
Patto di stabilità, quali sono i parametri e le regole sui bilanci di cui discutono i Paesi Ue
Aperto ufficialmente con una proposta della Commissione europea di aprile, il cantiere per la revisione del Patto di stabilità e crescita – l’insieme di norme europee che vincolano i Paesi dal punto di vista delle Finanze pubbliche – è a un potenziale punto di svolta.
Ma di cosa si parla e su quali punti stanno discutendo le cancellerie? Come per molte altre questioni economiche europee, la Germania si è attestata su una linea rigorista nella revisione dei parametri su debito e deficit, che portano con sé le procedure per i Paesi che non li rispettano.

Francia e Italia, d’altra parte, hanno rappresentato l’asse per ottenere condizioni nuove, giocando anche la carta di una nuova sospensione del Patto – come è accaduto negli ultimi tre anni – per riuscire a portare i “falchi” a miti consigli.

La linea Maginot impostata da Berlino – esplicitata anche in un documento informale con la richiesta di una "salvaguardia comune" – si è concretizzata in numeri precisi. Secondo la Germania, infatti, sono necessari dati e meccanismi automatici per tenere a bada debito e indebitamento, in particolare dei Paesi più ballerini.
Berlino non ha fatto passi indietro sulla clausola di salvaguardia che stabilisce la riduzione del deficit all’1,5 per cento del Pil per i partner indebitati. Raggiungere questo obiettivo, per Paesi come l’Italia che alla fine di quest’anno registreranno un deficit al 5,3 per cento sarà davvero pesante. ll percorso si spalmerà in più anni, almeno fino al 2027, per poi lasciare spazio all’impegno della riduzione del debito. Anche in questo caso la Germania ha imposto un dato numerico: il debito dovrà calare dell’1 per cento ogni anno.

La trattativa si gioca dunque sui parametri relativi alla velocità di rientro verso il benchmark di salvaguardia del deficit, pari all'1,5% del Pil, e quelli legati alla massima deviazione consentita rispetto alle soglie della spesa primaria annua. Per chi sfora il tetto del deficit del 3% le nuove regole richiedono, infatti, di assicurare un aggiustamento strutturale dei conti pari allo 0,5% annuo. Le discussione riguarda un intervento di entità minore (dello 0,2%), tenendo conto anche dell'impatto degli interessi del debito pubblico, in cambio di riforme strutturali e investimenti.
L’Italia – che aveva in mano una proposta originaria della Commissione con elementi di flessibilità – ha impostato invece la partita portando lo scontro sullo “scomputo” dal deficit di una parte della spesa per interessi sul debito per i Paesi che investono in progetti infrastrutturali. Un’idea che nelle ultime proposte ha fatto capolino, nella forma di un vantaggio limitato ad alcune annualità (tre) e che Parigi e Roma puntano ad estendere.
Parlando alla vigilia della videoconferenza, il ministro francese Le Maire si è detto ottimista e li ha circoscritti al cosiddetto braccio preventivo, che riguarda i Paesi che non hanno sforato il tetto del 3% del Pil per il deficit e del 60% per il debito. Su questo capitolo, dato non marginale, inoltre non è richiesta l'unanimità.