Diana Bacosi e Gabriele Rossetti oro alle Olimpiadi, chi sono: il papà morto, la depressione, il tifo per il Milan
Il trionfo nel tiro a volo è una storia di rinascita, sportiva e non. Entrambi deludenti nella prova individuale, i due si sono ritrovati in coppia. La dedica di lui è per il padre, mentre lei gira pagina dopo il buio di Tokyo
«Battere gli americani in uno sport dove si spara è sempre un’impresa. «Tanta roba, davvero». E giù una risata. Che bello rivederla sorridente. Tre anni fa, a Tokyo, aveva perso di un niente l’oro nell’individuale. Le era sfuggito all’ultima batteria della finale contro la statunitense Amber English, colpa anche di un maldestro cameraman giapponese, che l’aveva disturbata obbligandola a chiedere una pausa fatale al suo ritmo di gara.
Ma non fu quello a rimanere impresso nella memoria di tutti. Diana Bacosi, già medaglia d’oro a Rio nel 2016, trovò la forza di tirare fuori il suo dolore, utilizzando l’occasione di una medaglia come un palcoscenico per dire cose buone e giuste. Parlò di depressione, raccontando come a un certo punto non si alzasse più dal letto, e come fosse stato importante chiedere e accettare l’aiuto degli altri.
Aveva ancora uno sguardo triste, gli angoli della bocca piegati all’ingiù. Si capiva che aveva una fretta tremenda di tornare a casa, alla sua vita, a suo figlio. Quei Giochi del 2021 erano una tappa del percorso che stava facendo. «Ora mi sento forte, ho ritrovato la mia sicurezza. Ma alla medaglia giapponese sono molto legata, la considero come una specie di rinascita. Dopo il Covid, la mia separazione, tanti problemi e condizioni psicologiche assurde, ero arrivata a dire basta. Invece poi ho tirato fuori il carattere e ho dimostrato a me stessa che nonostante le difficoltà, ti rialzi. Mi sono ritrovata. I momenti bui servono, ti lasci andare, ma poi ti rialzi, e vai».
Il Milan come fede comune, il sogno? Incontrare Zlatan
Noi invece la ritroviamo in coppia con Gabriele Rossetti, che festeggia l’oro nella prova mista di tiro a segno. Poco importa se si tratta di una competizione che debutta qui a Parigi e tra quattro anni non ci sarà più. A volte le medaglie si contano e basta. Questa è la sua terza, in tre partecipazioni olimpiche. Hanno battuto i migliori. La ventitreenne texana Jewell Austen Smith e Vincent Hancock, il più forte tiratore di sempre, oro dello skeet in quattro diverse edizioni dei Giochi, da Pechino fino a Parigi.
L’unico che era riuscito a batterlo era stato proprio il toscano Rossetti. A Rio, nel 2016. Il nostro atleta lo ha fatto di nuovo. In coppia con Diana Bacosi, che forse può recriminare sull’influenza che l’ha colpita prima della sua gara individuale. «Se mi fosse successo qualche anno fa, quando pensavo solo a dimostrare agli altri il mio valore, avrei pianto per settimane. Ma da quando ho iniziato a pensare che non devo provare nulla se non a me stessa, è cambiato qualcosa. Oggi sono più serena. Questo risultato l’abbiamo cercato tanto, ci serviva per giustificare i nostri sforzi». Diana e Gabriele sono accomunati anche dalla passione per il Milan. Come ricompensa per questa impresa, hanno chiesto di poter incontrare il loro comune idolo, Zlatan Ibrahimovic. E non stavano scherzando.
Rossetti e l'incredibile record di 175 su... 175
Era una ultima spiaggia, per entrambi e per il loro settore, che rischiava di tornare in Italia a mani vuote. Anche Gabriele ha sbagliato la gara individuale. Una storia incredibile. Tre errori nella prima serie che gli sono costati la finale. Da allora, contando la gara di ieri: 175/175. Non ha più sbagliato un colpo. Anche per lui qualcosa è cambiato in questi anni. Nella trionfale spedizione di Rio 2016, era il ragazzo d’oro, il più giovane della compagnia, capace di vincere il metallo più pregiato alla sua prima esperienza olimpica. Suo padre Bruno assistette al duello finale nascosto dietro a una colonna. Bronzo a Barcellona 1992, era commissario tecnico della Francia, e suo figlio aveva appena eliminato i tiratori che lui allenava. «Era il mio idolo, lo è ancora. Se faccio questo sport è grazie a lui, al rapporto che avevo con lui. Oltre al fatto di essere nato cresciuto in un campo di tiro a volo...».
Il pensiero per il papà scomparso: «Ogni medaglia sarà sua»
A Rio de Janeiro, Bruno Rossetti era già malato. Ma non lo aveva detto a nessuno. Si è spento il 9 febbraio del 2018. «Aver vissuto quella Olimpiade con babbo rimarrà sempre il mio ricordo più bello. Mia mamma, la mia fidanzata e i miei amici sanno qual è il tarlo che mi ha assillato in questi anni. Ma ce la farà senza di lui, che mi ha messo in mano un fucile e mi ha insegnato tutto quello che c’era da sapere? Adesso ho la risposta». Sul podio, ha alzato gli occhi al cielo. «Ogni medaglia della mia carriera sarà sempre per mio padre, è inevitabile. Questione di gratitudine». Per sé stessi, o per chi non c’è più. Non si gareggia per una medaglia in quanto tale. Ma per quello che ci vedi dentro.