Elon Musk è un personaggio straordinario anche nel modo di esprimersi. Quando uno dei suoi razzi esplode, per lui si disassembla. Purtroppo il 18 novembre, alle 14,06 italiane, tre minuti dopo la partenza dallo spazioporto di Boca Chica, Texas, il Starship Super Heavy si è disassemblato: la separazione del primo stadio dal secondo è stata imperfetta e si è verificata una esplosione paurosa. Tuttavia il secondo stadio con la navetta Starrship ha proseguito il volo fino a 148 chilometri dalla superficie terrestre, quando è avvenuto un altro e più disastroso disassemblaggio. Erano passati 12 minuti dal distacco dalla rampa di lancio.
“Parziale successo”
Musk ha classificato l’accaduto come un parziale successo. Potenza dell’eufemismo. In effetti i 33 motori del primo stadio si sono accesi regolarmente, la separazione tra i due stadi è avvenuta al momento giusto e la navetta Starship aveva quasi raggiunto l’orbita prevista quando è intervenuto il secondo disassemblaggio. Ma se nella navetta invece di manichini ci fossero stati degli astronauti il parziale successo sarebbe stato una totale tragedia. Starship, in questo suo 25° test avrebbe dovuto percorrere un’orbita quasi completa intorno alla Terra e scendere nell’oceano Pacifico al largo delle sole Hawaii. Invece ha contribuito all’accumulo di spazzatura intorno alla Terra. Non si dimentichi che Starship Super Heavy è il più grande e innovativo razzo mai costruito: alto 122 metri (più del Saturno 5 che portò gli astronauti americani sulla Luna), 9 metri di diametro, 5000 tonnellate al decollo, due soli stadi, carico utile 150 tonnellate, in buona parte riutilizzabile. In sintesi, nei progetti dell’uomo della Tesla, il primo passo concreto per tornare sulla Luna e pensare a una missione verso Marte.
Filosofia del rischio
Peraltro, la filosofia di Elon Musk per la SpaceX, la sua azienda più ambiziosa, è sempre stata quella di mettere nel conto le esplosioni dei prototipi come parte integrante della strategia per accelerarne lo sviluppo: bisogna riconoscere che il triste esito del 18 novembre è un progresso rispetto al disassemblaggio che in 4 minuti concluse il precedente test del 24 aprile.
Gli aggiornamenti di Chris McNab
Per chi volesse conoscere meglio il proprietario di SpaceX, Tesla e tante altre aziende, la casa editrice Gremese ha pubblicato in questi giorni una biografia scritta da Chris McNab: “Elon Musk. Innovatore, imprenditore e visionario” (206 pagine, 16 euro). Non è una biografia autorizzata ed è in gran parte costruita costeggiando quella ormai vecchia di Ashlee Vance (2015), ma ha due pregi: è ragionevolmente aggiornata se si ricorda che Musk ogni mezz’ora ne inventa una, e mette insieme dati fatti senza pregiudizi.
Tappe di una carriera
Molte vicende che hanno fatto di Elon Musk l’uomo più ricco del mondo sono note: nascita in Sudafrica, famiglia benestante, arrivo negli Stati Uniti dopo un passaggio in Canada, invenzione del videogioco Zip2, primo grosso affare con Paypal, creazione e incerto avvio di SpaceX, incerto avvio e poi grande successo di Tesla, rilancio di SpaceX con il supporto della Nasa, creazione di una impresa per lo scavo di strade sotterranee, batterie e pannelli solari innovativi, Twitter (ora ribattezzato X) sulle montagne russe della Borsa, entusiasmo per l’Intelligenza Artificiale presto rovesciato in previsioni apocalittiche.
Come si forma un genio
Ma le cose davvero interessanti sono altre, e riguardano lo sviluppo dei meccanismi cognitivi e creativi. Da ragazzino Elon ha giocato con un piccolo computer Commodore Vic 20 ( 5k di memoria!) che permetteva di scrivere semplici programmi. So per esperienza che questo è l’unico modo per capire che cosa è un computer, ma io mi sono fermato lì, Musk ha portato la sua scoperta alle estreme conseguenze. Il quoziente intellettivo di Musk è molto superiore alla media, ma la sua razionalità sembra guidata, oltre che dalla curiosità scientifica, da una irragionevole sottovalutazione del rischio. Ciò porta talvolta a terribili fallimenti, ma i fallimenti di Musk spesso sono tali solo a breve termine, mentre la sua visione del futuro è spostata più avanti. Ancora: Musk ha tratti autistici, o Asperger, ma li alterna a momenti di forte empatia, ciò che fa della sua personalità un interessante caso di studio. Più che creare imprese, Musk sa prenderle nella fase iniziale, metterle insieme e rilanciarle per cederle alla prima buona occasione: la sua creatività non parte dall’idea inedita ma dall’esistente.
La scoperta delle neuroscienze
Poi c’è la cosa più importante: il Musk più maturo riflette sul proprio comportamento, lo analizza e approda al suo interesse più segreto: le neuroscienze cognitive e le loro conseguenze per la pedagogia. O, più concretamente, per la scuola. La più recente impresa di Musk è proprio una scuola – Ad Astra – concepita per accelerare la conoscenza e sviluppare la creatività degli allievi.
Chris McNab ammette di saperne poco perché a quanto pare deliberatamente Musk la avvolge in una riservatezza che confina con il mistero. Sappiamo però che la sua scuola lascia agli studenti la massima libertà, non è finalizzata all’istruzione (“La laurea non sempre è necessaria”) ma alla flessibilità, all’anticonformismo, al problem solving pragmatico, a potenziare le doti creative. Ovviamente non può essere una scuola di massa, pur senza essere necessariamente di élite. Spingere gli studenti al limite del loro potenziale umano in ogni suo aspetto è l’obiettivo finale. “Abbracciare il caos” è il punto di partenza, “Contribuire al bene” quello di arrivo. Tre le tappe del percorso: mettere alla prova le proprie convinzioni, cercare spiegazioni valide, aspettarsi correzioni di rotta.