Il «rischio calcolato» di Macron per le elezioni in Francia: esteri e difesa restano nelle sue mani

diStefano Montefiori

L’entourage del presidente: comunque andrà il voto, la Costituzione francese parla chiaro

Il «rischio calcolato» di Macron: esteri e difesa restano nelle sue mani

Emmanule Macron, presidente francese

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE 
PARIGI - Ai bambini in gita scolastica che lo incontrano al Mont Valérien, dove i nazisti fucilavano i partigiani, Emmanuel Macron ha dato ieri questa spiegazione delle elezioni anticipate: «Bisognava che le persone chiarissero la loro scelta, visto che molti alle europee hanno votato per le ali estreme, e visto che all’Assemblea nazionale ho solo una maggioranza relativa e c’era un disordine impressionante. Ho ancora tre anni davanti, all’Eliseo, dunque ho chiesto chiarezza. Ecco perché siamo in un momento un po’ di soprassalto». 

All’Eliseo, i consiglieri del presidente offrono la stessa versione, ovviamente più articolata. Se qualche ministro e anche qualche macronista della prima ora sembra già tentato dal riposizionarsi e punta a salvarsi dal Titanic, l’entourage ristretto di Macron mostra sangue freddo e elenca gli argomenti per cui lo scioglimento dell’Assemblea non è stata la scelta suicida che sembra a molti. Lo scenario quasi insostenibile per Macron, quello che dimostrerebbe che di un errore si è trattato, sarà, la sera del 7 luglio, una trionfale vittoria del Rassemblement national con maggioranza assoluta all’Assemblea, e quindi con il giovane, inesperto e non Macron-compatibile Jordan Bardella nuovo primo ministro. 

Ma il peggio non è mai certo, si sottolinea all’Eliseo. Anche se il clima politico-mediatico di questi giorni in Francia è un si-salvi-chi-può giudicato eccessivo e fuori luogo, una grande affermazione di Bardella è considerata tuttora per niente scontata. 

Maggioranza relativa forse, assoluta sarà difficile, e lo stesso Bardella dice che accetterà di fare il primo ministro solo avendo l’assoluta. Ma anche in quel caso, il peggiore appunto, all’Eliseo si sottolinea che la Costituzione francese è chiara: la politica estera, le alleanze internazionali e la difesa restano prerogative del presidente della Repubblica, ovvero di Emmanuel Macron per altri tre anni ancora, e questa continuità rimarrà inscalfibile con qualsiasi maggioranza e con qualsiasi premier. E se qualche confusione c’è stata nel 1986-1988 in occasione della prima coabitazione tra il presidente Mitterrand di sinistra e il premier Chirac di destra, la riforma dei Trattati intervenuta dopo ha risolto la questione: al Consiglio europeo è il presidente a rappresentare la Francia. 

Le elezioni europee della tanto raccontata avanzata dell’estrema destra alla fine partoriranno poi la solita coalizione, quella tra il partito popolare, i socialdemocratici e i liberali di Macron e altri. Ragion di più per considerare un paradosso il ricorso alle elezioni anticipate in Francia, ma il rischio è stato calcolato. Dopo l’estate c’è da votare la legge sul budget, e la maggioranza attuale con ogni probabilità sarebbe stata bocciata, con Macron costretto dalla Costituzione ad andare alle urne. 

Il presidente ha preferito giocare d’anticipo e gestire lui tempi e modi. Fino al 2027 resterà in ogni caso capo delle forze armate, la legge di programmazione militare già approvata resterà valida fino al 2030, i partner europei — compresa l’Italia di Giorgia Meloni — avranno ancora bisogno di un interlocutore affidabile e coerente, a differenza del Nouveau Front Populaire che pretende di tenere insieme Glucksmann pro-Ucraina e Mélenchon pro-Putin, o del Rassemblement national delle foto al Cremlino in campagna elettorale nel 2016, del prestito ottenuto presso una banca russa, o dell’anti-atlantismo spinto fino a evocare un’uscita dalla Nato. Soprattutto, nel «Château», nome ufficioso dell’Eliseo, c’è ottimismo perché il bilancio di questi anni viene considerato oggettivamente positivo: disoccupazione ai minimi storici, re-industrializzazione del Paese, patto su migrazione e asilo, gestione della pandemia, prontezza nell’affrontare la Russia. Resta l’incognita di quanto in Francia oggi contino i fatti e quanto pesino invece la collera e l’avversione, anche irrazionale, verso il presidente, ma non è certo l’Eliseo il luogo migliore per misurarla.  

18 giugno 2024

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