L’altra faccia del boom saudita: i primi conti in rosso
L’Arabia saudita comincia a fare debiti. Dobbiamo preoccuparci? Dal mio recente viaggio in KSA (Kingdom of Saudi Arabia, ovvero “il Regno” per eccellenza) vi ho riportato questa impressione: l� ho visto l’epicentro di una nuova “febbre dell’oro”, attrae investitori e grandi imprese da tutto il mondo, vi si respira un’atmosfera che mi ricorda quella della Cina dove andai a vivere vent’anni fa. Molto pi� in piccolo, naturalmente, visto che l’Arabia ha solo 36 milioni di abitanti. Per� c’� la stessa eufor�a, la fiducia che tutto � possibile, che il cambiamento avviene a gran velocit�, che grandi progetti avveniristici prendono corpo. La sensazione che si sta costruendo un futuro appassionante. Ora sorge un dubbio: che quel futuro possa rivelarsi un castello di carta, una bolla speculativa pronta a esplodere? A sollevare qualche sospetto � una recente indagine del Wall Street Journal che rivela l’altra faccia del miracolo saudita: i debiti.
Quanto costano i sogni del principe MbS
Sia chiaro, i debiti sono l’anima del capitalismo da quando esiste. Ogni impresa che investe nel proprio futuro deve fondarsi anche su soldi altrui: banche, mercato obbligazionario e altri strumenti di finanziamento. Ben venga l’indebitamento quando � funzionale ad alimentare progetti di sviluppo. Se i piani sono solidi, i capitali investiti daranno un rendimento e questo consentir� di ripagare i creditori, oltre agli interessi che maturano. L’importante � la qualit� dei progetti; ed � bene non fare il passo pi� lungo della gamba.
I progetti sauditi sono grandiosi davvero. Ne ricordo alcuni, inquadrati in quell’insieme di sfide che il principe Mohammed bin Salman (MbS) ha battezzato Vision 2030. C’� Neom, una regione del Regno destinata a diventare una sorta di Stato autonomo, zona franca per attirare gli stranieri con regole molto liberali. A Neom dovr� sorgere una mega-citt� lunga 170 chilometri, disegnata da squadre di architetti stranieri all’insegna della qualit� della vita e della sostenibilit�. La totalit� degli investimenti in quell’ambito potr� raggiungere un valore di 500 miliardi di dollari. Un po’ pi� in piccolo, nella capitale Riyadh centinaia di gru e scavatrici sono all’opera per costruire il centro residenziale e commerciale di Diriyah: 62 miliardi di investimenti gi� previsti. Un altro obiettivo di Vision 2030 � dotare l’Arabia di una capacit� manifatturiera in alcuni settori di punta: dai microchip alle auto elettriche. Il costo degli investimenti previsti si aggira attorno ai 100 miliardi. Gli acquisti di jet passeggeri dalla Boeing per lanciare una nuova compagnia aerea (Riyadh Air) verranno a costare 35 miliardi, per sfidare concorrenti regionali come Emirates e Qatar Airlines.
L’elenco dei progetti pu� proseguire a lungo, include lo sviluppo turistico di resort di lusso sulla costa settentrionale del Mar Rosso; le spese faraoniche per portare in Arabia saudita grandi tornei sportivi (dal calcio al golf) e le star delle rispettive discipline.
Fondo sovrano, calano le disponibilit� di cash
La corsa per raggiungere i traguardi fissati da Vision 2030 � frenetica. Il conto comincia a essere vertiginoso. Il fondo sovrano che fa capo alla monarchia saudita, che si chiama Public Investment Fund (acronimo: Pif) � uno dei pi� ricchi del pianeta. Ma la sua disponibilit� di cassa si � ridotta di tre quarti in soli tre anni. Donde la necessit� di indebitarsi; e di vendere un altro pezzettino di quel “tesoro della corona” che � Aramco, la pi� grande compagnia petrolifera mondiale. Secondo le stime del governo saudita, per far fronte ai suoi piani d’investimento il Pif dovr� arrivare a gestire due trilioni ovvero 2.000 miliardi di dollari, quasi il triplo rispetto ai 718 miliardi attuali. Una parte glieli deve fornire direttamente il Tesoro. Il Tesoro saudita ha gi� dovuto emettere 12 miliardi di dollari di bond che ha piazzato sui mercati internazionali, nel gennaio 2024; altre emissioni sono in vista sia da parte del governo che del suo fondo sovrano.
