Bolivia, il giorno dopo il tentato colpo di stato s'insinua il dubbio dell'autogolpe
Il generale ribelle accusa il presidente Arce di aver organizzato l'assalto per «guadagnare popolarità». E gli oppositori politici rilevano tante incongruenze
La Bolivia il giorno dopo lo strano tentato golpe guidato dal generale Juan José Zuñiga sembra essersi già buttata tutto dietro le spalle. I principali siti di news locali sembrano più preoccupati di dare i risultati delle ultime partite della Copa America che di seguire gli sviluppi di un colpo di Stato che non è stato. Eppure c'è già chi insinua che dietro l'assalto al Palazzo del governo, mercoledì pomeriggio, ci siano troppi misteri. Il primo a seminare il dubbio è stato proprio Zuñiga, il comandante dell'esercito ribelle che era stato destituito dall'incarico martedì dopo le sue neppure tanto velate minacce all'ex presidente Evo Morales. In un'intervista televisiva si era infatti detto pronto ad arrestarlo se avesse portato avanti la candidatura alle presidenziali del novembre 2025. Subito dopo l'arresto, è andato oltre, accusando l'attuale presidente Luis Arce, ex alleato di Morales e ora suo acerrimo avversario, di aver ordito una sorta di auto-golpe per rafforzare la propria popolarità, in brusco calo.
«È necessario preparare qualcosa per aumentare la mia popolarità», avrebbe detto domenica scorsa Arce al generale, secondo la ricostruzione di quest’ultimo, prima di autorizzarlo a «tirar fuori i blindati». Il governo ha subito smentito categoricamente la confessione di Juan José Zuñiga, che ora rischia dai 15 ai 20 anni di carcere per terrorismo e insurrezione armata contro la sicurezza e la sovranità statale.
I dubbi, però, restano. Anche alcuni seguaci dell'ex presidente Evo Morales, oppositori di altre correnti e analisti politici hanno avanzato il dubbio che la breve occupazione dei militari in Plaza Murillo, a La Paz, dalle 15 alle 17,30 di mercoledì pomeriggio, sia stato uno «show» orchestrato dal presidente per riconquistare consenso di fronte ad una crescente crisi economica e agli attacchi pubblici di Morales. Il senatore Luis Adolfo Flores, ad esempio, ha indicato come «sorprendente» che, nonostante il movimento di un forte contingente militare al chilometro zero (così viene chiamata piazza Murillo dai boliviani) non ci sia stata alcuna reazione da parte della polizia, che anzi si è subito allontanata dalla zona. «I ministri in Plaza Murillo erano in giro come ballerine», ha osservato l'ex ministro Carlos Romero.
Juan José Zuñiga, peraltro, è sempre stato considerato un uomo di fiducia del presidente Arce, che lo aveva nominato comandante dell'esercito nel 2022 nonostante qualche macchia nel suo curriculum militare. Zuñiga era considerato «il generale del popolo», per la sua vicinanza al settore minerario e sindacale. In passato, tuttavia, è stato accusato di aver dirottato 2,7 milioni di boliviani (circa 400.000 euro) di fondi pubblici quando era al comando di un reggimento di fanteria. Nonostante questo, Arce lo aveva scelto per l'incarico forse più importante e delicato delle forze armate. In seguito, Morales lo aveva accusato di essere il leader di un gruppo interno all’esercito - i “Pachajchos” - era pronto a lanciare una «persecuzione permanente» ai leader politici ostili al presidente.
Di certo, la presidenza Arce esce ora rafforzata, almeno a livello internazionale, dopo l'ondata di solidarietà che l'ha raggiunto sia dai vicini Paesi sudamericani, preoccupati dal rischio di un "contagio golpista" nel continente, sia da molti leader internazionali, come la presidente della Commissione europea von der Leyen, il presidente Usa Joe Biden e il leader del Cremlino Vladimir Putin. Resta da vedere se il fragile equilibrio con Morales, che ha ritirato l'appello a uno sciopero generale contro il governo, i tanti dubbi che circondano quanto avvenuto e la crisi economica in cui versa la Bolivia permetteranno ad Arce di portare a termine il mandato presidenziale in tranquillità fino al voto del prossimo anno.