Centrodestra e centrosinistra a confronto. Le Regioni dove le partite sono pi� chiare, e quelle in cui tutto � da definire. Che cosa ha insegnato la sardegna
Abruzzo, assalto finale a Marsilio
L’ex presidente della Provincia dell’Aquila (nel 2004) Stefania Pezzopane, membro della Direzione del Pd, domenica notte, subito dopo che la Sardegna era passata al Campo Largo (Pd-M5S-Avs), sulla chat di partito ha scritto: �Chiamiamo la Todde�. Perch� ora � scattata l’operazione Abruzzo: �Espugnare il fortino� di Giorgia Meloni, mandando a casa il suo fedelissimo, il �romano� Marco Marsilio, 56 anni (�Ma la mia famiglia � in Abruzzo dal 1700�, si schermisce il governatore ripresentato). Cos� l’obiettivo — dice Pezzopane — sarebbe proprio quello di far chiudere la campagna, l’8 marzo all’Aquila, dalla neo presidente sarda, lei e basta, senza big di partito, accanto al candidato del campo larghissimo — tutti dentro, pure Calenda e i renziani — Luciano D’Amico, 64 anni, ex rettore di Teramo e �uomo di Luciano D’Alfonso, i due Lucianos �, ironizza Pierluigi Biondi, dal 2017 sindaco aquilano di FdI.
D’Alfonso, deputato pd, fu eletto governatore nel 2014, 5 anni dopo per� (53% l’affluenza) venne spodestato da Marsilio (con il 48,03% dei voti), ma il Campo Largo non c’era: il Pd candid� Giovanni Legnini (31,28%), il M5S Sara Marcozzi (20,2%), ora con Forza Italia. Oggi a L’Aquila arriva Giuseppe Conte; Elly Schlein � gi� venuta 4 volte. In Abruzzo, per�, non c’� il voto disgiunto, che tanti consensi ha eroso in Sardegna al centrodestra. E non ci sar� il terzo incomodo: sar� Marsilio contro D’Amico, �petto a petto, 6 liste contro 6�, dice Pezzopane, fiduciosa perch� i sondaggi �erano partiti 60 a 40 per loro — dice — e oggi siamo 52 a 48: se la Todde ci desse l’ultima spintarella...�.
La commissione antimafia ha trovato due �impresentabili�: Simona Fernandez (Avs) e Vincenzo Serraiocco (Noi moderati). Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani saranno con Marsilio il 5 marzo a Pescara per la chiusura. La premier ha appena firmato l’accordo di coesione e sviluppo per l’Abruzzo: un miliardo e 250 milioni di euro d’investimenti. Ieri D’Amico ha sfidato Marsilio (ex Fare Fronte) sull’antifascismo: �Auspico che prenda una posizione�. E lui: �Patenti non ne prendo da nessuno�. Due settimane fa, a Pescara, Marsilio si mise a soffiare le bolle di sapone: �Come spariscono le bolle, spariranno anche le balle di D’Amico�, concluse cos� il comizio (Fabrizio Caccia).
Basilicata, Conte frena sul nome fatto da Speranza
Da una parte, in teoria, � tutto gi� deciso. Dall’altra � ancora tutto aperto. In realt�, sono queste le ore in cui si dovr� sbloccare dentro il centrosinistra la partita della Basilicata, regione piccola ma decisamente importante per gli equilibri futuri nei due poli.Si voter� ad aprile, prima delle Europee. Nel centrodestra � arrivato anche il sigillo dei leader, dopo il tavolo degli sherpa: correr� l’uscente Vito Bardi, di FI (l’intesa prevede anche la conferma di Cirio in Piemonte e Tesei in Umbria). Bardi � stato sempre difeso dagli azzurri — �Non si tocca�, ha tuonato pi� volte negli ultimi mesi il segretario Antonio Tajani —, ma fino al voto della Sardegna � stato molto a rischio. La Lega avrebbe voluto un risarcimento per aver perso ai danni di FdI la Sardegna, ma il cattivo risultato di Salvini nell’isola e la buona tenuta di FI non hanno suggerito stravolgimenti. Anche perch�, a catena, a quel punto sarebbe potuta saltare l’uscente leghista dell’Umbria Tesei, aprendo un risiko difficile da chiudere.