Nei confronti internazionali il KSA � solido
Al momento la situazione � sotto controllo, direi perfino virtuosa. Il deficit saudita � il 2% del Pil, al di sotto di molti paesi europei e degli Stati Uniti. Il debito pubblico del KSA � solo il 26% del Pil, di che guardare dall’alto in basso paesi ben pi� indebitati tra cui Stati Uniti, Giappone, Italia. Ma se si sposta l’attenzione alla traiettoria, si scopre che il debito saudita partiva dall’1,5% del Pil appena un decennio fa, quindi la curva al rialzo � stata abbastanza ripida. Vision 2030 c’entra molto, e siamo solo a met� strada rispetto alla totalit� degli investimenti previsti. Le riserve ufficiali in valuta del Regno erano pari a 700 miliardi di dollari dieci anni fa, sono scese a 400 miliardi. Anche qui, � la velocit� del cambiamento che colpisce. Tanto pi� in una situazione in cui i tassi d’interesse mondiali sono saliti; e i mercati finanziari fanno credito a condizioni migliori ai vicini come gli Emirati, perch� considerati pi� solidi. I margini di manovra di cui gode MbS restano invidiabili. Molti altri Stati scambierebbero volentieri la propria situazione debitoria con quella saudita. Tanto pi� che Aramco vale in Borsa circa due trilioni e finora il Regno ne ha collocato sul mercato solo una quota di minoranza (29 miliardi di dollari, nel 2019). Aramco risulta essere la terza societ� di maggior valore al mondo dietro Microsoft e Apple; davanti ad Alphabet-Google e Amazon. L’Arabia pu� continuare a venderne dei pezzi senza mettere a repentaglio il proprio controllo come azionista di maggioranza assoluta. Prima che sorgano dubbi sulla solvibilit� dell’Arabia dovr� passare molto tempo; o dovranno accedere delle catastrofi oggi inimmaginabili. Ma un elemento di fragilit� � la dipendenza dalle esportazioni di greggio, tuttora la fonte di entrate di gran lunga principale per il Regno (decrescente s�, ma lentamente). La domanda di petrolio, e di conseguenza il suo prezzo, � volatile. La diversificazione di vocazioni economiche del KSA intrapresa da MbS cerca di ovviare anche a questa vulnerabilit� storica.
Quale (brutta) sorpresa potrebbe colpire gli stranieri?
Tutto ci� spiega perch� Vision 2030 vuole attirare sempre di pi� gli investitori stranieri: affinch� condividano una parte dei rischi, e degli oneri finanziari collegati. Per attirare gli stranieri a metterci capitali propri sono necessarie anche delle riforme del quadro normativo: oggi l’Arabia non � uno dei paesi pi� facili in cui investire per poi rimpatriare i profitti altrove. Non � neanche uno Stato di diritto con gli stessi livelli di garanzie offerti, poniamo, dagli Usa. Non c’� bisogno di immaginare degli scenari estremi come i default: ben altri nel mondo sono i paesi da tenere d’occhio per il rischio di bancarotte. Semmai la “bolla” saudita potrebbe riservare altri tipi di aggiustamenti, e di sorprese agli investitori esteri. Con il decisionismo che lo caratterizza, MbS potrebbe a un certo punto decretare che alcuni progetti sono troppo costosi, e vanno tagliati di colpo con la scure; potrebbe sottoporre a una “spending review” i conti salati che certe multinazionali o certi professionisti stranieri gli hanno presentato. Come in ogni febbre dell’oro, anche l’Arabia saudita sta attirando la sua dose di profittatori, speculatori, e qualche imbroglione. Prima dell’era di MbS, alcuni membri della famiglia reale lasciarono sgradevoli ricordi in Occidente: principi e principesse fuggiti senza pagare conti sontuosi nei migliori alberghi o dai gioiellieri pi� rinomati. MbS ha messo in riga certi suoi parenti all’epoca del famoso “arresto in massa” di aristocratici dentro il Ritz Carlton di Riyadh. Affront� in modo assai brutale la piaga della corruzione e dell’evasione fiscale. In futuro, accorgendosi che i conti del Regno stanno peggiorando, potrebbe rivolgere la sua attenzione verso alcuni top manager di multinazionali che stanno ingrassando i loro bilanci a spese del Tesoro saudita?