Dietro le prime liberazioni di ostaggi da parte di Hamas e Israele c’� la mediazione del Qatar. S�, proprio quello del �Qatargate”�scoppiato un anno fa all’Europarlamento. Quello accusato di ospitare i capi del terrorismo jihadista in lussuosi hotel a Doha. O di prestare un megafono al fanatismo islamico ospitandone le voci sulla sua emittente tv Al Jazeera. Il Qatar denunciato da molti occidentali per gli abusi contro i diritti dei lavoratori nei cantieri dei Mondiali di calcio. Il Qatar che attraverso il suo fondo sovrano (il Qia con un patrimonio di 450 miliardi di dollari) ha comprato anche tante aziende occidentali e tanti immobili a Milano… Nel momento del bisogno, per�, nessuno esita a rivolgersi al �cattivo� Qatar, uno dei pochissimi Stati al mondo in grado di dialogare con la Casa Bianca e il Cremlino, con i capi del Mossad e con quelli di Hamas, con l’Iran e con l’Arabia saudita. E se il risultato � la liberazione di ostaggi, come si fa a non applaudire? �
Rilascio prigionieri in Israele, quando la salvezza viene dai «cattivi» come il Qatar
Questa piccola penisola deve la sua immensa ricchezza al fatto di essere uno dei massimi produttori di gas naturale al mondo: al centro di critiche e conflitti, resta per� uno dei pochi Paesi che parla con Usa, Russia, Mossad, Hamas, Iran, Arabia Saudita

Per le famiglie di civili innocenti che finalmente tornano a casa, sarebbe insensato sottilizzare sui metodi usati per attivare lo scambio, sulla caratura morale dei mediatori ingaggiati in questo compito. Ci sono momenti nella storia in cui i �cattivi� sono essenziali, devono entrare in azione, mentre i giusti e i puri stanno a guardare e distribuiscono voti sulle loro pagelle etiche. � una vecchia storia. Il Qatar � abituato a suscitare diffidenze e ostilit� ovunque, salvo quando tutti hanno bisogno dei suoi servizi. Che il Qatar sia una piattaforma logistica per diversi leader del terrorismo islamico, nonch� il banchiere che li finanzia (non l’unico), � cosa arcinota da anni. Ma non � soltanto nota, � anche tollerata, voluta, incoraggiata: dall’America, da Israele, dall’Onu. Tra i presidenti Usa il primo ad avallare questo ruolo del Qatar come �santuario� di Hamas fu Barack Obama: con l’idea che � sempre meglio avere un canale informale per parlare anche col proprio peggior nemico. Poi Donald Trump si avvalse di Doha come sede dei negoziati con i talebani afgani sul ritiro delle truppe americane da Kabul: anche in quel caso fu utile all’America avere un canale trasversale grazie al Qatar, vista l’assenza di rapporti diplomatici diretti con i talebani.
In quanto a Israele, nell’interpretazione pi� cinica Netanyahu ha voluto che il Qatar finanziasse Hamas, perch� la forza di questa milizia jihadista era un alibi perfetto per bloccare ogni progresso verso uno Stato palestinese. In una interpretazione pi� benevola – che non esclude quella precedente – lo Stato d’Israele dovendo dare dei conti alla propria opinione pubblica democratica aveva bisogno di fare affluire aiuti a Gaza. (E se Hamas avesse investito tutti i capitali ricevuti dal mondo arabo nello sviluppo e nel benessere della popolazione di Gaza, oggi non avremmo di fronte questa tragedia… ma questa � un’altra storia). Idem l’Onu, che ha sempre ricevuto dettagliate informazioni sul funzionamento dell’asse Qatar-Hamas-Gaza. Il fatto che tutti si siano serviti del Qatar, non significa dipingere questa monarchia del Golfo come una pedina innocente manovrata da altri. Il Qatar eccelle nell’ambiguit�, nel doppiogiochismo, e si � pure cacciato nei guai per questo.
