Ecco chi compra i titoli di Stato italiani al posto della Bce

Benvenuti su Outlook, la newsletter di Repubblica che analizza l'economia, la finanza, i mercati internazionali.

Quello che so sui mercati finanziari e l’economia l’ho imparato lavorando per una delle principali Sim di Piazza Affari, le società che comprano e vendono i titoli in Borsa per i grandi investitori. L’ho portato con me quando sono diventato giornalista di Repubblica dove, tra le altre cose, mi sono occupato di inchieste e grandi scandali come quello di Parmalat, contribuendo a smascherare i suoi bilanci falsi. Ogni mercoledì parleremo di società quotate e no, di personaggi, istituzioni, di scandali e inchieste legate a questo mondo. Se volete scrivermi, la mia mail è w.galbiati@repubblica.it. Buona lettura

Walter Galbiati, vicedirettore di Repubblica

Il timore che la fine degli acquisti da parte della Banca centrale europea dei titoli di Stato dell’area euro innescasse una crisi sulle compravendite dei bond soprattutto per i Paesi altamente indebitati come l’Italia al momento non si è concretizzato.

Cosa è successo. Dalla metà del 2022 a oggi, la Bce ha ridotto il proprio bilancio di 2.000 miliardi di euro soprattutto attraverso una riduzione dei titoli di Stato in portafoglio. 1) Parte di questi erano tenuti come garanzie dei prestiti concessi al sistema bancario 2) un’altra parte invece era frutto degli acquisti della Bce effettuati per sostenere le emissioni dei Paesi dell’area euro durante le varie crisi succedutesi dal 2015 in poi e culminate con la pandemia da Covid.

Il rialzo dei tassi. Oggi con la stretta monetaria in atto, i prestiti concessi alle banche dalla Bce hanno iniziato a diminuire drasticamente e i titoli in garanzia sono tornati sul mercato, in più l’acquisto di titoli di Stato è stato azzerato, non reinvestendo più la Bce nei titoli in scadenza nell'ambito dei suoi programmi di acquisto, il Public sector purchase programme (Pspp), avviato per il settore pubblico dal marzo 2015 fino a dicembre 2018, e andato avanti nel riacquisto dei titoli in scadenza fino a luglio 2023. E il Pandemic emergency purchase programme (Pepp), attivato per l’emergenza pandemica fino alla fine del 2022, per poi passare al solo reinvestimento sui titoli in scadenza sino alla fine del 2024.

Quanti titoli italiani aveva acquistato la Bce? Attraverso questi due programmi nel 2022 la Bce è arrivata ad acquistare sul mercato secondario quasi il 77% delle emissioni dei titoli di Stato italiani, scesi improvvisamente all’8,7% nel 2023 e al 7,6% per l’anno in corso. Una riduzione consistente che si è innescata in uno scenario di forte emissioni da parte di molti governi, compreso quello italiano, alle prese con il rifinanziamento del proprio debito.

Chi ha comprato al posto della Bce? La domanda è lecita perché le aste sono andate tutt’altro che deserte, anzi, sono state sottoscritte per quantità molto maggiori rispetto all’offerta. E sono emersi due tipologie di compratori, gli investitori esteri e le famiglie.

Gli investitori esteri. Secondo i dati pubblicati dalla Bce, gli investitori esteri non sono una novità, perché sono da sempre tra i maggiori compratori di titoli di Stato dell'area euro, con una quota che prima dell'avvio dei programmi di acquisto della Bce era intorno al 40% delle emissioni totali. Un loro ritorno era facilmente prevedibile spinto soprattutto dal rialzo dei rendimenti.

Eppure nonostante gli acquisti, non sono tornati ai livelli pre 2015, ma dopo essere scesi al minimo intorno al 20% nel 2022, hanno iniziato a risalire per attestarsi con una quota di poco superiore al 25% a fine 2023. Le loro preferenze sono andate ai titoli europei dei Paesi con miglior rating, come la Germania e la Francia, e in misura minore a Italia e Spagna.

