Sea Watch:“Senza le navi ong e con i libici che sparano oggi più che mai in mare si rischia la vita”

«Torniamo a parlare di naufragi, ma quello che mercoledì è costato la vita a cinquanta persone almeno è solo l’ultimo . Dal 2017 si è deciso che l’unica politica per il Mediterraneo è la deterrenza, al prezzo delle vite di chi lo attraversa. Il governo Meloni ha dato l’ultimo giro di vite». Di Sea Watch, Luca Marelli è uno degli “spotter”. Dall’aereo Sea bird monitora il Mediterraneo, segnala le imbarcazioni in difficoltà, fin troppo spesso si trova a documentare le intercettazioni dei libici. «Non più tardi di qualche settimana fa abbiamo visto le motovedette interrompere un salvataggio di Humanity 1, anche con spari in acqua. Inevitabilmente si è creato il panico, i naufraghi si sono lanciati in mare pur di non essere riportati indietro, si è creata un’inutile situazione di rischio».

In Italia la nave è stata fermata, come Sea Watch poco dopo.

«Ed esattamente per la stessa ragione: mancato coordinamento con la cosiddetta Guardia costiera di Tripoli. Ma da mesi documentiamo aggressioni e per le navi di soccorso operare è sempre più difficile».

L’atteggiamento dei libici ha portato a una riduzione dei flussi?

«Assolutamente no, perché non sono cambiate le ragioni che spingono le persone a partire. Al massimo si modificano le rotte. In assenza di canali legali e sicuri, all’aumento delle politiche di frontiera, si risponde con rotte nuove, magari più pericolose e nascoste. Sono diminuite le partenze dalla Tunisia, ma sono cresciute quelle dalla Libia dove vediamo di nuovo vecchie barche di legno a due ponti, su cui capita spesso che le persone muoiano schiacciate dalla calca, avvelenate dai fumi o rimangano incastrate se si ribaltano».

Il Mediterraneo è diventato più pericoloso?

«Dal 2014 contiamo più di 25mila morti, più di 2.300 solo nell’ultimo anno. E mentre aumenta l’operatività e il sostegno ai libici, le navi ong vengono bloccate»

Questo ha influito sull’aumento delle vittime in mare?

«Il Mediterraneo è un’equazione. Se togli le navi di soccorso dall’area operativa con i fermi voluti dal decreto Piantedosi e le obblighi a raggiungere porti lontani, imponi limiti all’operatività della Guardia costiera italiana, aumenti la presenza dei libici, sovvenzionati dall’Italia e dall’Ue, disincentivi l’intervento dei mercantili, il mare rimane vuoto. E il risultato è solo uno: più morti».

Sulle navi umanitarie però sono arrivati in Italia solo il 12 per cento dei migranti soccorsi.

«Siamo soprattutto testimoni scomodi. Dall’introduzione del codice di condotta del 2017 si è cercato di limitare il lavoro delle ong per permettere alla Guardia costiera libica di fare il lavoro sporco e riportare indietro chi da lì stava tentando di scappare. Di fatto, si tratta di respingimenti».

Per la Cassazione sono un crimine

«Se ne dovrebbero accorgere anche le autorità che continuano a fermare la nostra e altre navi. Non è la prima sentenza, anche quella che ha assolto Carola Rackete affermava lo stesso principio. Aspettiamo di vedere gli effetti concreti».