Soldati nelle strade, professori allineati, dissidenti puniti in tribunale. Con Trump è rischio dittatura negli Usa? Ecco chi dice di sì
NEW YORK - Neanche il desiderio manifesto di Donald Trump di fare il dittatore almeno per un giorno, vero o scherzoso che fosse, ha convinto gli altri candidati repubblicani alla Casa Bianca a criticare questi progetti, durante l’ultimo di battito di mercoledì sera in Alabama. A parte l’ex governatore del New Jersey Chris Christie, che in sostanza ormai corre solo per essere l’unica voce con il coraggio di dire la verità: "Penso che stesse giocando, quando ha detto che è un dittatore? Tutto quello che dovete fare per rispondervi è guardare alla sua storia". Perciò la domanda diventa quanto meno lecita, e richiede una risposta soprattutto dai repubblicani, visto che i democratici ormai l’hanno data da tempo: Trump rappresenta davvero una minaccia per la sopravvivenza della democrazia più antica del mondo contemporaneo?
L’allarme è in corso da diversi giorni, dopo le rivelazioni di autorevoli media come Wall Street Journal, Washington Post, New York Times, Axios, sui programmi per l’eventuale seconda amministrazione. Si va dai militari nelle strade per garantire l’ordine, al dipartimento della Giustizia mobilitato per punire i dissidenti politici, incluso un organismo centralizzato con l’incarico di dare le licenze per l’insegnamento solo agli insegnanti che dimostrano di avere ideali patriottici. Il primo a rivelare questi propositi di Trump era stato il Washington Post, scrivendo che un gruppo di think tank della galassia super conservatrice era al lavoro sul "Project 2025", ossia il programma di massima. Tra le altre cose prevederebbe di invocare il giorno stesso del giuramento l’Insurrection Act, per potere schierare i militari nelle strade degli Stati Uniti a svolgere i compiti di sicurezza che la legge ordinaria assegnerebbe alle forze di polizia.
Il New York Times poi ha scritto che Stephen Miller, mente delle iniziative più estremistiche del primo mandato nel campo dell’immigrazione, sta già preparando la vendetta. Tra le altre cose, il programma include raid, campi di detenzione per gli illegali e voli per ricacciarli subito indietro. Invece di smentire, Trump ha parlato così durante un comizio in Iowa a settembre: "Seguendo il modello Eisenhower, realizzeremo la più grande operazione di deportazione interna nella storia americana". Il Wall Street Journal ha aggiunto altri particolari preoccupanti. Trump vuole creare un organismo che dia le licenze per l’insegnamento solo ai professori che "abbracciano i valori patriottici e il modello di vita americano". Quindi vuole fondare università pubbliche, probabilmente online, tipo una "American Academy" per contrastare gli insegnamenti "woke" di quelle private ormai in mano ai liberal. Per finanziarle, tasserà o multerà proprio gli atenei di sinistra che intende colpire: "Non saranno permessi la wokeness di sinistra o il jihadismo". Vieterà ai medici di prestare assistenza ai giovani transgender che intendono ricevere trattamenti per cambiare sesso. Fonderà le "freedom cities", città della libertà, imponendo alla polizia l’adozione di misure più severe per garantire l’ordine. Smantellerà il "deep state", eliminando agenzie e cancellando regole, e licenzierà i funzionari che punteranno i piedi. Il dipartimento alla Giustizia verrà arruolato per investigare e punire gli oppositori. Il sito Axios ha rivelato che think tank come l’Heritage Foundation stanno già preparando la transizione, facendo circolare questionari tra i candidati alle posizioni chiave dell’eventuale seconda amministrazione Trump. Vogliono conferme scritte sulla determinazione ad obbedire e combattere per il presidente.
La prima a reagire tra i repubblicani è stata Liz Cheney, ex numero tre del Gop alla Camera e figlia dell’ex vice presidente Dick. Durante un’intervista con la televisione Cbs ha detto: "Una delle cose a cui assistiamo oggi è una sorta di sonnambulismo verso la dittatura negli Stati Uniti". Proprio così, "sleepwalking into dictatorship". Quindi ha aggiunto un avvertimento: "Se Trump verrà rieletto, quelle del prossimo anno saranno le ultime elezioni democratiche e libere a cui partecipiamo".
Qualche giorno dopo ha rincarato la dose Robert Kagan, con un editoriale sul Washington Post intitolato così: "Una dittatura di Trump è sempre più inevitabile. Dobbiamo smettere di far finta che non sia così". Il neocon dell’amministrazione Bush ha spiegato che la vittoria di Donald nelle primarie è ormai quasi inevitabile, e a quel punto la galassia repubblicana, politici, finanziatori, media, si allineerà dietro la sua volontà. La possibilità che i processi lo fermino si assottiglierà, e la debolezza di Biden non incoraggia a credere che il presidente in carica riuscirà a fermarlo alle urne. Così Trump tornerà alla Casa Bianca come "l’uomo più potente ad aver mai occupato la carica", perché oltre alla forza dell’istituzione riconquistata, possiederà quella di aver debellato il sistema giudiziario, l’opposizione e i media. Ci si può anestetizzare con la speranza che poi in realtà non faccia le cose minacciate, ma è più logico pensare che proceda con i programmi dichiarati, anche perché non ci sarà più alcun potere davvero in grado di fermarlo. Incluse le proteste popolari, che si prepara già a fermare con l’esercito. Se poi decidesse che il secondo quadriennio non gli basta, potrebbe tranquillamente puntare a modificare la Costituzione, per cancellare il 22esimo emendamento che in teoria gli impedirebbe di fare il presidente a vita, vincolandolo ad un massimo di due mandati.