Da FdI ieri � arrivato anche l’avallo del ministro Lollobrigida: �Io lo apprezzo moltissimo, non credo che la Lega stia litigando sulla Basilicata e penso che il candidato sar� lui�. Con l’appoggio di tutte le liste del centrodestra e indipendentemente dai sondaggi: non ci sono candidati alternativi pronti (la Lega aveva pensato all’ex senatore Pasquale Pepe, ma il nome non � decollato) anche perch�, spiegano dal centrodestra, �carte segrete non ne abbiamo e la differenza alla fine la faranno gli avversari: se uniti, saranno duri da battere...�. Gi�, la vera partita si gioca nel centrosinistra, in una Regione che tradizionalmente le apparteneva. Il nome proposto da Roberto Speranza, uomo forte del Pd in Regione, � quello di Angelo Chiorazzo, re delle Coop bianche, sostenuto dal partito locale ma sul quale ha gi� frenato Giuseppe Conte e parte del fu Terzo Polo. Nello stesso Pd ci sono dubbi, perch� si cerca di trovare una mediazione che permetta di formare una coalizione di campo larghissimo, che avrebbe ottime chance di vittoria. Si era ipotizzato potesse scendere in campo lo stesso Speranza, che per� si dice indisponibile. E l’occasione di fare il bis dell’operazione Todde � a un passo ma, nello stesso tempo, ancora molto lontana (Paola Di Caro).
Piemonte, ancora non c’� un anti-Cirio
�Dobbiamo prenderne atto con rammarico: da parte del M5S manca la volont� di arrivare a un accordo�. Domenico Rossi, il segretario del Pd piemontese, non ci crede pi�. Dopo la vittoria del campo largo in Sardegna la strada verso l’intesa giallorossa sembrava spianata anche in Piemonte per le Regionali di giugno. Alcuni tra i dem pi� restii avevano persino capitolato, aprendo a un civico che potesse accontentare tutti e competere (sfida tutt’altro che facile) con il governatore uscente Alberto Cirio, la cui ricandidatura non era mai stata in discussione anche prima dell’intesa di ieri, nonostante Lega e FdI litighino sui posti chiave nella prossima giunta, a partire dall’assessorato alla Sanit�. Poi, nel giro di 24 ore, sul Pd � arrivata la doccia fredda: �Qui la realt� � ben diversa�, sono state le parole della coordinatrice pentastellata Sarah Disabato. Ora resta solo un’ultima speranza, quella affidata alle trattative tra Elly Schlein e Giuseppe Conte, che ha ammesso che in Piemonte �si registra maggiore distanza su temi e interpreti�.
A ostacolare l’intesa, non sono soltanto le divergenze programmatiche, come quella sul nuovo ospedale il Pd torinese vorrebbe al parco della Pellerina contro il parere del M5S. Ma, appunto, anche gli �interpreti�. Nessuno lo dice apertamente, ma le vecchie ferite tra l’attuale sindaco, il dem Stefano Lo Russo, e la sua predecessora Chiara Appendino bruciano ancora. Fosse stato per lei, forse la trattativa non sarebbe mai cominciata. Appendino non ha dimenticato la durissima opposizione subita dal Pd e neanche la condanna per falso in bilancio (poi cancellata in appello) nata da un esposto di Lo Russo. Ad appianare i contrasti non sono bastati mesi di corteggiamenti, il rinvio delle primarie imposto dal Nazareno e nemmeno il tavolo della trattativa saltato dopo quattro riunioni. Non � un caso che a sbarrare la strada siano proprio i fedelissimi di Appendino, come il capogruppo Andrea Russi, che parla di �totale continuit� tra il Pd e la giunta Cirio�, o il deputato Antonino Iaria, che auspica piuttosto una alleanza con l’�ultra-sinistra�. Ora tutto dipender� da Schlein e Conte, che assicura: �Il dialogo � ancora aperto�. Ma mentre Pd e M5S discutono, Cirio � gi� in campagna elettorale (Gabriele Guccione).
