
Diario da Gaza – “Beviamo acqua contaminata, a Rafah nessuno è in salute”
Sono ancora vivo. Stiamo sopravvivendo. E questa è una notizia. Cerchiamo di tenerci al caldo e andiamo a caccia di medicine che non sono in quantità sufficienti qui a Rafah.
Ieri altre 5 persone del nostro rifugio si sono sentite male. Le malattie si stanno diffondendo rapidamente. Questo si deve in particolare alle temperature che sono molto basse. Non c’è quasi nessuno a Rafah che non sia malato, non abbia febbre, problemi di stomaco o problemi a respirare.

È chiaro che questo si deve alla situazione della città che è pesantemente sovrappopolata. Ci sono inoltre piogge intense che favoriscono la contaminazione delle acque. Non abbiamo abbastanza acqua. L’acqua inquinata è ovunque, e a ciò si aggiunge che nessuno è in salute e forte di anticorpi e quindi ci si ammala immediatamente.

Dove siamo rifugiati ora abbiamo accesso all’acqua corrente ma attualmente è la peggiore al mondo. Le acque di scarico si sono riversate nella falda acquifera perché le infrastrutture a Gaza sono state danneggiate dai bombardamenti. Normalmente si usa l’acqua della rete solo per pulire e lavarsi, ma ora anche per quello è troppo contaminata, ma non abbiamo scelta. In ogni caso anche questa non è sufficiente: ricordiamo che ora qui ci sono 1,8 milioni di persone mentre normalmente la città ne alloggia 200mila. Quindi abbiamo accesso solo una volta ogni dieci giorni e dobbiamo raccoglierla in barili per poi dosarla nei giorni successivi. Quando la finiamo la compriamo, e ci viene consegnata con un autocisterna.

L’acqua potabile è poi un discorso a parte. Questa arriva normalmente dagli impianti di dissalatori. Uno si trova a Rafah, ce n’è un altro in Egitto. Gli Emirati Arabi hanno installato un impianto dissalatore in Egitto vicino alla parte occidentale di Rafah per fare arrivare l’acqua ai rifugiati. Questi somministri vanno pagati. Anche quest’acqua che dovrebbe essere potabile è ora contaminata per i danni alle infrastrutture causati dalla guerra. Ed è attualmente la causa maggiore di infezioni.
Soffriamo la mancanza di tutto: manca la benzina, manca il cibo, manca un riscaldamento, non possiamo riscaldare perché non abbiamo elettricità. Questi sono problemi che colpiscono particolarmente i rifugiati, più di tutti quelli che vivono nelle tende, ma non risparmiano nemmeno gli inquilini originari della città. Essi hanno ospitato molti altri nelle loro case e dunque hanno problemi simili. Nessuno è al sicuro. Anche perché stiamo soffrendo mentalmente: le cattive notizie che arrivano ogni giorno deprimono sempre di più. Anche la condizione psicologica rende più vulnerabili di fronte alla malattia.

Seguiamo le notizie. Tutti seguiamo gli sviluppi di questa proposta di accordo per avere almeno un mese di tregua in pace per distrarsi e pensare ad altro. Tutti hanno paura che Hamas dirà di no, perché abbiamo la sensazione che Hamas non capisca o se ne infischi della sofferenza dei rifugiati. Ma noi non perdiamo la speranza che con la liberazione di tutti gli ostaggi possa finire l’operazione militare. La palla è dunque ora al Cairo, ci sono ancora 24 ore per sapere cosa deciderà Hamas. Siamo appesi a questa attesa.