L’ambasciatore russo attacca l’Italia: “Con la guida del G7 siete nemici”

ROMA — Le relazioni tra Mosca e Roma oggi «non sono di molto» migliori rispetto al periodo dell’invasione nazifascista dell’Unione Sovietica nel 1941-1943, con l’Italia che «ha aderito pienamente alle misure di pressione esercitate dall’Occidente sulla Russia, tanto che in Italia si parla ormai apertamente di guerra ibrida contro il nostro Paese». Con una lunga intervista alla Tass, l’ambasciatore Alexei Paramonov lancia un monito durissimo al governo Meloni: «Con l’inizio della sua presidenza del G7, sta attivamente rivendicando il ruolo di “capo coordinatore” di questo quartier generale antirusso dell’Occidente». E ha aggiunto: «La posizione delle autorità ufficiali nei confronti della Russia è prevalentemente sgarbata, di natura essenzialmente ostile».

Sono parole senza precedenti, che segnano una svolta nella linea di Mosca. Paramonov infatti nell’estate scorsa ha sostituito a Roma Sergey Razov, considerato troppo rude nell’approccio alle autorità italiane. Il diplomatico, a lungo console a Milano e poi responsabile dell’ufficio per l’Europa occidentale al ministero degli Esteri, parla perfettamente la nostra lingua e si è presentato come uomo del dialogo: «Negli ambienti diplomatici – ha scritto a luglio in un intervento su Repubblica - si ricorda che nel passato Roma ha potuto dimostrare la flessibilità e creatività della propria diplomazia nella messa a punto dei formati di interazione per superare problemi più difficili».

Ora però le direttive di Putin sono cambiate. Lo scontro tra repubblicani e democratici al Congresso sta bloccando gli aiuti statunitensi all’Ucraina e adesso la priorità di Mosca è fermare il sostegno europeo. Lo dimostrano i toni sempre più tesi verso le cancellerie dell’Unione e in particolare Francia e Germania, che hanno assunto un impegno crescente nell’assistenza a Kiev. E un pessimo segnale viene dall’attacco missilistico lanciato ieri contro la capitale ucraina durante la visita di Josep Borrell, responsabile della politica estera Ue promotore del supporto alla nazione aggredita due anni fa.

L’ambasciatore ha elencato l’appoggio italiano all’Ucraina: «Sono già stati approvati otto pacchetti di aiuti militari, comprendenti un’ampia gamma di armi letali. L’altro giorno il ministro della Difesa ha dichiarato che il Paese è tra i primi cinque fornitori di sistemi bellici al regime di Kiev. Eccoli i “bravi” italiani». Come «prove concrete» ha citato le missioni dell’aereo radar Gulfstream CAEW dell’Aeronautica in Romania: «Gli esperti locali non escludono che fosse coinvolto nella raccolta di informazioni di intelligence sulle truppe russe in Crimea e nel loro trasferimento alle forze armate ucraine per coordinare gli attacchi su obiettivi della penisola». Paramonov sostiene però che in Italia c’è un «numero crescente di associazioni e movimenti politici che spingono per normalizzare le relazioni con Mosca e fermare l’escalation tra l’Occidente e la Russia».

L’intervista mostra uno dei punti che più preoccupano il Cremlino, a partire dalla presidenza italiana del G7: «Non è da escludere che, su pressione dell’ala anglosassone, l’enfasi sia posta sull’elaborazione di misure antirusse, tra cui l’inasprimento delle sanzioni e la ricerca di una formalizzazione giuridica del sequestro illegale di beni sovrani russi». Si tratta del dibattito sulla confisca dei patrimoni congelati a entità statali o oligarchi vicini a Putin, con la proposta di utilizzarli per la ricostruzione dell’Ucraina: alla Banca centrale russa è stato sequestrato in Belgio un fondo da 200 miliardi di euro.

Infine l’ambasciatore scaglia una frecciata velenosa al governo Meloni: «Se si considerano le principali sedi degli eventi del G7 – un resort in Puglia, l’isola di Capri, Venezia - è ovvio che la “destinazione turistica”, cioè accogliere e nutrire bene gli ospiti, non è oggetto di minore attenzione nelle attività della Presidenza italiana del G7 rispetto ad altre cosiddette priorità internazionali». Per Paranomov gli italiani non sono più “brava gente” – titolo da lui evocato di un film sul comportamento umano dei nostri soldati sul Don – ma restano sempre “spaghetti e mandolino”, come nei più beceri luoghi comuni.