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La morte di Haiyeh tra nuove piste e ricostruzioni imperfette. Il Nyt:«La bomba nascosta due mesi fa»
La terza. L’esecuzione. Le autorità locali, fino a poche ore fa, hanno avvalorato la tesi di un raid con un proiettile «volante» e mercoledì sottolineavano proveniente «dall’esterno» del paese. Descrizione vaga. Un drone? Un missile? Un quadrocopter che ha ha trasportava una carica? Qualche osservatore, esaminando le foto della palazzina e la posizione geografica con alta collina nelle vicinanze, non hanno escluso il ricorso ad un sistema anticarro sparato da una posizione vantaggiosa.
Tra i primi ad accorrere sulla scena Khalil al Haya, altro esponente di Hamas, che avrebbe visto il corpo senza vita di Haniyeh. Poco dopo sarebbe stato informato il generale Ismail Ghaani, comandante della Divisione Qods dei pasdaran, la sponda militare delle fazioni amiche. A sua volta l’ufficiale ha contattato l’ayatollah Khamenei per informarlo di quanto era avvenuto attorno alle due di notte. Quattro ore dopo i «guardiani» hanno dato la notizia.
È sempre difficile trovare conferme immediate in vicenda come questa ed è abbastanza frequente la diffusione di ricostruzioni imperfette. Chi ha ucciso vuole proteggere il più possibile il modus operandi ed eventuali complicità. Al tempo stesso ha l’interesse ad insistere sugli errori dell’avversario per alimentare frizioni e polemiche sui buchi nella sicurezza. Chi ha subito il colpo deve mascherare responsabilità, carenze e scegliere la tesi meno dannosa oppure più utile in quel momento. Attorno la cortina fumogena di false piste e rivendicazioni, un classico fin dagli anni ’70-’80 in molti omicidi mirati.
Tra i primi ad accorrere sulla scena Khalil al Haya, altro esponente di Hamas, che avrebbe visto il corpo senza vita di Haniyeh. Poco dopo sarebbe stato informato il generale Ismail Ghaani, comandante della Divisione Qods dei pasdaran, la sponda militare delle fazioni amiche. A sua volta l’ufficiale ha contattato l’ayatollah Khamenei per informarlo di quanto era avvenuto attorno alle due di notte. Quattro ore dopo i «guardiani» hanno dato la notizia.
È sempre difficile trovare conferme immediate in vicenda come questa ed è abbastanza frequente la diffusione di ricostruzioni imperfette. Chi ha ucciso vuole proteggere il più possibile il modus operandi ed eventuali complicità. Al tempo stesso ha l’interesse ad insistere sugli errori dell’avversario per alimentare frizioni e polemiche sui buchi nella sicurezza. Chi ha subito il colpo deve mascherare responsabilità, carenze e scegliere la tesi meno dannosa oppure più utile in quel momento. Attorno la cortina fumogena di false piste e rivendicazioni, un classico fin dagli anni ’70-’80 in molti omicidi mirati.