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La storia di Alexei Navalny, attivista russo e oppositore di Putin
Quando in Russia � tempo di torbidi, torna sempre d’attualit� la doppia suggestione dello Zar buono e del Falso Dmitrij. Nella tormentata storia russa, la prima figura rimanda a Boris Godunov, il sovrano illuminato che govern� la Russia dopo la morte di Ivan il Terribile, nel 1584, prima nell’ombra di Fjodor I e poi brevemente da Zar. La seconda rimanda invece a tre impostori, che tra il 1600 e il 1613 si accreditarono uno dopo l’altro come figli di Ivan, sfidando Boris e autoproclamandosi sovrani, prima di finire assassinati dopo regni brevi e scellerati.
Quale delle due figure si riveler� Aleksej (Alexei) Navalny ce lo diranno i prossimi mesi e anni. Nella narrazione del Cremlino di Putin, il dissidente pi� famoso del mondo � un nuovo Falso Dmitrij, venuto a ingannare il popolo russo e deciso a usurpare il trono dello Zar. Ma con la sua tenacia e il suo coraggio, egli non fa mistero di voler indossare i panni di Boris Godunov, beniamino degli ultimi e profeta di una nuova era.
Ma chi � veramente Aleksej Navalny, questo avvocato ultraquarantenne nei cui occhi azzurri brilla quello che Enzo Bettiza definiva �il lampo di follia proprio di tutti i russi bianchi�? Quale ruolo si prepara per lui, ora che una condanna senza veri motivi a 2 anni e 8 mesi di carcere mostra il nervo scoperto di Vladimir Putin, deciso a pagare qualsiasi prezzo politico pur di emarginarlo?
Figlio di un ufficiale dell’Armata Rossa, cresciuto nelle citt� militari chiuse agli stranieri intorno a Mosca, laureato alla prestigiosa Rudn, l’ateneo moscovita una volta intitolato a Patrice Lumumba e poi ribattezzato Universit� dell’Amicizia fra i Popoli, Navalny attraversa i tumultuosi anni Novanta mostrando subito una passione per la politica. Nel 1999 aderisce a Yabloko, il piccolo partito liberale di Grigory Yavlinski, dal quale per� verr� espulso nel 2007. Ragione principale della sua uscita: la progressiva deriva del giovane attivista, sempre pi� attratto dal nazionalismo grande russo, che culmina nella sua decisione di partecipare nel 2006 alla Russkij Marsh, la marcia russa, tradizionale parata dell’estrema destra xenofoba, dove abbondano anche i saluti nazisti. Ci torner� regolarmente negli anni seguenti. Pochi mesi dopo la cacciata da Yabloko, Navalny fonda il movimento patriottico Narod, che subito si allea con due altre formazioni dell’estremismo nazionalista, il Movimento contro l’emigrazione illegale e Grande Russia.
Il nazionalismo di Navalny va naturalmente contestualizzato. Siamo all’inizio dell’era Putin, il nuovo presidente � impegnato a restituire orgoglio e status internazionale alla Russia dopo il Far West seguito al crollo dell’Urss e le umiliazioni subite negli anni Novanta. Uvazheniye, rispetto, � quello che Putin pretende dalla comunit� internazionale. Ma Vladimir Vladimirovich, che considera la fine dell’Unione Sovietica �la pi� grande catastrofe geopolitica del Novecento�, vuole recuperarne l’eredit� complessiva, compresi il carattere multietnico e l’ambizione imperiale.
I nazionalisti invece, da Eduard Limonov in gi�, chiedono la restaurazione della supremazia russa. Navalny � fra questi. Appoggia l’intervento militare del 2008 in Georgia. Pubblica video nei quali paragona i musulmani del Caucaso a scarafaggi da eliminare. Teorizza l’espulsione di tutti i georgiani da Mosca e dalla Federazione russa. Aderisce alla campagna �Stop Feeding the Caucasus�, basta nutrire il Caucaso. Oggi Navalny concede che non userebbe pi� quei termini ed espressioni. Ma nessuno gli ha mai sentito prendere le distanze dal suo nazionalismo.
