Abusi sessuali sugli ostaggi, la testimonianza drammatica alla Knesset. “Preghiamo che non tornino incinte”

GERUSALEMME – Giovani donne costrette a indossare abiti “da bambole”, sguardi pesanti, abusi costanti. Oggi alla Knesset, un gruppo di parenti degli ostaggi a Gaza (alcuni dei quali tornati loro stessi dalla prigionia) hanno presentato la loro drammatica testimonianza per chiedere alle autorità di fare qualunque cosa per riportare a casa coloro che rimangono nella Striscia, e soprattutto le giovani donne – particolarmente esposte al rischio di abusi e violenze sessuali. Con il grande timore che nelle scorse settimane ha cominciato ad attanagliare Israele: la possibilità che qualche ostaggio ritorni incinta dei suoi carcerieri.

“I terroristi hanno portato [alle donne in ostaggio] vestiti inappropriati, vestiti da bambole”, ha raccontato Aviva Siegel, 62 anni, come riportato dal quotidiano Haaretz. Siegel era stata portata via dal kibbutz di Kfar Aza con il marito Keith che si trova ancora in ostaggio, mentre lei è stata rilasciata a fine novembre nell’ambito dell’accordo mediato dal Qatar.

"Sono passati quasi quattro mesi”, ha ricordato ancora Siegel, lanciando l’allarme per chi è rimasto laggiù. “Noi siamo stati lì per 51 giorni e non c'è stato un minuto in cui non abbiamo subito abusi – e loro sono ancora lì”.

Sono ancora circa 130 gli ostaggi rimasti a Gaza degli oltre 250 catturati il 7 ottobre. Dopo che un centinaio di persone sono state liberate a novembre, donne, bambini e cittadini stranieri, la maggioranza di coloro che si trovano ancora nella Striscia sono uomini (tra cui molti anziani e malati), ma anche alcune donne e ragazze, compresa Shiri Bibas con i suoi bambini Ariel, quattro anni, e Kfir, rapito a nove mesi che ha festeggiato il primo compleanno da pochi giorni.

Nelle scorse settimane, i media israeliani hanno rivelato come autorità e comunità medica del Paese si stiano preparando alla possibilità che tra le giovani donne prigioniere qualcuna possa essere rimasta incinta in seguito agli abusi subiti.

Uno scenario che popola gli incubi di Shiri Elbag, la cui figlia Liri, 18 anni, si trova ancora nelle mani di Hamas, come ha rivelato la donna durante la riunione alla Knesset.

“Chiudete gli occhi e immaginate di essere lì per un minuto nei tunnel, che qualcuno ti fissi spogliandoti con uno sguardo. Non possiamo nemmeno immaginare cosa stanno passando lì", ha detto. “Non voglio nemmeno pensare alla possibilità di una gravidanza”.

L’evento alla Knesset è stato organizzato da un gruppo di pressione guidato dalla parlamentare di Yesh Atid Tal Miron per tenere viva l’attenzione sul tema degli ostaggi, e in particolare sulla sorte delle donne rimaste a Gaza.

Da settimane Israele sta raccogliendo prove e testimonianze delle violenze di genere commesse dai terroristi il 7 ottobre, dopo che nel caos di quel giorno e dei primi momenti successivi soccorritori e forze di sicurezza non hanno seguito i protocolli necessari allo scopo. Ora il timore è che gli ostaggi a Gaza continuino a subire abusi simili, con le famiglie sempre più esasperate l’atteggiamento del governo, che ritengono non fare abbastanza per riportare i prigionieri a casa.

“Non è chiaro che il tempo è un fattore chiave per tutti gli ostaggi, ma soprattutto per le donne?” ha detto Shani Yerushalmi, la cui sorella Eden è stata rapita dal festival musicale Nova. “Al primo ministro e al governo non crea problemi la possibilità che ritornino incinte oltre il punto di poter interrompere la gravidanza?"

Siegel ha spiegato di aver trascorso la notte in una tenda fuori dalla casa del primo ministro, dove il Forum delle Famiglie degli Ostaggi e dei Dispersi ha creato un presidio di protesta.

"Non riesco a capire come il governo non capisca”, ha detto. “Anche i ragazzi stanno sperimentando quello che stanno passando le ragazze. Anche loro sono come marionette appese a un filo. Qualcosa deve urgentemente cambiare, adesso".