Il dissidente Browder: “L’Occidente si muova contro Putin, la morte di Navalny è una minaccia anche alla sua sicurezza”

LONDRA - “Navalny voleva essere Mandela. Invece, sarà come Martin Luther King”. Bill Browder, il finanziere americano del più grande portfolio di asset in Russia a fine anni Novanta prima della defenestrazione autoritaria di Putin e la fuga per evitare l’arresto, risponde al telefono dalla Conferenza di Monaco. Dove si trova per fare campagna per un altro dissidente politico che ora rischia la vita in carcere in Russia: Vladimir Kara-Murza, condannato a 25 anni per “tradimento” e che è anche cittadino britannico.

Browder, che vive a Londra, era amico di Alexei Navalny, il dissidente russo morto ieri in una colonia penale che, tra le altre cose, aveva collaborato al "Magnitsky Act". Ossia la legge del Congresso americano voluta e ottenuta proprio dal 59enne Browder, che punisce chi viola i diritti umani in Russia. Un provvedimento chiesto dopo la morte, sempre in un carcere russo nel 2009, di Sergei Magnitsky: l’avvocato che aveva svelato uno scandalo di evasione fiscale nel cuore della Russia e del Cremlino. Anche Magnitsky era un caro amico di Browder.

Browder, che lettura dà alla morte di Navalny?

“Di certo, è una enorme decisione che ha preso Vladimir Putin. Sinora, aveva resistito a ucciderlo. Invece ora ha deciso così. Per me è un segnale di paura. E il messaggio è molto chiaro”.

Quale sarebbe?

“Sono due in realtà. Il primo di deterrenza interna: chiunque voglia sfidare politicamente il presidente, è avvertito. Ma quello di Putin è anche un messaggio all’Occidente, per sottolineare che può superare qualsiasi linea rossa e nessuno può nulla contro di lui”.

Ciò avviene a poche settimane dalle elezioni in Russia. Putin vuole dimostrare così che rimarrà al potere fino alla sua morte?

“Prima di tutto, è un insulto chiamarle elezioni. Putin ha ucciso, incarcerato e esiliato tutti i suoi oppositori. Detto questo, sì: il presidente vuole rimanere al potere sino all’ultimo dei suoi giorni perché sa che, una volta uscito dal Cremlino, verrà incarcerato e forse ucciso. È una questione di vita o di morte per Putin. Per questo, nonostante le apparenze, è anche molto, molto vulnerabile”.

Lei che rapporto aveva con Navalny?

“L’ho conosciuto per 20 anni. Quando Magnitsky venne ucciso, divenne uno degli attivisti più impegnati per ottenere giustizia sul suo caso. Sfruttò la sua piattaforma per evidenziare quanti, nel cuore del potere russo, beneficiassero della sua morte. Ma avevamo collaborato anche all’inizio delle nostre carriere, facendo campagna contro la corruzione in Russia, prima che diventassimo attivisti politici. Il Cremlino ha sempre cercato di denigrarci. Anni fa i servizi di sicurezza russi installarono dei grandi manifesti a Mosca contro me e Navalny: ci dipinsero come “agente Solomon” e “agente Libertà”, sostenendo che io fossi una spia della Cia. Ci fecero anche un film”.

Perché, dopo il tentativo di avvelenamento ordinato dal Cremlino, Navalny decise di tornare in Russia, dove poi è morto?

“Perché credeva che sarebbe sopravvissuto alla detenzione. E che, come Nelson Mandela in Sudafrica, avrebbe poi avuto ragione, conquistando il popolo russo. Invece, sarà un nuovo Martin Luther King”.

Quale sarà l’eredità di Navalny in Russia? Prevede proteste?

“Ora è a tutti gli effetti un martire e la gente continuerà a guardare a lui come speranza per la democrazia, contro la corruzione. Difficile prevedere il futuro. Al momento, non c’è ossigeno per l’opposizione in Russia. Putin e i suoi sono uniti perché sanno che una alternativa alla loro reggenza per loro significherebbe perdere tutti i soldi e andare in gabbia”.

Browder, lei è a Monaco per la causa di un altro dissidente imprigionato in Russia, Vladimir Kara-Murza. Ora teme anche per la sua vita?

“Per la sua, e degli altri prigionieri politici come Ilya Yashin e Alexei Gorinov. Le speranze che sopravviveranno in Russia sono poche. Dobbiamo cercare tutti di tirarli fuori il prima possibile”.

Il secondo anniversario dell’inizio della guerra in Ucraina si avvicina. Secondo lei cosa dovrebbe fare l’Occidente, che pare sempre più “affaticato” da questo conflitto, senza contare l’ipotesi di Donald Trump alla Casa Bianca?

“Sostenere ancora di più Kiev e fargli vincere la guerra. Perché la morte di Navalny è anche una minaccia all’Occidente. Se cade l’Ucraina, Putin andrà avanti”.

Crede che la Russia un giorno potrà essere democratica e liberale?

“Con i giusti leader sì. Ma al momento è occupata da criminali capeggiati da Putin”.

E come può liberarsene il Paese?

“Difficile dirlo oggi. Ma una cosa è certa. Il sistema russo è molto, molto fragile. Può collassare in ogni momento. Altrimenti, Putin non sarebbe costretto a uccidere tutti”.