Tornano le api negli Usa, apocalisse rinviata

Gioite, esultate: le api son tornate! Il lieto evento � accaduto qui in America. Gli esperti censiscono un aumento di un milione di �colonie� (alveari) di api in soli cinque anni. Sicch� il totale delle comunit� di questi insetti � balzato a 3,8 milioni. Dal censimento precedente del 2007, le api risultano essere la specie animale in pi� forte aumento sul territorio degli Stati Uniti. I dati vengono dalla fonte pi� autorevole, il Dipartimento dell’Agricoltura. Ci sono punte di ripopolamento delle api dell’ordine del 100% in alcune zone come il Texas, il Missouri, il Vermont.

Ma non dovevano essere in via d’estinzione? La scomparsa delle api ci era stata annunciata come uno dei (tanti) segnali dell’Apocalisse imminente. In effetti c’era stato un preoccupante ciclo di spopolamento, il cui apice era stato registrato tra il 2006 e il 2007. L’ecatombe delle api era stata imputata ai soliti noti: inquinamento, cambiamento climatico, industrializzazione, urbanizzazione, crollo della bio-diversit�. Insomma: �l’antropocene� (era geologica cos� battezzata perch� segnata dall’impatto decisivo della specie umana) e tutto il male che noi stiamo infliggendo al pianeta.

La ritirata delle api era diventata anche uno degli aneddoti di contorno alla grande teoria sulla �sesta estinzione�, pubblicizzata da un best-seller della giornalista ambientalista Elizabeth Kolbert: un affresco sulla rapida scomparsa di specie viventi dal pianeta, sempre provocata dai malvagi e distruttivi esseri umani. In passato, confesso di essere stato affascinato e angosciato dal libro della Kolbert, che citai diffusamente in uno dei miei (L’et� del caos, 2015).

Ma ora che l’ecatombe delle api si � rivelata un fenomeno temporaneo e reversibile, dovremmo affrontare con una punta di scetticismo e razionalit� anche le teorie pi� vaste e onnicomprensive sull’Apocalisse? La stessa Elizabeth Kolbert ha lanciato segnali di autocritica, quando � emerso che il trend di scomparsa di specie viventi � meno netto e meno univoco di quanto sembrasse.

Il felice ritorno delle api come minimo consiglia un po’ di prudenza aggiuntiva quando si ascoltano profezie millenariste sulla fine imminente del pianeta, o della vita umana. Anche le api dovevano essere arrivate alla loro Ultima Generazione. Invece no. Ci saranno titoloni cubitali per celebrare la buona notizia? Oppure le buone notizie vanno censurate, per non disturbare la narrazione politicamente corretta, sul Giudizio Universale che si avvicina? C’� qualcosa nell’aria del nostro tempo – a parte la CO2 – che sembra renderci impermeabili alle buone notizie e desiderosi di immergerci in un cupo pessimismo. Come nel Medioevo anche oggi i predicatori della fine del mondo hanno un mercato illimitato; e quando sbagliano previsioni godono di un’indulgenza plenaria.

Il ritorno delle api evoca una citazione storica che riguarda questo giornale: proprio sul Corriere della Sera il grande poeta Pier Paolo Pasolini scrisse un editoriale sulla scomparsa delle lucciole in Italia, decimate dall’inquinamento. Era il primo febbraio 1975. Quell’articolo parlava soprattutto di fascismo, potere democristiano, industrializzazione. Si concludeva con un’invettiva: �Darei l’intera Montedison per una lucciola�. La Montedison, colosso della chimica, era un simbolo dei guasti dell’industrializzazione nel boom della ricostruzione post-bellica: vedi il vasto complesso petrolchimico di Porto Marghera. Ma decenni dopo quell’editoriale di Pasolini le lucciole sono riapparse a popolare le notti estive in Italia. L’inquinamento ne aveva uccise o allontanate molte. Poi la situazione dell’inquinamento cominci� a migliorare, e il risanamento atmosferico ha reso i cieli d’Italia nuovamente �abitabili� per le lucciole. La storia, anche quella ambientale, non procede a senso unico.