Il pugile Abbes Mouhiidine: «Io, italiano 2.0, rispondo ai razzisti con una bella risata»

diGabriele Bojano

Il vicecampione del mondo di boxe nei pesi massimi verso le Olimpiadi di Parigi: «Ho scelto il pugilato vedendo un film su Muhammad Alì. Tante  medaglie ai Giochi arriveranno dagli italiani 2.0 e porteremo il Tricolore sempre più in alto»

Il pugile Abbes Mouhiidine: «Io, italiano 2.0, rispondo ai razzisti con una bella risata»

Aziz Abbes Mouhiidine che canta l'inno di Mameli durante la cerimonia di premiazione ai Mondiali

Aziz Abbes Mouhiidine non sta più nella pelle: è da un anno ormai, da quando ha conquistato la finale dei Mondiali 2023 di boxe, che sta contando i giorni che lo separano dalle Olimpiadi di Parigi e dal torneo dei pesi massimi di pugilato nel quale gareggerà con la maglia dell'Italia, in rappresentanza delle Fiamme Oro (Polizia di Stato) con la grinta e la consapevolezza di essere il più forte. E, bando alla scaramanzia, sente che è la volta buona per portare a casa la tanto agognata medaglia d’oro. Venticinque anni, di padre marocchino e madre napoletana (di Castellammare di Stabia), nato a Solofra e cresciuto Mercato San Severino, due volte vicecampione del mondo, il pugile sorprende per la maturità che ha acquisito condividendo con i compagni di squadra lunghe e faticose giornate fatte di allenamenti, sacrifici e rinunce.

  Allora, come procede il countdown verso le Olimpiadi? 
«Benissimo, continuo a prepararmi per la gara più importante della mia vita con la giusta serenità. La mia categoria dovrebbe combattere il 29 luglio, davvero sto contando i giorni». 

Lei però è andato molto vicino al suo obiettivo, due volte vicecampione del mondo. 
«Ho sfiorato il titolo mondiale nel 2021 e nel 2023, in tutti e due i casi sono stato penalizzato da verdetti molto ingiusti nei miei confronti. Ma mi rifarò alle Olimpiadi». 

Ma è vero che ha iniziato a combattere all’età di tre anni? 
«Sì, però all’epoca facevo karate, in palestra da mio zio, Gennaro Moffa, che oggi è il tecnico della nazionale di pugilato. Cintura nera 3° dan, sono stato anche capitano della squadra giovanile, vicecampione d’Europa e bronzo mondiale». 

Poi cosa è successo? 
«Fino a 17 anni ho fatto sia karate che kick-boxing e pugilato. Poi ho ricevuto la proposta di entrare nel gruppo sportivo della Polizia di Stato, le Fiamme Oro, e ho accettato. Era un sogno che si realizzava». 

Ma è vero che a farla decidere per il pugilato è stato un film? 
«Vero, avevo 8 anni e una sera vidi insieme a mio padre in tv il film su Muhammad Alì interpretato da Will Smith. Mi colpì talmente la sua storia, sportiva e umana, che dissi a me stesso: da grande voglio diventare come lui, sia sul ring che  fuori». 

Lei alle Olimpiadi indosserà i colori dell’Italia. Cosa risponde a quelle persone come il generale Vannacci che dicono che “anche se italiano di cittadinanza è evidente che i suoi tratti somatici non rappresentano l’italianità”? 
«Rispondo con un sorriso e dico che oggi l’Italia per poter vincere le medaglie più importanti deve affidarsi a noi italiani 2.0. Siamo tantissimi».

 Non è stato mai vittima di razzismo? 
«Da piccolo mai. Ora invece che sto vincendo capita che qualcuno faccia qualche commento su di me in chiave razzista. Io però rispondo con  una bella risata e continuo a portare il tricolore sempre più in alto. Mai abbassarsi a questi livelli». 

Qual è la sua opinione in merito al conflitto in Medio Oriente? 

«Sono per la pace, ognuno è libero nel suo paese. Sono contro Israele che da tanto tempo fa la guerra e uccide povere vittime. Chissà ora  con l'entrata in scena dell'Iran cosa succederà, siamo sotto il cielo. Dio vedrà». 

Crede in Dio? 
«Sì, sono stato musulmano fino al 2020 e poi sono diventato cattolico. A casa c’è sempre stato rispetto per entrambe le religioni, mio padre aveva un bellissimo rapporto con il nostro parroco e diceva sempre che alla fine, a qualsiasi fede si appartenga, crediamo tutti nello stesso Dio». 

Torniamo al pugilato. Come mai è sempre più di moda tra i giovani? Non è che pensano che sia il modo più rapido per imparare a fare a botte? 
No, no, sarebbe riduttivo… la boxe aiuta il riscatto sociale, economico, dà una forza in più. Una settimana fa sono stato in una palestra di Salerno ad allenarmi e ho conosciuto un ragazzo che mi ha detto di aver cominciato a fare pugilato da due anni, dopo che gli è morta la mamma. E ho visto nei suoi occhi quella rabbia che voleva sfogare a tutti i costi raggiungendo però degli obiettivi importanti… ecco questo è il pugilato, insegna ad essere forti fuori e dentro il ring. E insegna il rispetto verso gli altri, a cominciare dall’avversario. Uno sport davvero completo». 

La sua “collega” Irma Testa, anche lei a Parigi a caccia di medaglie pesanti, dice però che la boxe è femminile. È d’accordo? 
«Conosco Irma, siamo amici e compagni di squadra. Certamente la boxe sta diventando sempre di più femminile però nasce come sport maschile e resta soprattutto sport maschile. Qui la parità non c’entra». 

Cosa l’aspetta prima di quel fatidico 29 luglio? 
«Il 4 maggio ho un bel match sulle sei riprese a Madrid contro il kosovaro di passaporto svizzero Uke Smajli e a giugno mi laureo all’università Mercatorum in Scienze politiche e relazioni internazionali». 

Non c’era in vista anche il matrimonio con Carlotta Paoletti, anche lei pugile? Glielo aveva chiesto pubblicamente dopo la vittoria nella finale dei Giochi Europei, ricorda?
 «No, il matrimonio è saltato. Lei si è allontanata dal pugilato e da settembre ci siamo lasciati. Quando non c’è più amore è inutile andare avanti». 

Cosa farà da grande? 
«Sono sempre un poliziotto, voglio aiutare con tutte le mie forze i paesi africani che hanno bisogno, soprattutto stare vicino alle associazioni che si occupano di bambini malati o senza famiglia e di persone malate di tumore visto che ho perso mio padre prematuramente proprio a causa di questa malattia». 

Lei partecipa a un incontro a Salerno sul benessere psicofisico dello sportivo. Come si fa a raggiungerlo? 
«Bisogna credere ai propri sogni e avere vicino persone che ti amano per quello che sei, pronte a sostenerti anche quando non sei sul carro del vincitore. La vita è fatta di alti e bassi e bisogna fare sacrifici, avendo sempre presente determinazione e disciplina». 

Lei è felice? 
«Sì, tanto. E dopo Parigi spero di esserlo ancora di più».

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20 aprile 2024 ( modifica il 20 aprile 2024 | 08:55)

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