Se n’� parlato di recente al Grand Continent Summit, l’evento grazie al quale la rivista di affari europei e politica internazionale ha riunito per qualche giorno in un hotel di Saint Vincent responsabili politici del continente, manager dell’industria della difesa e osservatori al massimo livello. Per sostenere la guerra, l’Ucraina ha bisogno di circa due milioni di pezzi di artiglieria l’anno a un costo di produzione in Occidente di circa otto miliardi di euro. Eppure la capacit� produttiva statunitense dei proiettili da 155 millimetri, pur aumentata, non supera le 300 mila unit� all’anno; e l’Unione europea ha fornito a Kiev negli ultimi nove mesi appena la met� del milione di colpi che si � impegnata da inviare entro marzo prossimo. Nel frattempo la Russia ha fortemente aumentato la sua capacit� nell’industria di guerra riconvertendo i suoi impianti industriali con turni di 24 ore si sette giorni, anche perch� dispone direttamente di materie prime a basso costo quali l’energia o l’acciaio. E la Corea del Nord ha venduto a Mosca una partita di artiglieria da 350 mila pezzi – una quantit� superiore alla capacit� produttiva di un anno degli Stati Uniti – suscitando domande sul ruolo della Cina nel fornire armi a Mosca dietro la copertura del regime di Pyongyang.
Il ritardo dell’Europa nella forniture sembra avere varie spiegazioni. La pi� sconcertante � nel fatto che, semplicemente, le imprese europee della difesa continuano a vendere la loro produzione di artiglieria verso Paesi terzi diversi dall’Ucraina. Da prima della guerra, vari grossi operatori dell’industria europea avevano gi� ordinativi preesistenti con l’Arabia Saudita, con gli Stati Uniti e altri committenti. E ora quelle forniture non vengono sospese, in modo da dare priorit� all’Ucraina, perch� i governi del continente non si offrono di coprire le penali a carico delle imprese in caso di mancato rispetto dei contratti. Nessuno sa con certezza quante munizioni defluiscano per questo fuori dall’Europa, ma si stima circa la met� di una capacit� produttiva da un milione di pezzi da 155 millimetri all’anno.
�A questo punto della guerra, uno si aspetterebbe che il nostro impegno sia totale, ma non � cos� – dice il segretario generale del ministero degli Esteri estone Jonatan Vseviov –. Con una spesa pari allo 0,25% del Pil dell’Unione europea (350 miliardi di euro l’anno, ndr) potremmo dare all’Ucraina tutte le armi di cui ha bisogno. Stiamo aumentando gli investimenti e nel lungo periodo saremo forti, ma rischiamo di perdere la guerra in Ucraina prima di allora�.
Di certo, dall’inizio della guerra, l’industria europea ha aumentato la produzione di artiglieria di circa il 30%. Ma per un’ulteriore crescita ormai servirebbero nuovi impianti e le imprese non investiranno per aprili fino a quando non avranno certezze sugli ordinativi per vari anni a venire, dopo il conflitto ucraino. Un nuovo stabilimento costa almeno 40 milioni di euro e rischia di restare inutilizzato non appena le armi taceranno nel Donbass. Osserva il presidente di Leonardo, Stefano Pontecorvo: �Siamo pronti a far crescere la produzione istallando nuova capacit� industriale, ma abbiamo bisogno di contratti pluriannuali. Non possiamo investire sul lungo termine, se non sappiamo come sar�. Eppure, mentre in Ucraina si sparano centinaia di migliaia di colpi alla settimana per sfondare il fronte, in Europa i governi dosano i bilanci con una cautela da alchimisti di un tempo che non c’� pi�.
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