla Francia e all’Italia. L’altro punto di dibattito è la soglia minima annuale di riduzione del deficit che oscillava tra lo 0,5 e lo 0,7 per cento e che potrebbe ridursi ulteriormente fino allo 0,2. Una scelta che dipende anche dalla ampiezza del periodo entro il quale va ridotto il disavanzo. È poi confermato una parte di “scorporo” della spesa per interessi sui titoli di Stato nel triennio 2025-2027. Un modo questo per attutire l’effetto del rialzo dei tassi deciso nell’ultimo anno dalla Bce. Nello “scomputo” è stata inserita anche la spesa per la Difesa che verrà però valutata di volta in volta. Entrambe richieste su cui ha insistito l’Italia.

L’altro nodo riguarda la riduzione del debito. Che dovrebbe iniziare dopo aver conseguito l’obiettivo del deficit. L’interrogativo in questo caso riguarda la dimensione del “taglio” annuale. Fino ad ora è stato inserita una soglia dell’1 per cento. Il confronto potrebbe portare ad una riduzione di questa percentuale. E poi potrebbe essere introdotto un criterio specifico sulla spesa pubblica.

Resta il fatto che il nuovo Patto di stabilità appare plasticamente frutto di un accordo tra Francia e Germania in cui l’Italia ha svolto un ruolo marginale. Lo sprint annunciato ieri sera, persino prima che tutti i dettagli fossero effettivamente definiti, risponde alla necessità dei governi francese e tedesco di evitare critiche o addirittura rivolte nelle rispettive compagini. In realtà il problema riguarda soprattutto l’esecutivo Scholz. I liberali, infatti, potrebbero accusare il Cancelliere di aver ceduto al pressing degli “spendaccioni” del Mediterraneo. L’annuncio di Lindner, che viene proprio dal partito liberale, serve a placare in anticipo le possibile reazioni interne.

Ieri comunque si è svolta una riunione anche “tecnica” tra gli sherpa di tutti i 27 ministeri. In quella sede l’accordo è stato raggiunto. Bisogna capire adesso se seguirà anche l’intesa politica. Va considerato che per modificare il Patto di stabilità vanno cambiati tre Regolamenti Ue, di cui uno all’unanimità. Quindi basterebbe il “no” di un “falco rigorista” come l’Austria, l’Olanda o la Finlandia per far saltare l’intero quadro.