
Ha un visto di lavoro ma allo sbarco lo revocano. Così un ragazzo tunisino da giorni è prigioniero sul traghetto
Ha pagato regolare biglietto, aveva un visto di lavoro di un anno in tasca, ma da giorni è tenuto prigioniero nella cabina di una nave, che le autorità italiane gli impediscono di lasciare. È un incubo quasi kafkiano quello in cui è precipitato M.,un ragazzo tunisino di 24 anni, arrivato domenica scorsa a Palermo. Ma la città l’ha potuta vedere solo dal ponte della nave.
Ancor prima di scendere, “per motivi assolutamente sconosciuti e che nessuno si è preso il disturbo di comunicare”, dice l’avvocato Gaetano Pasqualino, il visto gli è stato revocato e per lui è stato emesso un decreto di espulsione. Da allora è chiuso nella cabina di una nave della Gnv, piantonato dalle forze di polizia, senza poter comunicare con nessuno, se non tramite messaggi di testo. Non gli è stato permesso di fare richiesta di protezione o asilo – come gli spetterebbe per legge – non ha potuto parlare direttamente con il suo legale.
“Siamo di fronte a un respingimento affidato alla Gnv”, denuncia il legale. La nave che attualmente sta coprendo la tratta Termini Imerese-Civitavecchia, domenica tornerà in Sicilia, per poi far rotta verso la Tunisia. Secondo le autorità, al ragazzo dovrebbe essere permesso di lasciare la nave solo lì.
La sorella, che dalla Francia ha chiesto aiuto a associazioni e legali, è disperata. Il ragazzo non sta bene, ha un rene solo e deve seguire un’alimentazione particolare e assumere regolarmente una terapia. Ma nulla di tutto ciò gli viene permesso. “Le sue condizioni stanno rapidamente peggiorando”, avverte l’avvocato Pasqualino, che con due pec ha informato la Questura di Palermo, il Viminale, Grandi navi veloci e per conoscenza il Garante nazionale e quello regionale per le persone private della libertà personale. Al momento, nessuno ha risposto.
Stando alle prime parziali informazioni, il ragazzo sarebbe vittima di truffa. Ha venduto tutto quello che aveva per seguire dei corsi di formazione propedeutici proprio ad un lavoro in Italia con regolare permesso. Ma a quanto pare, in realtà quel pezzo di carta è solo un falso. Uno schema che ricorda molto i progetti patacca con cui sono stati illusi centinaia di tunisini, arrivati nel ragusano sicuri di avere una casa e un alloggio e finiti per strada.

“Circostanze che lui vuole denunciare. È disposto a fornire nomi, documenti, illustrare in dettaglio i fatti. Anche solo per questo avrebbe diritto a un permesso di soggiorno per motivi di giustizia”. Ma è prigioniero di una nave da cui nessuno vuol farlo scendere. E le sue condizioni sanitarie peggiorano. “È necessario farlo sbarcare subito, prestargli immediate cure mediche, permettergli di spiegare le sue ragioni e garantirgli tutte le tutele necessarie – tuona l’avvocato – siamo di fronte ad un trattenimento di fatto affidato a un privato”