Commissione Ue, sulla strada di Von der Leyen l'incognita dei franchi tiratori. Ecco in quali gruppi potrebbe manifestarsi il dissenso
Il 18 luglio il Parlamento Ue vota il nuovo presidente della Commissione. Gli equilibri tra Ppe, Pse e liberali
Ursula von der Leyen per essere riconfermata presidente della Commissione europea deve passare la doppia prova dei leader Ue (maggioranza qualificata) e del Parlamento (361 voti su 720 eurodeputati). Perché, secondo i Trattati, i capi di Stato e di governo designano la guida dell’esecutivo tenuto conto dell’esito delle elezioni europee.
Ma è il Parlamento che nomina il presidente della Commissione con il voto in plenaria. Quindi alla cena informale di lunedì sera ci sarà il primo passaggio, che poi andrà formalizzato nel Consiglio europeo di fine mese.
Il secondo step sarà il voto in plenaria a Strasburgo, se tutto filasse liscio, il 18 luglio. Il Ppe è il primo gruppo al Parlamento europeo con 190 seggi, seguito da S&D con 136, da Renew Europe con 80 e dai conservatori dell’Ecr con 76, Identità e democrazia 58, i verdi 53, la Sinistra 39. I non iscritti sono 45 e i non affiliati 44. I tre maggiori gruppi contano 406 eurodeputati, quindi 45 in più rispetto al quorum richiesto. Socialisti e liberali hanno posto come condizione per sostenere von der Leyen che non ci sia alcun accordo con la destra e l’estrema destra riunita nei gruppi dell’Ecr e di Identità e democrazia (Id). E il Ppe ha detto che il punto di partenza dei negoziati sarà la piattaforma formata da popolari, socialisti e liberali come nella precedente legislatura. Ma poiché il voto è segreto, ci sono i franchi tiratori che possono mettere in pericolo il sostegno della «maggioranza Ursula». Per questo von der Leyen è costretta a cercare altri voti. I verdi, che valgono 52 seggi, hanno aperto a sostenerla, anche se cinque anni fa avevano votato contro perché non era Spitzenkandidat: hanno offerto il voto alla presidente in cambio dell’ingresso in maggioranza, dichiarandosi disponibili a fare «compromessi» sul Green Deal, sottolineando che «una delle priorità sarà il futuro del nostro settore industriale in Europa». Un’alleanza che fa però storcere il naso ad alcune delegazioni del Ppe, a cominciare da quella tedesca. Con il sostegno dei verdi von der Leyen avrebbe 458 voti. Tenuto conto che il peso dei franchi tiratori si aggira intorno al 10-15 per cento, la sua maggioranza sarebbe blindata. Tuttavia von der Leyen punta ad ampliare il più possibile il proprio sostegno, dialogando anche con i partiti ritenuti più moderati all’interno del gruppo dei conservatori dell’Ecr, ovvero Fratelli d’Italia di Meloni (24 seggi) e l’Ods del premier ceco Fiala (3 seggi).
I possibili traditori nel Ppe
Chi potrebbe tradire von der Leyen in casa popolare? La delegazione dei Républicains, che conta 6 eurodeputati e che in queste ore sta vivendo momenti di tensione per l’alleanza del suo leader Éric Ciotti con Marine Le Pen. Ma già a marzo, al congresso di Bucarest che nominò von der Leyen candidata leader del Ppe, il partito francese aveva annunciato voto contrario, così come la delegazione slovena, ma solo la parte vicina all’ex premier Janša, che conta 4 eurodeputati. In casa popolare il voto su von der Leyen non viene più vissuto come un voto su di lei ma sul Ppe e la sua forza, dunque il messaggio del capogruppo e presidente Weber è di serrare i ranghi.
I socialisti
E in casa socialista? Tutto dipenderà dall’intesa che sarà raggiunta dai leader Ue e dal programma che presenterà von der Leyen. Il Pse vuole oltre alla presidenza del Consiglio europeo anche la presidenza del Parlamento Ue per metà mandato. E vuole che siano tenute in conto le proprie priorità politiche. Le delegazioni che esprimono il premier voteranno a favore in coerenza con l’accordo al tavolo dei leader. Così quindi l’Spd (14 eurodeputati) del cancelliere Scholz e i socialisti spagnoli (20) del premier Sanchez. Ma non ha ancora sciolto la riserva, ad esempio, la delegazione del Pd, che conta 21 deputati. E resta l’incognita tra i francesi (13), gli svedesi (5), gli austriaci (5), i belgi (4), i finlandesi (2), i greci (3). Nel 2019 tre quarti dell’S&D non la sostenne: i socialisti tedeschi, austriaci, olandesi, belgi e i greci non la votarono.
Iliberali
E tra i liberali? Nel gruppo Renew Europe, se il presidente Macron farà l’accordo i 13 delegati francesi saranno a favore di von der Leyen. Mentre i cinque liberali tedeschi della Fdp, che fanno parte della coalizione di governo a Berlino, hanno posto delle condizioni molto strette: 1) no a nuovo debito comune e 2) cancellazione dello stop dei motori a diesel e benzina. C’è l’incognita dei 7 eurodeputati cechi di Ano.
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