I prigionieri liberati accolti da Biden e Harris. Abbracci e commozione: “Siamo gli Usa: restituiamo le persone alle loro famiglie”

NEW YORK - President Biden ha fatto le ore piccole, almeno per i suoi canoni, pur di ricevere personalmente Evan Gershkovich, Paul Whelan e Alsu Kurmasheva: liberati ieri dalle carceri russe e finalmente rientrati negli Stati Uniti su un volo militari che è atterrato alla Joint Base Andrews alle 23.37, della notte americana.

Il presidente e la sua vice, la neocandidata alla Casa Bianca Kamala Harris, hanno aspettato i tre proprio sotto l’aereo. È sceso per primo Whelan, il tempo di una stretta di mano e poche parole con Biden, poi l’abbraccio con la moglie. Gershkovich ha invece letteralmente abbracciato il presidente e così anche Kurmasheva, che gli ha proprio appoggiato la testa sul petto. Poi gli abbracci coi familiari fra gli applausi dei presenti. Così commoventi che Biden è accorso a consolare le figlie della donna. "Siamo gli Stati Uniti d’America. È questo che facciamo. Restituiamo le persone alle loro famiglie. Lo facciamo con l’aiuto dei nostri alleati”. Rispondendo al reporter che gli chiedeva qual è il messaggio a Putin, con un secco: “Stop”.

Poi, i tre e le loro famiglie sono saliti su un secondo aeroplano: diretti, questa volta alla Lackland Air Force Base nei pressi di San Antonio, in Texas. Dove saranno tenuti sotto osservazione nel centro medico della base e dove, in isolamento, gli sarà dato il tempo di riprendersi.

Joe Biden, che solo dieci giorni fa ha ceduto il passo alla sua vice Kamala Harris nella corsa per la presidenza degli Stati Uniti, ha voluto esserci a tutti costi. Accogliendo personalmente coloro che è riuscito a riportare a casa dopo un anno di complicatissimo lavoro diplomatico: con le telefonate per gli ultimi accordi, da lui fatte un’ora prima di firmare il ritiro dalla corsa, come ha rivelato il consigliere alla sicurezza nazionale Jack Sullivan. Un successo che corona una presidenza definita dal politologo Ian Bremmer “la più consequenziale degli ultimi anni”. Rivendicando, con questo scambio frutto del coordinamento e della collaborazione di intelligence e governi di diversi paesi, la sua capacità di coltivare alleanze internazionali, in barba alle pulsioni nazionaliste e isolazioniste tanto care a Donald Trump. Il suo è un risultato di politica estera enorme, “un’impresa di diplomazia e amicizia” ha infatti detto.

“La risposta a chiunque chieda se gli alleati contino davvero. È fondamentale avere amici in tutto il mondo, di cui ti puoi fidare, puoi lavorare, su cui puoi contare". Un riferimento evidente alla Germania che tanto si è esposta nello scambio. Ma pure frecciatina, nemmeno troppo velata al candidato repubblicano Donald Trump, che ne ha spesso criticato le politiche di alleanza, promuovendo i suoi programmi di “America first”: “Perché non l'ha fatto lui quando era presidente?”.

La risposta malmostosa di Trump non si è fatta attendere: ha criticato duramente l'accordo, definendolo un “brutto precedente”. Di sicuro non felice dell’esito positivo di un’operazione che ha visto protagonisti sette paesi, avvenuta a 96 giorni dalle elezioni e a meno di sei mesi dalla fine del mandato di “Old Joe”. Tanto più che i dem hanno voluto attribuire alla vicepresidente Harris il merito di aver contribuito a facilitare l'accordo. Un aiutino mirato a lucidare le sue credenziali di politica estera ad ora non particolarmente scintillanti e a offrirle un ulteriore argomento per randellare il rivale. Divisa almeno per ora anche la risposta del Congresso: coi dem a elogiare il successo democratico. E i repubblicani rimasti in buona parte in silenzio, tranne qualcuno che ha mugugnato contro il rilascio di criminali russi, sia pur per la buona causa di liberare degli innocenti. Fra i critici, i leader repubblicani di Camera e Senato Mike Johnson e Mitch McConnel hanno affermato, in una dichiarazione congiunta, che l’accordo “fa poco per scoraggiare il comportamento riprorevole di Putin”.

Non è effettivamente ancora chiaro agli analisti perché Putin abbia deciso di accettare lo scambio di prigionieri con Biden invece di aspettare la possibilità di un ritorno di Trump alla Casa Bianca, notoriamente più aperto agli interessi di Mosca. Secondo Politico, potrebbe aver ipotizzato che era meglio stringere un affare ora che ricominciare da zero domani.