Umbria, maxi test locale per scegliere chi sfider� Tesei
L’effetto Sardegna sta sparigliando le carte anche in Umbria. Qui le elezioni regionali sono un traguardo lontano — fine ottobre, fine novembre — ma in mezzo c’� l’appuntamento delle comunali di giugno. Parliamo di 62 Comuni coinvolti su 92. Un test che, il 10 giugno, potr� rimescolare le carte all’istante, facendo ricominciare i piani tutti dal principio. In ogni caso i motori per ottobre si stanno scaldando lo stesso. A destra per ottenere una riconferma. A sinistra per studiare una rinascita. A capo dell’Umbria oggi c’� Donatella Tesei, leghista, alla sua prima consiliatura. Arriv� ai vertici della regione quando il Pd registrava i suoi minimi storici, arresti che sconquassarono l’Umbria e travolsero la presidente Katiuscia Marini.
Fu un vero e proprio terremoto politico e i dem ne furono scossi, cos� adesso vogliono ricostruire le fondamenta di una terra con alle spalle una lunga storia rossa. La ripartenza della sinistra � dal campo largo stile Sardegna che in queste ore a Perugia, per le comunali, � diventato larghissimo: attorno alla candidata sindaca si sono stretti anche Azione e met� di Italia viva, che hanno trovato coesione attorno al nome di Vittoria Ferdinandi, che gestisce un ristorante dove lavorano ragazzi che soffrono di disturbi mentali ed � stata premiata da Mattarella per le �pratiche di inclusione sociale per i malati psichiatrici�.
A destra dopo l’esperienza sarda vale una linea: squadra che vince non si cambia. La battaglia politica nazionale su Donatella Tesei � risolta. Dalla base locale, dopotutto, il segnale politico era gi� partito forte e chiaro. Dice Fiammetta Modena, coordinatrice provinciale di Forza Italia: �I nostri congressi provinciali hanno approvato la stessa mozione: riconfermare tutti gli amministratori locali. Per le elezioni comunali � gi� successo praticamente ovunque. Vale anche per le regionali�. A sinistra devono mettere a fuoco le regole d’ingaggio: un candidato civico? O un politico? Con l’esperienza di Walter Verini o Marina Sereni? Ma anche di Anna Ascani o di Camelli Laureti? Bisogner� vedere che cosa succede a giugno, che risultati porteranno a casa gli esponenti della societ� civile. Se saranno buoni, in pole sembra esserci la sindaca di Assisi, Stefania Proietti (Alessandra Arachi).
Veneto, o un altro Zaia o cambia tutto
Dopo Luca Zaia, solo Luca Zaia. Cos� dicono i leghisti, che non intendono rinunciare al loro presidente, il pi� votato della storia del Veneto. Alle elezioni del 2020 prese il 77% dei voti ed era gi� alla terza candidatura, dopo quella del 2010 (quando la Lega riusc� a strappare la Regione a Forza Italia) e quella del 2015. Ecco perch� per lui � improprio parlare di �terzo mandato�, sebbene sulla sua figura sia ritagliata la norma che la Lega sta facendo di tutto per approvare in Parlamento, pronta a tornare alla carica in Aula dopo la bocciatura in commissione dell’emendamento al decreto Election day da parte degli alleati, oltrech� delle opposizioni: �Per me Zaia pu� governare per 200 anni ma va fatta una riflessione sugli assetti istituzionali al di l� dei partiti e dei singoli� ha ribadito ieri Giovanni Donzelli di FdI. Dall’esito di questo braccio di ferro dipende lo scenario del voto veneto tra la fine del 2025 e l’inizio del 2026. Se Zaia potr� ripresentarsi per la quarta volta, grazie al tecnicismo per cui dal conteggio dei mandati � escluso il primo, sar� difficile per i partiti perfino trovare qualcuno da opporgli.