Eppure, all’inizio degli anni Dieci del nuovo Millennio, succede qualcosa. Il populismo carismatico di Navalny imbocca la strada della lotta alla corruzione, di nuovo dilagante dopo le iniziali mosse dimostrative di Putin contro gli oligarchi. In realt�, al posto di quelli vecchi come Berezovsky, Khodorkovsky e Gusinsky, lo Zar ha solo creato i nuovi predatori, come Abramovich, Usmanov, Rotenberg. Mostrando di capire la grande potenzialit� della rete, Navalny indossa i panni del blogger, denunciando (con nomi, cognomi e prove) tangenti, bustarelle e ruberie di denaro pubblico. Il suo Live Journal diventa popolarissimo.
Nel 2010 apre RosPil, il sito che lo consacra nel suo ruolo di fustigatore del sistema, dove ancora oggi un gruppo di giovani giuristi passa al setaccio montagne di documenti di contratti pubblici, smascherandone irregolarit�, violazioni dolose e trucchi illegali. Nel 2013 � tra i leader della protesta di strada che per la prima volta fa vacillare Putin. Comincia la lunga ordalia degli arresti, entra ed esce da Matrosskaya Tishina, il carcere di Mosca. Il regime identifica in lui uno degli obiettivi prioritari contro i quali agire.
I margini di ambiguit� per� rimangono. In Crimea, nel 2014, Putin gioca la carta patriottica della Reconquista. La penisola a maggioranza etnica russa, regalata da Krusciov all’Ucraina, viene riannessa alla Federazione. I suoi indici di popolarit� schizzano in alto. I nazionalisti, Limonov e il politologo Alexandr Dugin in testa, si schierano con lo Zar. � l’ora dei Nashi, i nostri, l’organizzazione (governativa) di giovani a sostegno del nuovo corso presidenziale, che nel vocabolario di Putin si riassume nella parola Novorossya. Il riflesso nazionalista sembra di nuovo toccare anche Navalny, che pure non d� tregua al regime sul fronte della lotta alla corruzione. E quando Alexeij Venediktov, direttore di Radio Echo di Mosca, gli chiede se lui restituirebbe la Crimea all’Ucraina, Navalny dagli arresti domiciliari risponde. �La Crimea non � un sandwich al prosciutto, che prima si prende e poi si restituisce cos�.
Quale delle due figure si riveler� Aleksej (Alexei) Navalny ce lo diranno i prossimi mesi e anni. Nella narrazione del Cremlino di Putin, il dissidente pi� famoso del mondo � un nuovo Falso Dmitrij, venuto a ingannare il popolo russo e deciso a usurpare il trono dello Zar. Ma con la sua tenacia e il suo coraggio, egli non fa mistero di voler indossare i panni di Boris Godunov, beniamino degli ultimi e profeta di una nuova era.
Ma chi � veramente Aleksej Navalny, questo avvocato ultraquarantenne nei cui occhi azzurri brilla quello che Enzo Bettiza definiva �il lampo di follia proprio di tutti i russi bianchi�? Quale ruolo si prepara per lui, ora che una condanna senza veri motivi a 2 anni e 8 mesi di carcere mostra il nervo scoperto di Vladimir Putin, deciso a pagare qualsiasi prezzo politico pur di emarginarlo?
Figlio di un ufficiale dell’Armata Rossa, cresciuto nelle citt� militari chiuse agli stranieri intorno a Mosca, laureato alla prestigiosa Rudn, l’ateneo moscovita una volta intitolato a Patrice Lumumba e poi ribattezzato Universit� dell’Amicizia fra i Popoli, Navalny attraversa i tumultuosi anni Novanta mostrando subito una passione per la politica. Nel 1999 aderisce a Yabloko, il piccolo partito liberale di Grigory Yavlinski, dal quale per� verr� espulso nel 2007. Ragione principale della sua uscita: la progressiva deriva del giovane attivista, sempre pi� attratto dal nazionalismo grande russo, che culmina nella sua decisione di partecipare nel 2006 alla Russkij Marsh, la marcia russa, tradizionale parata dell’estrema destra xenofoba, dove abbondano anche i saluti nazisti. Ci torner� regolarmente negli anni seguenti. Pochi mesi dopo la cacciata da Yabloko, Navalny fonda il movimento patriottico Narod, che subito si allea con due altre formazioni dell’estremismo nazionalista, il Movimento contro l’emigrazione illegale e Grande Russia.