Forse la sua ambivalenza � strutturale, sta scritta nelle mappe geografiche. Questa piccola penisola deve la sua immensa ricchezza al fatto di essere uno dei massimi produttori di gas naturale al mondo; per� condivide i suoi giacimenti con il dirimpettaio sulla costa opposta del Golfo, l’Iran. Quindi il Qatar sta seduto su quella che � al tempo stesso una risorsa fossile gigantesca, e una polveriera di conflitti religiosi secolari: in particolare tra la massima potenza sunnita che � l’Arabia e la sua nemica sciita che � l’Iran. Alla politica di buon vicinato con l’Iran molti attribuiscono proprio le aperture del Qatar verso diversi movimenti estremisti e terroristi, appoggiati appunto dagli ayatollah di Teheran. Sul ruolo di Al Jazeera come piattaforma aperta a esponenti del jihadismo, e su altre connection con il mondo dei Fratelli musulmani, si consum� una grave crisi nei rapporti fra il Qatar e molti suoi vicini arabi. Nel giugno 2017 Arabia saudita, Emirati, Egitto, Bahrain e Yemen cessarono le relazioni diplomatiche, commerciali e turistiche con Doha accusando il Qatar di appoggiare il terrorismo. Si sfior� un conflitto. Intervenne pure la Turchia di Erdogan, altro leader vicino ai Fratelli musulmani, che invi� a Doha un contingente militare per mandare un segnale deterrente al fronte sunnita moderato. In Turchia ha sede il principale tesoro finanziario di Hamas, che frutta un miliardo di dollari all’anno. Oggi il Qatar potrebbe tornare utile non solo per negoziare altre liberazioni di ostaggi, ma anche per le grandi manovre diplomatiche sul futuro di Gaza. Com’� noto, gli americani – e buona parte dell’opinione pubblica israeliana – non vogliono un’occupazione prolungata della Striscia da parte delle forze armate israeliane. L’Autorit� palestinese di Abu Mazen, che governa in Cisgiordania, non vuole farsi “catapultare” in una Striscia dove non avrebbe legittimit� presso la popolazione.
La Lega araba non vuole andare a governare quel territorio con una forza multilaterale, perch� vi si oppongono i paesi pi� coinvolti che sono Egitto, Giordania, Arabia. Tutti i soggetti citati hanno in comune un obiettivo inconfessabile: che le forze armate israeliane distruggano Hamas. Non � detto che quel desiderio sia realizzabile. Se Hamas dovesse in qualche modo sopravvivere, uno scenario (per il momento ancora molto ipotetico) � quello di coinvolgerlo nel futuro di Gaza. Magari selezionando la cosiddetta �ala politica� di Hamas con sede a Doha, forse pi� moderata dell’ala militare; e coinvolgerla in un patto con l’Autorit� palestinese. Per ora questa � fanta-politica, anche se si basa sul precedente della guerra dello Yom Kippur nel 1973, che di l� a poco vide gli acerrimi nemici impegnati in un negoziato. Qualsiasi soluzione emerga da questa tragedia – e bisogna sperare che ne emerga una – un ruolo lo avranno i �cattivi�, quelli che si sporcano le mani e la coscienza e la reputazione trafficando con il demonio. Inclusa ovviamente l’Arabia saudita di Mohammed bin Salman (MbS), il principe che molti occidentali ricordano solo per il suo ruolo nell’uccisione del giornalista di opposizione Jamal Khashoggi. MbS di sicuro star� pensando a come non farsi scippare dall’Iran il traguardo del disgelo con Israele, che fino al 7 ottobre sembrava a portata di mano. Quella pacificazione non potr� avvenire �sulle spalle dei palestinesi�.
Ma non pu� neppure rimanere ostaggio del diritto di veto dell’Iran che lo esercita con le stragi terroristiche. Anche l’Arabia � uno di quei �cattivi� che bisogna sperare di rivedere presto in un ruolo di punta per la costruzione di un nuovo Medio Oriente. Rassegnandoci al fatto che la geopolitica non � popolata da angeli, cherubini e serafini. D’altronde una contraddizione avvinghia coloro che in Occidente praticano l’ �estremismo umanitario�, condannando i nostri governi quando osano avere relazioni con degli autocrati. Gli stessi che vorrebbero ostracizzare il Qatar o l’Arabia (o l’Egitto, o la Turchia) in nome dei diritti umani violati, di solito sono quelli che mostrano la massima comprensione per gli omicidi di bambini e gli stupri di donne da parte di Hamas.
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27 novembre 2023 (modifica il 27 novembre 2023 | 08:28)
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