Un socio a Dubai e piani italiani per la Maison Temperley che veste i reali
Il Club deal azionisti British
«Ho fondato la maison con mio marito vent’anni fa, ma ai manager inglesi della moda, con poche eccezioni, manca un’esperienza globale. E non volevo un francese, cercavo un professionista italiano col quale ripensare l’assetto organizzativo», così Alice Temperley spiega la scelta di Donnini.
Come si è arrivati invece alla trattativa con Times Square, e quali i piani? «Dopo due anni di trattative siamo alla firma di un accordo che apre il capitale a Times Square Llc, gruppo di famiglia di Dubai, già partner per il Medioriente di diverse case di moda, come l’italiana Furla o Manolo Blahnik oltre a Zadig &Voltaire, e proprietario di spazi retail. Il primo step in estate è stata l’acquisizione da parte di Times Square del nostro store di Dubai. Adesso il gruppo guidato da Ritesh Punjabi entrerà con la quota di maggioranza nella Maison iniettando nuove risorse per grandi progetti».
Temperley London è nato come progetto condiviso da aristocrazia del denaro o di sangue, molto British. Quale sarà il nuovo assetto?
«La Maison di Alice è nata con il sostegno di un vero e proprio club deal, circa 80 azionisti al 90% britannici che la sostengono dall’inizio e resteranno tutti, con piccole quote dal 5% allo 0,1% nel capitale della casa di moda, che con il nuovo azionista può pensare in grande in uno scenario globale»
Com’è distribuita Temperley e quali sono i piani?
«La Maison conta ora punti vendita fisici a Somerset fuori Londra dove abbiamo trasferito anche il quartier generale, il negozio di Chelsea a Londra e quello di Dubai: fatturato di dieci milioni di sterline con il piano di crescere a doppia cifra. E presto apriremo un nuovo store ad Abu Dhabi e lavoriamo a una nuova grande apertura a Mayfair, il salotto di Londra».
I piani da Abu Dhabi a Mayfair
Con quale investimento?
«Investiremo 700 mila sterline per le vetrine ad Abu Dhabi e oltre un milione per il nuovo flagship a Londra dove presenteremo anche arredo casa e lifestyle. E continuiamo a credere sull’Europa con il piano di aprire in Italia, a Milano o Roma. Poi, rotta sugli Usa».
Entrato in Temperley, ha allargato ad accessori e pelletteria affidandosi a laboratori in Toscana, centralizzando a Verona logistica e fornitori, con laboratori italiani per maglieria e denim. Quali altri piani sull’Italia? «Le sete degli abiti da sera Temperley, da tempo sono comasche. Ora l’Italia sarà al centro di tutta la strategia di produzione: capispalla in Emilia Romagna, regione che conosco bene per gli anni in Max Mara, alta maglieria in Veneto, pelletteria in Toscana e Marche. Il resto della produzione nel Regno Unito, dove attorno a Somerset l’azienda si appoggia a storiche manifatture: qui ci sono il cuore creativo, prototipia e marketing».
Lei resta ceo e la fondatrice Alice, l’anima e il direttore creativo, con un nuovo azionista.
«Non solo, restiamo azionisti nella società, con il 10% ciascuno soggetto a crescere con le performance della Maison».