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Taylor Swift a Milano, il concerto in diretta | La scaletta, le canzoni a sorpresa, i biglietti fino a 13mila euro
(Barbara Visentin) Una sola frase ed è scattato il delirio: «La prossima è una città in cui aspetto di suonare da tanto tempo: Milano!!», ha scritto Taylor Swift sui social alla vigilia delle due date a San Siro. Tanto è bastato per far impazzire di gioia i fan, per scatenare l’hashtag #MilanTSTheErasTour e per far salire al massimo l’attesa, come se già da giorni non si parlasse d’altro.
Oggi però ci siamo: la cantautrice dei record arriva al Meazza, accolta da un doppio sold out di 130mila persone. I più tenaci sono accampati fuori in tenda dall’inizio della settimana, aspettando di correre sotto il palco (i cancelli oggi aprono alle 14, con ingresso vip alle 13), scambiandosi braccialetti dell’amicizia (perline con frasi delle canzoni), sfidando sia il sole sia il diluvio che ieri si è abbattuto su Milano. Il 30% arriva dall’estero e di questi il 14% dagli Stati Uniti. Swiftie fedelissimi, certo, ma molti americani, fatti due conti, si sono anche accorti che vederla in Europa era più conveniente che negli States e ne hanno approfittato per una vacanza.
Così mentre la caccia ai biglietti ha fatto lievitare i prezzi del secondary ticketing fino a 13mila euro, scatenando l’intervento del Codacons, il giro d’affari del weekend si avvicina ai 180 milioni di euro, stima la Confcommercio: alloggi, trasporti, ristoranti, tutti travolti dalla «Swiftonomics», in una febbre collettiva che si traduce anche nella corsa di tante aziende a sparare numeri gonfiatissimi, con comunicati che fanno a gara a mostrare l’«effetto Swift».
Tutto questo per lei, Miss Americana, che stando ai bene informati si sta intanto godendo un po’ di relax in una villa sul lago di Como con il fidanzato star del football Travis Kelce, mentre l’apparato di sicurezza intorno agli show è ai massimi livelli, con rigide restrizioni anche su ciò che si può portare dentro lo stadio.
Nessuno Swiftie dubita che ne varrà la pena: oltre tre ore di live, aperte alle 18.45 dai Paramore, a ripercorrere le diverse ere musicali della superstar in 45 brani, tra coreografie, parti acustiche e il brivido per qualche fuoriprogramma, dato che oggi è anche il 13, suo numero fortunato. Ma se avete più di 35 anni, è possibile che la vostra reazione, ogni volta che si parla del fenomeno Swift, sia sulla falsariga del: «Io questa follia non me la spiego, non ho mai sentito nemmeno una canzone».
In effetti non ci sono grandi tormentoni radiofonici per identificarla e la sua vastissima produzione prescinde dal ritornello che è impossibile non conoscere. Parliamo di una cantautrice prolifica che a 34 anni ha già pubblicato 11 album, di cui l’ultimo, scritto nel mezzo di questo mastodontico tour, si è rivelato essere doppio, con 31 brani.
Così, per comprendere almeno in parte il culto che ha contagiato mezzo mondo, bisogna addentrarsi nella sua scrittura, in un esercizio che oggi, epoca di ascolti distratti, è un po’ fuori moda. Anche questa è una delle magie di Taylor Swift: riuscire a calamitare l’attenzione dei ragazzi, rendendoli più minuziosi sulle sue parole di un collezionista di francobolli. La sua dote artistica indiscussa, d’altra parte, è la capacità narrativa: le sue esperienze personali diventano immagini universali, le sue delusioni uno specchio in cui riconoscersi e le sue frasi dei veri mantra.
Un test di livello facile? Provate a dire a una fan «It’s me, hi» e risponderà «I’m the problem it’s me». «Sono io, ciao, sono io il problema», ritornello di «Anti-hero», è solo una delle centinaia di espressioni idiomatiche del Taylor-verso. Livello medio? «Got a long list of ex lovers / They’ll tell you I’m insane». «Ho una lunga lista di ex fidanzati, vi diranno che sono pazza», canta in «Blank Space», prendendo di petto una delle malignità più frequenti sul suo conto: Swift è infatti celebre per come racconta i suoi amori finiti, inserendo dettagli in cui gli ex sono spesso riconoscibili.
L’ironia numero uno è chiedersi chi sarà il prossimo malcapitato ad essere fatto a pezzi nelle sue canzoni, ma la prospettiva va rovesciata: è Taylor che soffre per amore, che non ha paura a mostrarsi romantica, ferita, tradita, anche «sottona» e inguaribile gattara, pur rappresentando il prototipo della perfetta Miss Americana. Né il mondo della musica l’ha sempre accolta con gentilezza: umiliata pubblicamente da Kanye West agli Mtv Vma del 2009, depredata dei diritti delle sue canzoni (poi recuperati) dal manager Scooter Braun, si è sempre mostrata forte e determinata.
