Chi ha fatto i complimenti a Putin, dopo le elezioni, e che cosa significa per la guerra in Ucraina (e il destino dell’Europa)

di Federico Fubini

Nella guerra, per Putin, non c’� in ballo solo il destino di alcune regioni ucraine: ma la formazione di schieramenti contrapposti. Sembra per� che diversi governi europei non l’abbiano capito: e l’esitazione presente potrebbe pesare, enormemente, sul futuro

Chi ha fatto i complimenti a Putin, dopo le elezioni, e che cosa significa per la guerra in Ucraina (e il destino dell’Europa)

L’enormit� della sfida per l’Europa nell’aiutare l’Ucraina si legge, in trasparenza, nella geografia delle risposte dei giorni scorsi al rito elettorale in Russia.

L’India, pragmaticamente, si � congratulata quasi subito con il suo nuovo, grande fornitore di petrolio sottocosto. E cos� hanno fatto i suoi acerrimi nemici del Pakistan, ma anche l’Arabia Saudita con cui Mosca si coordina sui prezzi del greggio nell’�Opec Plus�, gli Emirati Arabi Uniti che custodiscono le fortune indisturbate degli oligarchi russi, la Turchia che della Russia triangola l’import sotto sanzioni e anche l’Algeria, che ormai riveste un ruolo strategico nel sostituire la Russia stessa assicurando vaste forniture di gas all’Italia e all’Europa. Su Cina, Iran, Corea del Nord, Siria, Cuba o Venezuela poi � appena il caso di dire: piene e immediate felicitazioni per la quinta incoronazione elettorale di Vladimir Putin.

Altri Paesi sono arrivati appena dopo e un po’ pi� timidamente a far avere i loro complimenti al Cremlino: per esempio il Qatar che gioca sempre su pi� tavoli, oppure il Mali infiltrato da Wagner.

Ci sono poi i silenzi eloquenti dei due sensi, come quelli della Serbia (unico Paese europeo a non condannare la farsa elettorale) o della Mongolia (unico Paese confinante a non complimentarsi con Putin, al netto dell’Ucraina e degli Stati europei).

Infine, le condanne che non erano scontate: come quella, per la prima volta, di Benjamin Netanyahu da Israele che sei anni fa era stato fra i primi a congratularsi con Putin (come invece l’altro ieri ha fatto l’Autorit� nazionale palestinese).

La mappa delle reazioni alla conferma dell’autocrate del Cremlino, composta con lucidit� e rigore dalla rivista �Grand Continent�, fa saltare all’occhio come la posta in gioco della guerra in Ucraina vada ben oltre l’Ucraina stessa. In gioco � il formarsi di quelli che somigliano sempre pi� a schieramenti contrapposti, oltre naturalmente - come osserva il presidente del Centro studi internazionali Andrea Margelletti - all’aspirazione della Russia di proporsi come potenza dominante in Europa.

Qualunque decisione dell’Europa in queste ore sul sostegno militare all’Ucraina deve ripartire da qui.

Non per questo tuttavia quanto accade sul terreno diventa meno rilevante. In febbraio la Russia ha conquistato appena 114 chilometri quadrati di territorio ucraino al costo astronomico, pagato con apparente indifferenza, di 500 mezzi corrazzati perduti. A questo punto, fra esercito ufficiale e compagnie private come Wagner, dall’inizio della guerra Putin ha gi� perso – secondo le stime del Cesi – circa 385 mila uomini. Il rapporto fra morti e feriti dovrebbe essere di circa uno a quattro e ci� significa che il governo di Mosca deve aver gi� pagato in indennizzi alle famiglie per quasi 20 miliardi di euro, dunque pi� dell’uno per cento del prodotto lordo russo: le famiglie dei morti ricevono circa 80 mila euro fra indennit� e assicurazione, quelle dei feriti fra trenta e 50 mila euro.

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Niente di tutto questo significa che lo sforzo russo sia in esaurimento
. N� che Putin debba per forza ricorrere a una nuova massiccia mobilitazione, perch� per ora gli basta quella strisciante da diecimila o ventimila al mese fra volontari pagati duemila euro al mese, carcerati o persino carcerati stranieri (la Duma ha appena approvato una legge in proposito). Dunque la pressione sul campo di battaglia resta. E aumenter� in primavera. La stessa massiccia presenza di militari di Mosca nelle zone di combattimento, la crescente raffinatezza tecnologica dei droni venduti dagli iraniani ai russi, che ormai colpiscono anche obiettivi mobili con chip e sistemi di riconoscimento ottico, l’industria di guerra a pieno regime, pi� il contributo logistico e di supporto di personale straniero ben pagato nel teatro ucraino – fra cubani, caucasici, serbi e persino indiani – fa pensare che Putin si prepara a spingere ancora di pi� sulla linea del fronte. Del resto le domande di Mosca, nei canali sotterranei di contatti fra le parti, resterebbero sempre uguali: non solo il riconoscimento delle quattro regioni aggredite quali parte del territorio russo, ma soprattutto la �denazificazione� e la �smilitarizzazione� dell’Ucraina; in altri termini, un regime fantoccio al posto della leadership di Volodymyr Zelensky in un Paese indifeso e non integrato, a nessun livello, con l’Occidente.

La vera posta in gioco non sono dunque solo le quattro regioni del Donbass: ancora pi� importante per il Cremlino � la zombificazione dell’Ucraina, la sua trasformazione in una seconda Bielorussia, quale tappa fondamentale della riscrittura in chiave autocratica e anti-occidentale dell’ordine europeo e internazionale. E il reticolo delle congratulazioni a Putin dopo la sua grottesca rielezione dimostra che molti leader mondiali l’hanno capito.

Si direbbe tuttavia che non sia cos� per i governi europei. Non sempre. O almeno che questi stiano facendo molto meno del necessario per educare le loro opinioni pubbliche alla nuova realt�. Franklin Delano Roosevelt impieg� anni di accorta strategia politica per far capire alla societ� americana che la minaccia nazista l’avrebbe obbligata ad uscire dal suo isolazionismo. Oggi Emmanuel Macron sar� forse criticabile per i modi e le oscillazioni nei suoi messaggi, ma pochi altri leader europei oggi stanno davvero cercando di far capire all’opinione pubblica cos’� in gioco. La stessa proposta del leader francese di lanciare delle emissioni europee di bond va nella stessa direzione. Altri sembra quasi che sperino ancora svegliarsi un mattino e scoprire che l’incubo � andato via.

Cos� i governi europei restano profondamente esitanti, anche solo all’idea di esplorare ipotesi di costruire sistemi legali per espropriare e dare all’Ucraina gli oltre 300 miliardi di dollari delle riserve sovrane russe congelate.

Si scopre anche che le imprese europee della difesa non hanno ancora ricevuto quegli ordinativi robusti sulle munizioni – il primo fattore mancante per Kiev – che consentirebbero all’industria di lanciare gli investimenti necessari. E che Italia, Francia e Germania collaboreranno s� per un nuovo tank Leopard: ma sar� pronto magari per la prossima guerra.

Invece dobbiamo ancora fare i conti con questa. Perch� Putin li ha gi� fatti.


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21 marzo 2024 (modifica il 21 marzo 2024 | 18:44)

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