Fratelli d’Italia chiude la porta a un’alleanza col gruppo dell’ultradestra a Bruxelles: “Con Le Pen e Salvini si potrà dialogare, ma non con i filorussi di Afd”

Matteo Salvini continua a insistere sulla necessità di una maggioranza di centrodestra in Europa, che tenga sotto lo stesso ombrello i Popolari europei, i Conservatori, e il suo gruppo, «Identità e democrazia». I Popolari hanno già detto di no, ponendo dei veti su alcuni partiti che fanno parte di Id. E anche tra i Conservatori le reazioni finora sono state freddine. Tanto che per Nicola Procaccini, presidente del gruppo dei Conservatori al Parlamento europeo ed esponente di Fratelli d’Italia, «sarebbe più facile valutare caso per caso».

In altre parole, non allearsi in blocco con il gruppo di Id e con tutti i partiti che lo compongono, ma sceglierne «solo alcuni, come la stessa Lega o il Rassemblement National di Marine Le Pen, con cui è possibile avere un confronto».

Il nodo, spiega Procaccini, è che «dentro “Identità e democrazia” ci sono delegazioni di alcuni Paesi con cui è difficile dialogare». A creare problemi c’è innanzitutto «il tema della difesa ucraina di fronte all’invasione russa, che per noi è identitario, mentre in Id ci sono partiti, come quello tedesco di Alternative fur Deutschland, con un atteggiamento troppo morbido nei confronti di Mosca». Insomma, è un modo diplomatico per dire che con i filorussi non si possono stringere patti. E d’altronde, la nascita e la crescita di partiti che occhieggiano a Mosca e che in gran parte convergono nella famiglia europea guidata da Salvini, è «una fonte di preoccupazione», come ammette il presidente del gruppo dei Conservatori. Anche se, aggiunge, «al momento mi sembra che la situazione sia sotto controllo. C’è una maggioranza forte, in Europa, di Paesi e partiti schierati in difesa di Kiev».

Procaccini chiede però di non fare di tutta l’erba un fascio. La vicinanza del premier ungherese Viktor Orban a Putin, ad esempio, «non è sul piano ideale, ma fondata su bisogni contingenti: l’Ungheria non può fare a meno del gas e del petrolio russi». E quindi, sostiene, non va considerato un paese nell’orbita di Mosca. Non ancora, almeno. Anche se «l’atteggiamento sbagliato dell’Europa, che sul Pnrr non dà all’Ungheria le risorse che le spettano, rischia proprio di spingere Orban verso la sfera di influenza della Russia o della Cina. E questo è un problema». È un punto, quello ungherese, particolarmente caro ai Conservatori di Giorgia Meloni. Orban è stato infatti espulso dal Partito popolare, ora è in cerca di un gruppo europeo a cui aderire, e a contenderselo ci sono sia i Conservatori che il gruppo di Id. Il premier ungherese aveva già fatto sapere che considerava i Conservatori il suo approdo naturale, ma nel frattempo la diplomazia dei leghisti e quella dei francesi di Le Pen si è mossa negli ultimi mesi per provare a rimettere tutto in bilico. Difficile però che la contesa si risolva a breve.

Lo stesso Procaccini si dice convinto che «molti di questi giochi si chiuderanno dopo le elezioni europee, non prima: quando i numeri si saranno consolidati, ci sarà un rimescolamento delle carte funzionale a evitare l’isolamento a Bruxelles. Questo è un discorso che si lega all’idea di una valutazione caso per caso sulle alleanze con singoli partiti, e che vale per Salvini come per Le Pen. Immagino quindi possano esserci aggregazioni che oggi non ci sono».

Dopodiché, le maggioranze fluide che si costituiscono al Parlamento europeo sono ben diverse dalle maggioranze rigide dei governi nazionali. A Bruxelles una maggioranza politica vera si forma solo al momento della nomina della presidente della Commissione europea da parte dell’Europarlamento. Una volta eletta la nuova presidenza, sostiene Procaccini, «le maggioranze torneranno a essere variabili: su alcuni temi, come l’immigrazione e il green deal, il baricentro si sposterà a destra, mentre su altri temi, come i diritti civili, il punto di equilibrio resterà quello di oggi», più vicino alle posizioni del centrosinistra italiano.