Durante il dibattito di mercoledì sera, l’unico che ha avuto il coraggio di discutere questo incubo è stato Christie: "Stiamo parlando da 17 minuti, e gli altri tre candidati si sono comportati come se la gara fosse tra noi quattro. Il quinto tipo, che non ha il coraggio di presentarsi e stare qui a difendere le sue idee, è quello molto più avanti nei sondaggi". L’ex governatore del New Jersey quindi ha sollecitato tutti a parlare di Trump, definendolo "completamente prevedibile. E’ un uomo arrabbiato e amareggiato, che ora vuole tornare presidente per vendicarsi contro chiunque sia in disaccordo con lui. Penso che stesse scherzando, quando ha detto che è un dittatore? Tutto quello che dovete fare è guardare la storia. Ed è per questo che non parlare apertamente contro di lui, trovando scuse per lui, fingendo che in qualche modo sia una vittima, gli dà potere. Volete sapere perché ha quei numeri nei sondaggi? Perché persone come questi tre candidati sul palco fanno sembrare che la sua condotta sia accettabile".
Nikki Haley e forse Ron DeSantis sono d’accordo con Christie, ma non si azzardano a dirlo per almeno due motivi. Primo, perché se hanno una qualsiasi residua speranza di vincere le primarie, è basata sulla strategia di non alienarsi la folta base di Donald e magari portargli via qualche voto, da sommare a quelli dei repubblicani non trumpisti. Secondo, perché magari hanno la speranza di servire nella sua amministrazione, o comunque non intendono bruciare i ponti col probabile vincitore.
Nel resto del campo repubblicano, ossia parlamentari, finanziatori, think tank e media, prevale un atteggiamento simile. Il network dei fratelli Koch, forse il più ricco e potente nella galassia del Gop, ha appoggiato Haley, ma il loro rapporto con Trump era compromesso già dal 2020 quando non avevano appoggiato la rielezione, e quindi non hanno altra strada che cercare di fermarlo. Wall Street si è avvicinata a Nikki, come il potente capo di JP Morgan James Dimon, ma è pronta a cambiare cavallo se lei risultasse perdente. Discorso simile per Rupert Murdoch, che finora ha schierato alcuni dei suoi media sul fronte degli scettici verso Trump, tipo il Wall Street Journal, ma altri meno, come la Fox. Molti think tank, come Heritage o Hudson, stanno già lavorando per lui.
Interpellato dal Washington Post sulla serietà della minaccia dittatoriale, il senatore ed ex candidato presidenziale repubblicano Romney ha risposto così: "Penso che le persone a cui piace Donald Trump lo apprezzino indipendentemente da ciò che dice. Li intrattiene con le sparate, che trovano divertenti e avvincenti. La sua base ama la vena autoritaria. Penso che amino l’idea che possa usare l’esercito nelle questioni interne e che cercherà vendetta e punizione. Ecco perché lo dice, e ha quasi la certezza della nomination repubblicana".
Il capogruppo della minoranza al Senato John Thune ha commentato che "è una retorica abbastanza tipica per Trump. Non direi che sia necessariamente sorprendente. La sua attenzione all’indipendenza energetica e ad un confine sicuro sono obiettivi che condividiamo. Ovviamente, vogliamo raggiungerli in un modo che sia coerente con le nostre leggi e la nostra Costituzione. Non sono sicuro cosa intendesse con le sue parole". Testa nella sabbia, in sostanza.
Il senatore Kevin Cramer propende invece per lo scherzo, e quindi la piena assoluzione. Anzi, la condivisione degli obiettivi espressi: "Da un lato è stato divertente, ma dall’altro ha sottolineato che annullerà gli ordini esecutivi di Biden, cosa che non lo rende più dittatore di lui. Le persone che hanno queste preoccupazioni non voterebbero mai per lui. Ciò fa parte del suo fascino, la sua autenticità. E il punto che ha sottolineato è davvero buono". Discorso simile per il deputato della Florida Byron Donalds: "Donald Trump è stato presidente. Ha incarcerato gli oppositori? No. Ha rinchiuso Hillary in prigione? No. Biden è il vero dittatore".
Lindsey Graham, senatore della South Carolina di cui è stata governatrice Nikki Haley, e un tempo grande amico dell’oppositore di Trump John McCain, è invece ormai completamente appiattito nel sostegno a Donald: "Queste critiche sono un mucchio di fesserie. La narrativa secondo cui "se voti per Trump, voti per un dittatore" è l’unica cosa rimasta ai democratici, perché le loro politiche non funzionano. Non possono dire "Vota per Biden", è impossibile vendere la sua agenda. Quindi stanno cercando di vendere allarmismo contro Trump. Lo difenderò, anche se non me lo chiedono".
Durante un seminario organizzato dal Gruppo Esponenti Italiani, l’ex direttore del Wall Street Journal Gerry Baker ha indicato una linea più speranzosa: "Dal mio punto di vista, con il comportamento tenuto dopo l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2020, Trump si è definitivamente squalificato. Non credo che dovrebbe tornare mai più a fare il presidente. Però gli Usa restano uno stato di diritto, con i "check and balances" ancora in funzione, dove la legge prevale. Presumo che le sue fossero dichiarazioni ad effetto elettorali, ma anche se avesse davvero l’intenzione di fare il dittatore, non penso che ci riuscirebbe, perché i tribunali, gli altri organismi di garanzia e le istituzioni fedeli alla democrazia lo fermerebbero".