Cina, attacco in un ospedale: un uomo accoltella decine di persone. Almeno due morti e 23 feriti
L'attacco nella città di Zhaotong. I video mostrano persone sanguinanti a terra. L'aggressore è stato arrestato
Pochi minuti dopo le 11, il tempo delle visite negli ospedali. Ma in quello di una remota cittadina dello Yunnan cinese è stato il momento del terrore: un uomo con un coltello è entrato nell’atrio e ha cominciato a pugnalare chiunque gli arrivasse a tiro, lasciandosi dietro una scia di morti, feriti e sangue. L’agenzia Xinhua nel pomeriggio ha pubblicato una notizia di poche righe: «Oltre 10 vittime in un attacco feroce all’ospedale della contea di Zhenxiong nella provincia sudoccidentale dello Yunnan, riferiscono le autorità locali».
Il bilancio provvisorio
Altre fonti parlano di 23 feriti, sembra che ci siano stati almeno 2 morti. Sui social cinesi circola un video ripreso con lo smartphone che mostra corpi insanguinati a terra, gente che cerca riparo, infermieri che fanno il massaggio cardiaco a diversi feriti gravi e un uomo con un coltello fermo davanti a un altro che impugna un bastone per difendersi. Un altro filmato girato dall’alto mostra l’aggressore sceso in strada, affrontato dalla polizia e arrestato. Un testimone ha riferito che tra le vittime ci sono dei medici e degli infermieri. Qualcuno ha detto che l’aggressore voleva «vendicarsi per un torto subito».
Ore dopo l’attacco non c’erano ancora altre informazioni. Questi fatti sconvolgenti si ripetono in Cina, ne emergono una decina ogni anno, relativamente pochi per un Paese di 1,4 miliardi di anime, ma comunque vengono confinati in poche righe nelle pagine interne di cronaca sui giornali locali. La strategia delle autorità è di mettere tutto a tacere per evitare l’effetto emulazione. Eppure i casi si susseguono, documentati da foto e filmati sui social network, prima che intervenga la censura a «moderare il dibattito» cercando di cancellare ogni traccia.
Le «vendette» su cui le autorità tacciono
Quando in Cina qualcuno compie una strage contro sconosciuti inermi di solito le autorità parlano di «baofu shehu», «vendetta sulla società», da parte di squilibrati. Intorno ad ogni episodio cala il silenzio ufficiale. Di solito tempo dopo arriva la notizia di una condanna, a volte alla pena capitale, e il caso viene archiviato definitivamente. Sono storie che ricordano i «mass shootings» negli Stati Uniti: la differenza principale è che i killer di massa americani sono armati fino ai denti con mitra d’assalto, in Cina invece la legge vieta il possesso di armi da fuoco ai privati.
Pistole e fucili li hanno solo i soldati e i poliziotti, un’eredità storica che risale ai tempi delle dinastie imperiali e ha come scopo il «mantenimento dell’armonia nella società». Così gli stragisti cinesi usano il coltello, o l’acido, o bombe rudimentali, o si lanciano con l’auto in corsa sulle strisce pedonali dove i bambini attraversano per entrare a scuola. E sono storie, quelle cinesi, delle quali quasi non si parla nemmeno in Occidente anche perché la società orientale per noi è ancora un universo remoto e opaco, perché le autorità non forniscono quasi mai motivazioni approfondite, perché le televisioni non si possono collegare in diretta dai luoghi di brutti fatti di cronaca, perché c’è la censura.