I sondaggi dicono che il suo apprezzamento nell’elettorato resta altissimo e nessuno intende proseguire la china presa dai suoi sfidanti: (29% Giuseppe Bortolussi nel 2010; 22% Alessandra Moretti nel 2015; 15% Arturo Lorenzoni nel 2020). Se invece il ritocco ai mandati non passer�, si assister� al cambio di un’era. FdI, che oggi non governa alcuna Regione al Nord, rivendicher� la presidenza, facendo leva sul ribaltamento di forze gi� visto alla Politiche. I nomi in pole sono quelli del ministro delle Imprese Adolfo Urso (come Zaia planerebbe a Venezia direttamente dal governo), del coordinatore regionale del partito e senatore Luca De Carlo e dell’imprenditore Matteo Zoppas, ora presidente dell’Ice. Nel centrosinistra, che ha ripreso entusiasmo dopo la vittoria in Sardegna, i pi� accreditati sono il segretario regionale del Pd e senatore Andrea Martella e il sindaco di Vicenza Giacomo Possamai. Difficile che il M5S possa ambire a ruoli da protagonista, visti i risultati in Veneto, mentre � una variabile Carlo Calenda, che a Nordest godette di vasti consensi come ministro dello Sviluppo economico, poi capitalizzati con 280 mila preferenze alle Europee del 2019 (Marco Bonet).
Campania, De Luca e la battaglia per il tris
In Campania si voter� tra la fine del 2025 e l’inizio del 2026. Ma Vincenzo De Luca � gi� in campagna elettorale. Il new deal � sulle barricate. Ha sfilato e litigato sotto i palazzi romani, ha tappezzato di manifesti contro il governo e con logo della Regione tutta la Campania, ha insultato Giorgia Meloni, spara ad alzo zero un giorno s� e l’altro pure contro tutti e tutto. Sul terzo mandato scrolla le spalle e dice che � un dibattito che non lo riguarda. Anzi �� demenziale�. Perch� in Campania il terzo mandato si �pu� fare tranquillamente non avendo recepito la legge nazionale� sul tetto dei due mandati. Questa � la linea. Per molti giuristi rischiosa, perch� potrebbe essere impugnata. Ma De Luca tira dritto. E aspetta le Europee. Per capire se si dovr� candidare (perch� su questo tra i suoi non ci sono dubbi) nonostante o senza il Pd. Che ringalluzzito dal voto sardo gi� dice: �E ora De Luca come Soru�. Dopo la vittoria di Alessandra Todde, del campo largo Pd-M5S, il pensiero � corso subito alle elezioni campane.
In Campania il centrosinistra unito non � un’eventualit�, ma quasi un obbligo. Napoli, infatti, � il laboratorio nazionale dell’alleanza Pd-5 Stelle con anche la stampella dei renziani. Se non si vuole mettere in crisi la giunta del Comune sar� inevitabile trasferirla a livello regionale. Quindi � una strada tracciata. E da mesi lo ripetono il dem Marco Sarracino e il pentastellato Roberto Fico, il duo politico degli accordi, da Napoli fino a quello umbro. In questo quadro De Luca e il terzo mandato sono l’impiastro vero per i dem a trazione Schlein che vogliono allargare la coalizione. Senza contare una variabile non trascurabile, Gaetano Manfredi. Il sindaco di Napoli, infatti, potrebbe essere il candidato del centrosinistra allargato alle Regionali. Anche se i pentastellati ci sperano, con Sergio Costa in pole e Roberto Fico nei box causa tetto dei due mandati. Dinanzi a un ingombrante uscente come De Luca e alle guerre dem il centrodestra scalda i motori. Tra i nomi che circolano da tempo ci sono quello del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e dell’europarlamentare di Forza Italia Fulvio Martusciello. La vera carta coperta sarebbe per� Sergio Piantedosi. Il ministro dell’Interno seppur in quota Lega, pare abbia successo anche nelle file meloniane (Simona Brandolini).
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