Cosa è successo a Simona Quadarella fuori dal podio nei 1500:«Ho caricato di aspettative e tensioni». Immensa Ledecky

diArianna Ravelli, inviata a Parigi

Come a Tokyo, Simona Quadarella manca nella sua gara preferita, i 1500. Ma immensa Ledecky, all'ottavo oro in 4 Olimpiadi. «Per  me il nuoto non è mai stato un dolore, ma un piacere»

Una delle vittorie più facili viste qui a Parigi, il segno di un dominio che resterà nella storia sotto il nome di Katie Ledecky (otto ori alle Olimpiadi, prima donna ad aver vinto quattro edizioni dei Giochi consecutive) e dietro una delle lotte più furibonde. 

Ne fa le spese Simona Quadarella, la delusione più cocente dell’Italia del nuoto, fuori dal podio dei 1500, la sua gara, quella che doveva riservarle le soddisfazioni maggiori, «e che forse ho caricato di troppe aspettative, troppe tensioni, per me era la gara più importante della vita, era come se fosse la mia ultima cartuccia da sparare, il tempo non è male, ma non era quello che volevo. Adesso ho gli 800, ma la mia gara era questa», spiega cercando di non piangere, cosa che non le riesce più nel momento esatto in cui finisce le interviste e scoppia in un pianto a dirotto. Il punto vero è che Simona ha anche poco da rimproverarsi: chiude in 15’44”05, dopo essere stata terza fino ai 1400 metri, beffata dalla tedesca Isabel Gose — terza ai Mondiali di Doha stravinti da superSimo — che le è stata fianco a fianco per tutto il tempo e che negli ultimi cento metri va a prendersi il bronzo in 15’41”16. «È stata molto brava a chiudere». 

Sorprende la francese di origine russa Kirpichnikova che tiene un ritmo infernale sin dall’inizio e spiazza un po’ Simona che in semifinale l’aveva sottovalutata: «Secondo me la tedesca Gose è più forte di lei». E invece la crisi della francese questa volta non arriva, così come non arriva lo scatto di Simona: «Ai 100 metri ho capito che non l’avrei più presa, ho provato a lottare per il bronzo ma non ci sono riuscita. Alla fine avevo le gambe paralizzate».

Continua la maledizione di Simona nei 1500, la gara preferita, che a Tokyo era stata compromessa da piccoli dettagli che avevano destabilizzato quell’equilibrio delicatissimo che è un atleta di alto livello (un malessere 10 giorni prima dell’Olimpiade, la partenza rimandata, il condizionamento psicologico). Qui invece l’avvicinamento era stato perfetto, anche la dedica era pronta (la sorella Erika sta per partorire), ma qualcosa è andato storto. «Mi dispiace molto, loro sono andate fortissimo, ma sono atlete che ho battuto spesso».

Sopra a tutte, continua a regnare l’intramontabile Ledecky. Sarà stata anche spodestata sui 400 stellari («solo» bronzo dietro a Titmus e McIntosh) ma è ben lontana dal far tramontare il sole sul suo regno nel mezzofondo: chiude in 15’30’’02, record olimpico, oltre 10’’ di vantaggio sulle altre, ultimo primato di una carriera straordinaria che ha già messo gli 800 nel mirino per diventare la nuotatrice più medagliata di sempre. 

Katie (poco personaggio, cosa di cui si infischia) ha scritto nella sua biografia: «Si dice spesso che il nuoto di mezzofondo richieda di sopportare una noia straziante. Ora dopo ora, giorno dopo giorno, per mesi, anni, decenni, nella nostra bolla ovattata di silenzio virtuale, tormentati da un loop dei nostri pensieri più intimi, con i nostri corpi che urlano in agonia. Per me questo è un sabato qualsiasi. Sto scherzando. Per me il nuoto non è mai stato un dolore, ma un piacere». Ricambiato. 

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1 agosto 2024

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