Migranti sfruttati nei campi tra Siena e Grosseto: pagati 97 centesimi l'ora

diSimone Innocenti

L’operazione dei carabinieri di Piombino: nove arresti. I migranti venivano prelevati dal Cas di Piombino e portati a lavorare dieci ore al giorno per pochi spiccioli. I racconti: «Dovevo lavorare per mandare i soldi a casa»

Il cuore di tutta questa inchiesta sul caporalato è in cinque frasi: «In Bangadlesh ho lasciato i miei genitori e tre, fra sorelle e fratelli. Mio padre vende la frutta e il suo guadagno non è sufficiente per poter sfamare tutti, così ha venduto il terreno che aveva per 15 mila euro. Quei soldi sono serviti a me per venire in Italia con un viaggio durato 11 mesi, quasi tutti trascorsi in Libia dove ho dovuto pagare alla mafia locale 15 mila euro». Le frasi le pronuncia ai carabinieri della Compagnia di Piombino e ai militari del Nucleo ispettorato di Livorno uno dei 67 operai sfruttati, tutti extracomunitari come i suoi dieci presunti sfruttatori. Uno di quelli che pregava per essere prelevato dal CAS Le Caravelle di Piombino e per andare a lavorare, sotto pagato, più di 10 ore al giorno, senza visita medica, senza attrezzatura, senza pausa pranzo. Perché doveva mandare i soldi a casa.

Di racconti del genere — in questa inchiesta che ha portato in carcere nove pakistani, residenti tra Grosseto e Siena mentre un decimo è ricercato all’estero — sono fitte le pagine dell’ordinanza. La Procura — che ipotizza, a vario titolo, i reati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro — le ha raccolte tra le carte dell’inchiesta. «Devo andare a lavorare perché ho necessità di spedire i soldi a casa: i miei genitori sono malati. In un anno e mezzo ho spedito mille euro», dice una delle vittime che aveva sì un contratto regolare ma che spesso doveva chiedere i soldi, anche se era sottopagato. A scoprire questa realtà sono stati i carabinieri che — dal maggio scorso — si sono messi a controllare il gruppo di pakistani finiti sotto inchiesta: sei sono titolari di ditte, altri quattro sono gli «autisti». Quelli che andavano a prelevarli al CAS, risultato estraneo all’inchiesta, come poi è risultato anche dai droni che i carabinieri hanno usato per filmare le angherie. Tutto per i soldi da spedire alle rispettive famiglie. Soldi che spesso non arrivavano: «Sono trascorsi due mesi e siamo al terzo mese. Per favore mandi i soldi ai ragazzi?», chiede uno degli ospiti del CAS che un gruppo di indagati impiegava per controllare i «dipendenti». 

Stipendi da fame: si andava dai 97 centesimi a 7 euro l’ora.
Per dieci ore di fila. «Ho acquistato un paio di scarpe robuste in un negozio di cinesi a Follonica», mette a verbale una delle vittime quando gli chiedono quali strumenti di lavoro fossero forniti ai dipendenti che non erano sottoposti a visita medica. L’alternativa erano sì scarpe più robuste «ma se le volevamo ci avrebbero trattenuto 30 euro sulla busta paga», racconta un’altra delle vittime. «Poveretti, hanno smesso di lavorare: sta piovendo e non hanno nessuna attrezzatura», spiega al telefono il titolare di un’azienda agricola al titolare di una ditta, che è intercettato.

Impiegati nella raccolta delle olive e dei pomodori o anche nelle pulizie delle vigne tra le campagne della provincia di Grosseto e di Livorno, avevano solo un obiettivo: produrre. «Non possono fare pausa, digli che possono prendere 10 minuti per pranzare», dice — intercettato — uno degli indagati ai quali i carabinieri hanno sequestrato 45 mila euro come versamenti Inps non pagati. E se «questo lavoro è venuto male è perché hanno già lavorato 10 ore, domani vediamo come lavorano, altrimenti ne chiamiamo altri», dicono gli indagati al telefono. «Se mi chiamano i carabinieri gli dico tutto, che non mi danno l’acqua e che non mi danno da mangiare, vengono a prendermi alle cinque del mattino e mi riportano alle otto di sera», si sfoga una delle vittime. Il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, plaude all’operazione dei carabinieri. Il Governo si scontra con opposizione e sindacati anche su questo tema. Nessuno che si preoccupi di parlare con chi è stato sfruttato. 

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30 aprile 2024

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