Matthew Perry, polizia e Dea di Los Angeles annunciano inchiesta sulla morte della star di «Friends»
Gli investigatori indagheranno sulle circostanze che hanno portato al decesso dell'attore, causato, secondo l'autopsia, dagli «effetti acuti della ketamina»
Sei mesi dopo la tragica morte di Matthew Perry a Los Angeles, trovato annegato nella sua Jacuzzi il 28 ottobre scorso, la polizia della città e la Dea (Drug Enforcement Administration, la polizia federale anti stupefacenti) hanno aperto un'inchiesta congiunta per appurare come l'attore sia potuto entrare in possesso di tutta la ketamina che gli è stata trovata in corpo e che, secondo l'esame del medico legale, ne avrebbe provocato il decesso. Il rapporto degli inquirenti attribuisce agli alti livelli dell'anestetico l'effetto combinato di sovra stimolazione cardiaca e depressione respiratoria che sarebbero stati fatali all’amatissimo attore della serie cult «Friends».
Perry, che nella serie dava il volto a Chandler, aveva assunto droghe, ma secondo le testimonianze era «pulito da 19 mesi». Il medico legale ha detto che, secondo quanto riferito, aveva seguito una terapia a base di ketamina per affrontare la depressione e l'ansia, e che il suo ultimo trattamento era stato effettuato una settimana e mezzo prima della sua morte. Secondo l’autopsia quest’ultima infusione non poteva quindi essere stata quella fatale, dal momento che l'anestetico viene smaltito dall'organismo in tre o quattro ore. Perry era stato trovato morto a faccia in giù nell'acqua della Jacuzzi di casa sua.
La sua vita era stata fragilissima, segnata dal dualismo tra la fama e un immenso vuoto interiore, che non poteva essere colmato nemmeno dalla realizzazione dei suoi sogni più grandi e con cui aveva sempre dovuto combattere. Cinque anni fa nella sua autobiografia («Friends, amanti e la Cosa Terribile») esordiva così: «Salve, il mio nome è Matthew, anche se potreste conoscermi con un altro nome. I miei amici mi chiamano Matty. E dovrei essere morto». Perry si levava la maschera dell’attore di successo e affrontava la Cosa Terribile, ovvero la sua dipendenza, dall’alcol e dalle droghe.
Una «dieta mortale» fatta di vodka (una bottiglia a sera), cocaina, oppiacei (a un certo punto era arrivato a prendere 55 pasticche di Vicodin al giorno), benzodiazepine (ovvero Xanax e tutti i medicinali ad azione ansiolitica). L’attore raccontava come la sua vita in realtà fosse stata un inferno, sempre sull’orlo dell’abisso. L’abbandono del padre quando era piccolo, l’arrivo a Hollywood, le donne (tra cui Julia Roberts, lasciata perché «avevo troppa paura di essere lasciato io»), i 15 tentativi di riabilitazione, le 14 operazioni chirurgiche al colon. Quando aveva 49 anni l’attore era stato a un passo dalla morte: in coma per due settimane e poi altri cinque mesi in ospedale.
Rivelava che quando iniziò a recitare in «Friends», a 24 anni, la sua dipendenza dall’alcol era agli inizi. «In qualche modo potevo gestirla, ma a 34 anni ero davvero nei guai. Non sapevo come smettere». I suoi compagni di cast erano stati «comprensivi e pazienti; è come in natura per i pinguini: quando uno di loro è malato o ferito, viene circondato e sostenuto dagli altri; gli girano intorno finché quel pinguino non riesce a camminare da solo. È un po’ quello che ha fatto il cast per me».
