Maltrattamento degli animali, le associazioni: «Una vergogna gli emendamenti della Lega. Indeboliscono i diritti dei nostri amici»

«Gli emendamenti presentati ieri (mercoledì 13 marzo, ndr) dalla Lega alla proposta di Legge n. 30 a prima firma Michela Vittoria Brambilla, e sottoscritta da parlamentari di quasi tutti gli schieramenti politici, che avrebbe dovuto inasprire finalmente le pene a carico di chi uccide o maltratta gli animali, rischiano di depauperare completamente il testo, facendo fare un triste passo indietro ai diritti degli animali». Così l'Ente Nazionale Protezione Animali parlando delle modifiche al testo in questo momento all'esame della Commissione Giustizia della Camera. In particolare, sottolinea l'Enpa tramite la presidente Carla Rocchi, è «gravissimo il tentativo di rendere le norme esistenti sul maltrattamento animale applicabili solo per gli animali "da compagnia"», come vi fosse una distinzione tra animali di serie A e animali di serie B, «in totale contrasto con la sensibilità dei cittadini e con la giurisprudenza degli ultimi venti anni». Ma la Lega - si chiede Rocchi - «è aggiornata sull'evoluzione giurisprudenziale? Lo sa che ormai la Cassazione inserisce in tutela tutti gli animali? Evidentemente non tiene conto di quanto accade nei tribunali, dove centinaia sono i processi per uccisione e maltrattamento di animali». 

La proposta di legge - Il testo presentato innalza i limiti della pena per il reato di uccisione portandolo dall'attuale «da quattro mesi a due anni» a «da due a sei anni», mentre per quello di maltrattamento si passa «da tre a 18 mesi» a «da uno a cinque anni», ma sempre accompagnati da una multa che può variare dai 5mila ai 30mila euro. Oggi la pena pecuniaria è alternativa a quella detentiva. Come chiarito dall'onorevole Brambilla (Misto), presidente dell'intergruppo parlamentare per la tutela degli animali e dell'ambiente, «la proposta di legge attribuisce al reato di abbandono le stesse pene del maltrattamento, che passano così da massimo un anno di carcere a cinque, e introduce nel Codice Penale le norme contro esche e bocconi avvelenati, oggi dettate solo da un’ordinanza ministeriale».