Il modello Atalanta (anche per l'Europa), Gasperini condottiero
Gasperini, bizzoso e geniale, è l'eroe di Bergamo da otto anni. Un trionfo merito di chi ha comprato a poco (Sartori or a Bologna), di chi valorizza i giocatori (Gasp) e di chi vende a tanto (Luca Percassi): risultato 250 milioni di plusvalenze
«Bergamo, Città dell’Atalanta». Il solenne cartello stradale di benvenuto campeggiava all’uscita della’A4, fino a poco tempo fa, prima di venire inghiottito da un maxi-cantiere. Ma non era la Città dei Mille? Semmai degli Ottomila che sono andati a Dublino a godersi il trionfo e dell’altra mezza città che si è riversata nella notte in piazza, trascinando mamme, bambini, zii, nonni e perfino qualche bergamasco di fede interista, che notoriamente al Gasp non gliel’ha ancora perdonata. Già, il Gasp.
Gasperini leader
Ogni epoca ha i suoi leader carismatici. E lui, da queste parti, è ormai da otto anni il nuovo Eroe dei due mondi, bizzoso e geniale come tutti i condottieri. Condottiero incompiuto, gli rinfacciavano in tanti, perché rivoluzionario del calcio e vincitore di mille battaglie, ma mai di quella finale e decisiva. Fino a ieri sera. Ora la magnifica coppa, capolavoro della sua carriera, conquistata con il coraggio spudorato del tutti in attacco contro gli imbattibili, chiude finalmente il circolo virtuoso «conti in ordine-bel gioco-vittorie-mercato-conti in ordine». Tradotto in euro sonanti: 250 milioni di plusvalenze nette.
Merito di chi ha comprato a poco (Giovanni Sartori, poi passato a fare miracoli al Bologna), di chi ha valorizzato i giocatori (Gasperini) e di chi sa vendere a caro prezzo (l’ad Luca Percassi). Un modello per il calcio italiano e ora, si può dire senza troppo pudore, anche per quello europeo. Antonio Percassi, forte dei suoi 16 anni di presidenza, in un articolo sulla finale per il Corriere di Bergamo aveva chiosato così: «Il cammino è già la meta». Pura scaramanzia, date retta. Qui contava soprattutto la meta.
Perché l’incrocio con la storia presentava due formidabili match-point: uno fallito a Roma (la Juve è già un lontano ricordo) e l’altro a Dublino, a rappresentare l’Italia. Gli atalantini si chiedevano increduli: quando mai ci ricapita? Il triplo smash vincente è arrivato non a caso da Lookman, l’uomo che guarda (avanti). E ora che quel motto così provinciale, «mola mia», diventato icona universale di resistenza al Covid nonché simbolo del legame identitario tra l’Atalanta e la sua città, non stonerebbe affatto se venisse inciso sotto la coppa appena conquistata. Intanto, c’è da scommetterci, all’uscita dell’A4 rispunterà il cartello, con un piccolo ritocco: «Bergamo (Europa), Città dell’Atalanta». Su il sipario.