Superbonus da 160 miliardi e conti pubblici allo sfascio: di chi è davvero la colpa
Il provvedimento
Ideato per contrastare gli effetti della pandemia sulla chiusura di quasi tutte le attività, il Superbonus prevede una detrazione del 110% in 5 anni per interventi di efficientamento energetico e modifiche antisismiche sugli edifici. Significa che se spendi 100 puoi scalare dalle imposte dovute 110. Ma se i soldi ti servono subito puoi vendere il credito con uno sconto a una banca (cessione del credito) o a chi te lo compra, ad esempio alla ditta che porta a termine la ristrutturazione (sconto in fattura). Il credito si può girare illimitatamente a più soggetti che a loro volta possono detrarlo dalle tasse o rivenderlo. La misura è temporanea, scade a dicembre 2021 e la previsione di spesa è di 33,6 miliardi (qui pag.12).
Esplosione dei prezzi, agevolazioni e frodi
Le richieste di agevolazioni partono lentamente e nel primo anno non superano i 6 miliardi di euro. Ma già a dicembre 2021 schizzano a 16,2 miliardi di euro.
Cosa è successo? Siccome paga tutto lo Stato, salta lo stimolo a negoziare sul prezzo, i costi esplodono e il meccanismo si estende a tutta la filiera dei fornitori. In più il decreto non prevede controlli serrati a monte, aprendo così la strada alle emissioni di fatture false
Cambia il governo e si va in deroga
A fine 2022 le richieste salgono di altri 46,3 miliardi. Nel frattempo si insedia il governo Meloni, e la premier ha cambiato idea sul Superbonus: lo considera un fallimento ed è «pronta ad archiviare la logica dei bonus». A novembre riduce la soglia al 90% per il 2023 (art.9 decreto aiuti quater) e annuncia il blocco della cessione del credito a partire da febbraio 2023 (decreto 11/2023). Ma concede deroghe e proroghe: continuano a godere del 110% per tutto il 2023 i condomini che hanno già iniziato le ristrutturazioni o che hanno presentato il documento di inizio lavori (CILA) entro fine 2022. Stessa sorte per le villette adibite ad abitazione principale, a condizione che il proprietario abbia un Isee sotto i 15 mila euro e che entro il 30 settembre del 2022 abbia portato a termine il 30% dei lavori. La cessione del credito resta tal quale per le spese effettuate nel 2023 dai condomini che hanno avviato le ristrutturazioni o che hanno approvato la delibera assembleare di inizio lavori e presentato la CILA prima del 17 febbraio 2023. Risultato: a marzo 2024 il conto sale di altri 54,7 miliardi.
Dai 33 miliardi iniziali si passa a 160
Ai crediti elencati bisogna aggiungere gli interventi agevolati con il Super Sismabonus, di cui non sono disponibili informazioni pubbliche aggiornate e che secondo i dati riportati dall’Ufficio Parlamentare di bilancio supererebbe i 35 miliardi di euro (qui pag. 22). Tirando le somme l’Agenzia delle entrate stima che ad aprile i crediti fiscali legati al Superbonus abbiano raggiunto 160,5 miliardi, di cui 7 miliardi sono da annullare perché legati a frodi, errori e duplicazioni. Il ministro dell’Economia Giorgetti, alla presentazione del Def dichiara che il Superbonus avrà un «effetto devastante» sul deficit dei prossimi anni (nel 2024 stimato al 4,3% del Pil) e contribuirà «pesantemente» all’aumento del debito pubblico (137,8% rispetto al Pil). Tradotto vuol dire che non ci saranno soldi per fare altri investimenti. Dal 2024 i rimborsi del Superbonus sono ridotti al 70% e poi al 65% dal 2025, detraibili dalle tasse in 4 anni. Però il ministro Giorgetti, per dare ossigeno ai conti pubblici, ha recentemente proposto di spalmarli su dieci anni. E su questo tutti i partiti sono d’accordo.
Quanto è ritornato nelle casse pubbliche?
Un effetto del Superbonus sull’economia è stato quantificato. L’istituto per la ricerca economica Prometeia ha stimato una crescita del Pil annuale dello 0,8% all’anno, ovvero 86 miliardi in più di Pil cumulato in tre anni, e 100 miliardi di maggiori investimenti. Dal 2020 al 2023, conferma l’Istat, il settore delle costruzioni ha registrato un +35%, e nel biennio 2021-22 ha beneficiato di 16,5 miliardi di investimenti residenziali in aggiunta a quelli che sarebbero stati comunque effettuati (qui pag. 38): è il comparto che ha maggiormente trainato la crescita, superando ampiamente i ritmi degli altri Paesi europei. Il Superbonus ha inciso sull’occupazione. Secondo lo Svimez tra il 2021 e il 2024 ha dato lavoro a 429 mila unità: 322 mila al Centro-Nord, 107 mila nel Mezzogiorno. L’Osservatorio dei Conti pubblici stima che con il Superbonus «per ogni 100 euro di spesa ne rientrano circa 20 sotto forma di maggiori imposte e contributi sociali»: su 160 miliardi, il rientro sarebbe di circa 32 miliardi. Infine nelle casse delle Stato sono tornati 13,95 miliardi con il Pnrr.
A vantaggio delle famiglie più agiate
In quattro anni, fra abitazioni singole e condomini, gli edifici che hanno usufruito del Superbonus sono 493.398, più 8 castelli. L’investimento medio per i condomini è stato di 593 mila euro, per le ville 117 mila, per i castelli 242 mila. Sono stati efficientati il 4,1% di tutte le abitazioni italiane. Gli investimenti sono andati soprattutto alle famiglie più agiate visto che il 50% degli interventi ha riguardato villette contro il 26,8% di condomini. Lo conferma anche la Corte dei conti (qui pag.29) sottolineando come la misura abbia favorito «i proprietari più dotati di risorse finanziarie». Il risparmio energetico a fine 2022– dichiara l’ultimo Rapporto Enea – è stato di 9.410,5 GWh. Tutti gli interventi di efficientamento hanno fatto risparmiare a chi ha ristrutturato casa l’equivalente di 2,5 milioni di tonnellate di petrolio e circa 3 miliardi in bolletta (qui pag.56). Il beneficio collettivo invece è di 6,5 milioni di tonnellate di CO2 in meno, quanto un anno di traffico su Fiumicino, Orio al Serio e Capodichino.
Boomerang per i conti pubblici
Nonostante il contributo alla ripresa economica, la differenza tra costi e benefici resta notevole: «Nato come una misura emergenziale condivisibile sia per la finalità sia per l’impatto diretto sulla domanda interna e il basso contenuto di importazioni, il Superbonus è diventato un boomerang per i conti pubblici in seguito alle numerose deroghe sulla scadenza e i potenziali beneficiari – spiega a Dataroom una nota di Prometeia -. Gli indubbi benefici in termini di crescita del Pil vanno commisurati non solo al costo per le finanze pubbliche, ma anche al contro-shock inevitabile nei prossimi anni e alle politiche fiscali restrittive necessarie per compensare quell’eccesso di spesa». A far esplodere i costi, nell’ultimo anno, sono stati i ripetuti annunci di norme volte a contenere il bonus che hanno spinto sempre più proprietari ad accelerare i lavori, e poi le eccezioni imposte dalla maggioranza ai decreti che avrebbero dovuto limitare le agevolazioni.