Il nazionalismo di Navalny va naturalmente contestualizzato. Siamo all’inizio dell’era Putin, il nuovo presidente � impegnato a restituire orgoglio e status internazionale alla Russia dopo il Far West seguito al crollo dell’Urss e le umiliazioni subite negli anni Novanta. Uvazheniye, rispetto, � quello che Putin pretende dalla comunit� internazionale. Ma Vladimir Vladimirovich, che considera la fine dell’Unione Sovietica �la pi� grande catastrofe geopolitica del Novecento�, vuole recuperarne l’eredit� complessiva, compresi il carattere multietnico e l’ambizione imperiale.
I nazionalisti invece, da Eduard Limonov in gi�, chiedono la restaurazione della supremazia russa. Navalny � fra questi. Appoggia l’intervento militare del 2008 in Georgia. Pubblica video nei quali paragona i musulmani del Caucaso a scarafaggi da eliminare. Teorizza l’espulsione di tutti i georgiani da Mosca e dalla Federazione russa. Aderisce alla campagna �Stop Feeding the Caucasus�, basta nutrire il Caucaso. Oggi Navalny concede che non userebbe pi� quei termini ed espressioni. Ma nessuno gli ha mai sentito prendere le distanze dal suo nazionalismo.
Eppure, all’inizio degli anni Dieci del nuovo Millennio, succede qualcosa. Il populismo carismatico di Navalny imbocca la strada della lotta alla corruzione, di nuovo dilagante dopo le iniziali mosse dimostrative di Putin contro gli oligarchi. In realt�, al posto di quelli vecchi come Berezovsky, Khodorkovsky e Gusinsky, lo Zar ha solo creato i nuovi predatori, come Abramovich, Usmanov, Rotenberg. Mostrando di capire la grande potenzialit� della rete, Navalny indossa i panni del blogger, denunciando (con nomi, cognomi e prove) tangenti, bustarelle e ruberie di denaro pubblico. Il suo Live Journal diventa popolarissimo.
Nel 2010 apre RosPil, il sito che lo consacra nel suo ruolo di fustigatore del sistema, dove ancora oggi un gruppo di giovani giuristi passa al setaccio montagne di documenti di contratti pubblici, smascherandone irregolarit�, violazioni dolose e trucchi illegali. Nel 2013 � tra i leader della protesta di strada che per la prima volta fa vacillare Putin. Comincia la lunga ordalia degli arresti, entra ed esce da Matrosskaya Tishina, il carcere di Mosca. Il regime identifica in lui uno degli obiettivi prioritari contro i quali agire.
I margini di ambiguit� per� rimangono. In Crimea, nel 2014, Putin gioca la carta patriottica della Reconquista. La penisola a maggioranza etnica russa, regalata da Krusciov all’Ucraina, viene riannessa alla Federazione. I suoi indici di popolarit� schizzano in alto. I nazionalisti, Limonov e il politologo Alexandr Dugin in testa, si schierano con lo Zar. � l’ora dei Nashi, i nostri, l’organizzazione (governativa) di giovani a sostegno del nuovo corso presidenziale, che nel vocabolario di Putin si riassume nella parola Novorossya. Il riflesso nazionalista sembra di nuovo toccare anche Navalny, che pure non d� tregua al regime sul fronte della lotta alla corruzione. E quando Alexeij Venediktov, direttore di Radio Echo di Mosca, gli chiede se lui restituirebbe la Crimea all’Ucraina, Navalny dagli arresti domiciliari risponde. �La Crimea non � un sandwich al prosciutto, che prima si prende e poi si restituisce cos�.