Fonte: Bce
Fonte: Bce 

Le famiglie. Quel che più ha stupito gli analisti della Bce è stata la risposta dei piccoli investitori i cui acquisti si sono riportati rapidamente alla quota prima del lancio dei programmi di acquisto del settore pubblico. Era al 3,5% e a questo livello è tornata.

A spingere la fame di bond delle famiglie sono stati due fattori: 1) i rendimenti elevati garantiti dal rialzo dei tassi, ai massimi di vent’anni 2) le emissioni pensate e costruite per il retail (come il Btp Valore in Italia) in un momento in cui le banche hanno lasciato i rendimenti sulla liquidità depositata sui conti correnti a zero. Il tutto, per di più, in un momento in cui l'aumento dei risparmi avvenuto durante la pandemia ha fatto sì che le famiglie avessero a disposizione più denaro da investire.

Lo scenario italiano. Questo andamento è confermato dai dati della Banca d’Italia relativi alla composizione del debito italiano. I più attivi compratori di bond nel 2023 sono stati proprio le famiglie e gli investitori non finanziari che ne hanno comprati per 121,6 miliardi in più, in rialzo del 3,9% rispetto al 2022, e gli investitori stranieri per 51,1 miliardi in rialzo dello 0,8%, numeri che appaiono ancora più consistenti se paragonati con gli acquisti di Banca d’Italia e delle banche (compresi i fondi di investimento) scesi rispettivamente di 24 e 39,5 miliardi.

La tenuta del sistema. I mercati, quindi, hanno continuato a funzionare bene, mantenendo intatta la capacità di acquistare o vendere obbligazioni, come dimostra la buona relazione confermata tra volatilità e liquidità: nei momenti di crisi quando aumenta la prima, come nei casi in cui vengono alzati i tassi di interesse, la seconda dovrebbe peggiorare. “Questo – spiega un report della Bce - è ciò che è accaduto nel marzo 2020, all'inizio della pandemia, quando i mercati obbligazionari dell'area dell'euro hanno subito gravi perturbazioni a causa del drastico deterioramento della liquidità e dello scollamento dalla volatilità”. Situazione che, invece, non si è verificata in questo periodo di normalizzazione dei bilanci.

Perché ha funzionato? I motivi secondo gli esperti della Bce, sono tre.

1) In primo luogo, la comunicazione tempestiva della riduzione del bilancio dell'Eurosistema ha facilitato la pianificazione e l'adattamento degli operatori di mercato, come banche, assicurazioni e hedge fund. La riduzione del bilancio in modo prevedibile e graduale ha favorito condizioni di mercato ordinate.

2) In secondo luogo, gli emittenti di obbligazioni hanno modificato strategicamente il loro comportamento: sia governi che società private hanno reagito al nuovo contesto accorciando inizialmente le scadenze delle loro obbligazioni e alcuni hanno emesso prodotti d'investimento dedicati agli investitori retail.

3) Infine, le banche che hanno curato le emissioni hanno avuto un ruolo fondamentale affinché i mercati secondari rimanessero liquidi ed efficienti. Dall'inizio della riduzione del bilancio della Bce, hanno mobilitato uno spazio sufficiente nel loro bilancio che ha facilitato la compravendita di obbligazioni tra investitori nel mercato secondario.

E La domanda ora è: cosa succederà quando inizieranno a scendere i tassi di interesse? Al di là degli accorgimenti tecnici, non c’è ombra di dubbio che un grande aiuto al collocamento dei titoli sia arrivato dai rendimenti. La speranza di chi vende è che i tassi non tornino a zero perché la quantità di titoli da sostituire è tuttora enorme. A febbraio 2024 la Banca centrale europea aveva in portafoglio ancora 405 miliardi di titoli italiani, relativi al programma Pspp, e altri 285 miliardi relativi al Pepp, pari a 690 miliardi, vale a dire poco più del 24% del debito pubblico italiano.