Quando Israele subì senza reagire per non sfasciare una coalizione

Caro Aldo,
l’Iran sta procedendo all’arricchimento dell’uranio, ufficialmente non al livello necessario per produrre l’atomica, ma questo non è sufficiente per tranquillizzare Israele che, per la propria sopravvivenza, è disposto a tutto. Questo terrorizza il regime degli ayatollah, al punto da dovere precisare che con la reazione con droni di questi giorni, debitamente annunciata urbi et orbi, si sente soddisfatto, come risposta all’attacco israeliano alla sua ambasciata di Damasco, intimando a Israele di non commettere altri «errori». E Israele può continuare nei suoi attacchi mirati, in attesa del momento più opportuno per lo strike finale. Qual è la sua opinione al riguardo?
Franco Cosulich, Milano

Caro Franco,
Tutti speriamo che Israele non colpisca l’Iran e non avvii un’escalation. Tuttavia, l’Iran ha ripetuto anche in questa occasione che il suo obiettivo è distruggere Israele, e fare di Gerusalemme una città solo musulmana, quindi eliminando gli ebrei. Se Israele colpisse i luoghi dove l’Iran sta preparando la bomba atomica, sarebbe difficile non catalogare l’intervento come una forma di autodifesa. Benny Gantz, cioè la grande speranza di Biden, dell’Europa e di tutti coloro che sperano di liberarsi di Netanyahu (quindi non di Trump), ha già detto che Israele in qualche modo risponderà. Se invece decidesse di non farlo, ci sarebbe un precedente incoraggiante. Nel gennaio 1991 Saddam Hussein colpì Israele con i missili Scud, usati come esca per indurre lo Stato ebraico a rispondere e a sfasciare così la coalizione araba riunita da Bush padre attorno agli Stati Uniti, per liberare il Kuwait. Premier di Israele era allora Yitzhak Shamir, capo del Likud, il partito di Netanyahu. Gli Scud fecero danni molto più gravi dei droni e dei missili dell’altra sera, eppure Israele tenne i nervi saldi e non reagì. Anche stavolta per fermare l’attacco iraniano è intervenuta una coalizione, di cui fanno parte anche Paesi arabi come la Giordania e l’Arabia Saudita. Gli ayatollah sciiti non sono così amati in Medio Oriente. Purtroppo non sono isolati come lo era Saddam Hussein. Attorno a loro hanno milizie armate, da Hezbollah agli Houthi passando per Hamas. E dietro di loro hanno la Russia e la Cina. Dare uno Stato ai palestinesi e garantire la sicurezza di Israele, anche dal programma nucleare iraniano: ecco il rebus per cui l’Occidente cerca una soluzione.

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«Noi piccoli calciatori, con l’arbitro in tonaca»

Anni 50/60 al mio paese natale. Erano i tempi del boom del geloso scambio delle figurine Panini dei calciatori. Per procacciarsi un Altafini (Milan) noi ragazzini dovevamo cacciare un Sivori (Juve), un Bulgarelli (Bologna) e un Sarti (Inter) assieme. Finito lo scambio, tutti sul campo gioco di calcio, il sagrato sterrato della chiesa con in centro il monumento ai caduti protetto da quattro paracarri in granito (quante sbucciature sulle gambe!). Le porte erano segnate da sassi aguzzi (i portieri privi di guanti, quante noccolate!). Arbitro il parroco in tonaca che si assentava per andare a confessare, altrimenti un giocatore «emerito» (che non se la sentiva più di giocare per raggiunti limiti di età calcistica). Quasi sempre il pallone era floscio, ragion per cui occorrevano calci all’ennesima potenza per lanciarlo. Il sagrato della chiesa era senza protezione a strapiombo sui terreni sottostanti. Se capitava (e capitava ogni due per tre) che il pallone vi precipitasse, l’ultimo ad averlo toccato doveva recuperarlo. Sì, ma dove? In qualche cunetta stradale? Lungo i filari delle vigne? Nei solchi dei campi arati? Nella fossa del letame? Non ve n’erano di rimpiazzo. Se la partita era di due tempi, alla fine durava ore per via dei tempi di recupero del pallone. Si arrivava a casa con le scarpe impolverate e mezzo sfatte. L’indomani, via di corsa dal «calighè» (calzolaio) a farle aggiustare e se ti diceva che erano da buttare, niente più partite per qualche tempo. Il che voleva dire crisi di astinenza. Come superarla? Giocando con lo striminzito pallone dato in omaggio comprando in negozio l’Ovomaltina. Da solo, nel cortile.
Alessandro Prandi, Poggiridenti (Sondrio)

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