«È una di noi», induce a pensare, prima di ricordarci che stiamo parlando di uno dei personaggi più potenti dello showbiz. Ma una volta innescata l’immedesimazione, l’incantesimo è fatto: qualsiasi dettaglio sulla sua vita diventa fondamentale.
Oggi però ci siamo: la cantautrice dei record arriva al Meazza, accolta da un doppio sold out di 130mila persone. I più tenaci sono accampati fuori in tenda dall’inizio della settimana, aspettando di correre sotto il palco (i cancelli oggi aprono alle 14, con ingresso vip alle 13), scambiandosi braccialetti dell’amicizia (perline con frasi delle canzoni), sfidando sia il sole sia il diluvio che ieri si è abbattuto su Milano. Il 30% arriva dall’estero e di questi il 14% dagli Stati Uniti. Swiftie fedelissimi, certo, ma molti americani, fatti due conti, si sono anche accorti che vederla in Europa era più conveniente che negli States e ne hanno approfittato per una vacanza.
Così mentre la caccia ai biglietti ha fatto lievitare i prezzi del secondary ticketing fino a 13mila euro, scatenando l’intervento del Codacons, il giro d’affari del weekend si avvicina ai 180 milioni di euro, stima la Confcommercio: alloggi, trasporti, ristoranti, tutti travolti dalla «Swiftonomics», in una febbre collettiva che si traduce anche nella corsa di tante aziende a sparare numeri gonfiatissimi, con comunicati che fanno a gara a mostrare l’«effetto Swift».
Tutto questo per lei, Miss Americana, che stando ai bene informati si sta intanto godendo un po’ di relax in una villa sul lago di Como con il fidanzato star del football Travis Kelce, mentre l’apparato di sicurezza intorno agli show è ai massimi livelli, con rigide restrizioni anche su ciò che si può portare dentro lo stadio.
Nessuno Swiftie dubita che ne varrà la pena: oltre tre ore di live, aperte alle 18.45 dai Paramore, a ripercorrere le diverse ere musicali della superstar in 45 brani, tra coreografie, parti acustiche e il brivido per qualche fuoriprogramma, dato che oggi è anche il 13, suo numero fortunato. Ma se avete più di 35 anni, è possibile che la vostra reazione, ogni volta che si parla del fenomeno Swift, sia sulla falsariga del: «Io questa follia non me la spiego, non ho mai sentito nemmeno una canzone».
In effetti non ci sono grandi tormentoni radiofonici per identificarla e la sua vastissima produzione prescinde dal ritornello che è impossibile non conoscere. Parliamo di una cantautrice prolifica che a 34 anni ha già pubblicato 11 album, di cui l’ultimo, scritto nel mezzo di questo mastodontico tour, si è rivelato essere doppio, con 31 brani.
Così, per comprendere almeno in parte il culto che ha contagiato mezzo mondo, bisogna addentrarsi nella sua scrittura, in un esercizio che oggi, epoca di ascolti distratti, è un po’ fuori moda. Anche questa è una delle magie di Taylor Swift: riuscire a calamitare l’attenzione dei ragazzi, rendendoli più minuziosi sulle sue parole di un collezionista di francobolli. La sua dote artistica indiscussa, d’altra parte, è la capacità narrativa: le sue esperienze personali diventano immagini universali, le sue delusioni uno specchio in cui riconoscersi e le sue frasi dei veri mantra.
Un test di livello facile? Provate a dire a una fan «It’s me, hi» e risponderà «I’m the problem it’s me». «Sono io, ciao, sono io il problema», ritornello di «Anti-hero», è solo una delle centinaia di espressioni idiomatiche del Taylor-verso. Livello medio? «Got a long list of ex lovers / They’ll tell you I’m insane». «Ho una lunga lista di ex fidanzati, vi diranno che sono pazza», canta in «Blank Space», prendendo di petto una delle malignità più frequenti sul suo conto: Swift è infatti celebre per come racconta i suoi amori finiti, inserendo dettagli in cui gli ex sono spesso riconoscibili.
L’ironia numero uno è chiedersi chi sarà il prossimo malcapitato ad essere fatto a pezzi nelle sue canzoni, ma la prospettiva va rovesciata: è Taylor che soffre per amore, che non ha paura a mostrarsi romantica, ferita, tradita, anche «sottona» e inguaribile gattara, pur rappresentando il prototipo della perfetta Miss Americana. Né il mondo della musica l’ha sempre accolta con gentilezza: umiliata pubblicamente da Kanye West agli Mtv Vma del 2009, depredata dei diritti delle sue canzoni (poi recuperati) dal manager Scooter Braun, si è sempre mostrata forte e determinata.
«È una di noi», induce a pensare, prima di ricordarci che stiamo parlando di uno dei personaggi più potenti dello showbiz. Ma una volta innescata l’immedesimazione, l’incantesimo è fatto: qualsiasi dettaglio sulla sua vita diventa fondamentale.