Tv o telefono rotti? Più garanzia, meno costi Cosa prevede il «diritto alla riparazione» Ue

Guerra aperta ai rifiuti elettronici. Una battaglia che l'Europa sta portando avanti da tempo, ma che sembra essere giunta a una tappa importante. Consiglio e Parlamento Europeo hanno infatti raggiunto un accordo provvisorio sulla direttiva relativa al diritto alla riparazione.
Un passo per certi versi storico, che mira a cambiare il rapporto che tutti noi abbiamo maturato con i vari dispositivi elettronici, specie i grandi elettrodomestici. Ci siamo infatti abituati alla dinamica per la quale è spesso più conveniente comprare un prodotto nuovo anziché far riparare quello in nostro possesso. Ed è proprio su questa abitudine che Bruxelles cerca di intervenire.
Diritto alla riparazione: cosa prevede la nuova direttiva
Innanzitutto sono stati messi nel mirino i produttori di elettronica. Questi saranno infatti obbligati, nei propri siti web, a fornire informazioni sui pezzi di ricambio e, soprattutto, a renderli disponibili anche ai centri assistenza di terze parti (a prezzi ragionevoli). Un'iniziativa in parte già messa in piedi da Apple con il Self Service Repair, attivo anche in Italia.
Il problema del costo e della disponibilità dei pezzi di ricambio è cosa nota, soprattutto in relazione ai grandi elettrodomestici. Sostituire una scheda elettronica di una lavatrice o di una lavastoviglie costringe spesso a un'odissea, anche rispetto alle tempistiche richieste dalle case madri. Non a caso il testo della direttiva richiede ai produttori di effettuare le riparazioni entro un tempo ragionevole e, soprattutto, a prezzi ragionevoli. In questo modo noi consumatori dovremmo essere maggiormente incentivati a far riparare il prodotto anziché sostituirlo con un nuovo. Ma non è tutto.
Un sistema di questo tipo vedrà infatti maggiormente coinvolti i piccoli riparatori. Questi potranno adottare un modulo standardizzato (facoltativo) a livello europeo per indicare, nero su bianco, le condizioni necessarie per riparare il dispositivo (tempistiche, costi etc.), che diventeranno vincolanti per 30 giorni. Per intenderci: vi recate in un centro assistenza per mettere a posto la lavatrice, il tecnico sceglie di adottare il modulo in questione e vi indica un costo di 100 euro e 14 giorni di attesa. Tempistiche ed esborso non potranno discostarsi da questi.

Chiariti questi aspetti, la palla passa a noi consumatori. Davanti a un prodotto che non funziona, ma che è ancora coperto da garanzia, potremo scegliere la riparazione, ricevendo ben 12 mesi in più di garanzia, che decorreranno dal momento in cui il prodotto verrà messo nuovamente in funzione.
Al di là di questo aspetto, saremo chiamati a un vero e proprio cambio culturale. La direttiva eliminerà infatti anche il divieto di utilizzo di pezzi di ricambio di seconda mano e di componenti stampati in 3D. Una grande risorsa soprattutto per i prodotti particolarmente datati, magari fuori produzione, ma che potrebbero serenamente continuare a funzionare semplicemente sostituendo dei pezzi. Il punto è: saremo disposti a farci riparare il frigorifero con una componente di seconda mano anziché comprarne uno nuovo?
La situazione dei rifiuti elettronici in Italia dovrebbe spingerci ad abbracciare questo cambiamento. Nel riciclo di queste componenti ci collochiamo al quartultimo posto in Europa, raccogliendo circa la metà di quanto dovremmo per essere in linea con gli obiettivi Ue. In media, in Italia si raccolgono 8 chili di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) pro capite, contro i 12 chili di Francia, Germania e Olanda e i 10 chili e mezzo della media europea. Un problema non da poco.
Rimangono comunque tanti nodi da sciogliere. Il concetto di «prezzo ragionevole» è tutto da definire, così come quello di «tempistiche ragionevoli». Ne sapremo certamente di più nei prossimi mesi, quando Consiglio e Parlamento Europeo dovremmo giungere a una versione finale della direttiva.
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