L’ambasciatore Ue ad Haiti: “La nostra fuga in elicottero da Port-au-Prince, città sotto scacco delle gang criminali”

Dopo settimane di caos, nella notte tra lunedì e martedì il premier di Haiti Ariel Henry ha annunciato le dimissioni. La decisione è frutto delle pressioni provenienti da Kingston, Jamaica, dove l’unione Caraibica (Caricom) e gli Usa hanno stabilito una roadmap per uscire dalla crisi. Sarà costituito un comitato che avrà il compito di restituire la sicurezza in un Paese sotto scacco delle gang e traghettarlo verso le elezioni che mancano dal 2016. Ma la situazione rischia di degenerare in guerra civile in un Paese da dove le missioni internazionali sono state costrette a evacuare. Stefano Gatto - Torino, 1962, ambasciatore Ue ad Haiti - ha raccontato a Repubblica l’operazione delicata di portare una missione in salvo da una capitale trasformata in trappola dal crimine organizzato.

Perché domenica la missione Ue ha lasciato Port-au-Prince?

«Eravamo solo dieci. In questi casi dobbiamo preservare la sicurezza dei nostri collaboratori. Di fronte a una situazione di sicurezza molto peggiorata negli ultimi 10 giorni da quando l’aeroporto è diventato inaccessibile – e questo rappresenta una linea rossa - si è deciso di avviare i preparativi per l’esfiltrazione».

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Com’è la situazione ad Haiti?

«Port-au-Prince è una città totalmente isolata dove già da due anni non è possibile accedere per via stradale: tutte le uscite sono controllate da diverse gang. A questo si aggiunge la chiusura dell’aeroporto – perché le gang volevano impedire il ritorno del premier Ariel Henry. Normalmente i gruppi criminali si fanno la guerra tra loro ma ora i due principali della capitale G9 e GPep hanno formato un’alleanza».

Come operano?

«La prima, con base a Cité Soleil, strategicamente collocata accanto al porto, controlla i flussi di container e di combustibile, è quella di “Barbecue” ormai famoso per la sua presenza social. L’altro grande gruppo fa capo al leader Izo, della zona di Village de Dieu, epicentro dei sequestri: uno dei principali business delle gang. Entrambe le gang hanno poi tipiche attività criminali ma si dedicano anche all’occupazione di territori: cacciano abitanti da un quartiere, occupano le case e li obbligano a firmare contratti di vendita fittizi».

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Torniamo all’esfiltrazione…

«Dicevamo strade bloccate, aeroporto chiuso. Dal mare non si può uscire perché le zone basse della città sono controllate dalle gang. Eravamo isolati. Port-au-Prince è a 40 km dalla frontiera, ma è impossibile percorrere quella strada perché è controllata da una terza banda chiamata 400 Marozo che lucra sul commercio con la Repubblica Dominicana. Abbiamo dunque deciso di evacuare in elicottero. Dovevamo partire in 12 - la nostra missione più due diplomatici tedeschi. Abbiamo dovuto organizzare noi dal posto perché da fuori era impossibile. Tutte le compagnie di trasporto privato si sono rifiutate. Quella che infine è venuta a prenderci ha volato senza assicurazione: nessuno al mondo l’assicurava, il pericolo era estremo. Domenica siamo riusciti con una serie di voli ravvicinati a portare tutti oltre la frontiera domenicana. Ora siamo a Santo Domingo».

Com’era la situazione?

«Le strade erano deserte, a sera nessuno esce. I combattimenti avvengono tra gang e polizia (in un Paese dove non c’è esercito, ndr). Ad Haiti mancano energia elettrica e acqua potabile. Bisogna quindi avere sempre accesso al diesel e all’acqua purificata per sopravvivere. Ma quando scoppiano combattimenti possono venire a mancare entrambi».

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C’è una normalità ad Haiti?

«La maggior parte delle missioni internazionali si trovano a Petionville, una zona franca rialzata a 6 km dal centro non controllata dalle gang, ma con criminalità. Il margine di movimento da due anni è minimo, ridotto a ragioni di sicurezza o sopravvivenza con coppie di blindati perché i rapimenti avvengono con due veicoli. È una situazione complessa, nessuno può mettere piede in strada».

Il premier Henry ha annunciato le dimissioni. Ora cosa succede?

«L’incapacità di tornare ha indebolito Herry. Secondo l’accordo di Kingston, al posto della presidenza della Repubblica verrà formata un’autorità transitoria con i 7 rappresentanti dei principali partiti che nominerà un nuovo primo ministro il cui governo dovrà facilitare l’arrivo della missione internazionale per la messa in sicurezza del Paese e organizzare le elezioni. Serviranno almeno 18 mesi».

Le gang che cosa vogliono?

«Sono banditi senza progetto. In questo momento hanno il potere e vogliono eliminare Henry, impedire l’arrivo della missione internazionale sotto l’egida Onu a guida kenyota e l’amnistia per tutti crimini commessi negli ultimi anni. Barbecue ha già detto che non accetterà l’accordo di Kingston e scatenerà la guerra civile».