

I social media sono il principale terreno di caccia utilizzato dai truffatori. In particolare le piattaforme di Meta: Facebook, Instagram, Whatsapp e Messenger. I dati della banca britannica Revolut dicono che nella seconda metà del 2023, il 77% delle truffe segnalate dai propri clienti nello spazio economico europeo è iniziato su un social e, di queste, il 59% su una piattaforma Meta, dove è stato sottratto il 27% delle somme.
L’indagine di Revolut arriva in un momento delicato, perché in Europa si sta giocando una partita importante sul futuro dei servizi pagamento. La Commissione europea infatti ha presentato, già nel 2023, la proposta di regolamento sui servizi di pagamento (Psr) che introdurrà nuove misure di sicurezza per prevenire le frodi, tra cui quelle in cui i truffatori si fingono operatori bancari. Secondo Revolut - ma è una posizione condivisa anche da altri operatori - non si può chiedere solo alle banche di fare prevenzione: anche i social media devono fare la loro parte.
Secondo David Eborne, group head Fraud operations di Revolut, oggi “le piattaforme online sono tenute ad adottare un approccio reattivo nei confronti dei contenuti illegali (ad esempio quando un utente segnala contenuti illegali su una piattaforma). Non esistono obblighi di monitoraggio generale o di accertamento attivo dei fatti per le piattaforme online”. Per le piattaforme online e i motori di ricerca molto grandi esiste l’obbligo di mettere in atto misure di attenuazione, adattate ai rischi sistemici specifici. “Non è chiaro, tuttavia, se la frode sia considerata un rischio sistemico e quali siano queste misure concrete di mitigazione”.
Come abbiamo raccontato spesso su Repubblica, moltissime truffe partono da annunci pubblicitari su Facebook o Instagram. Si tratta di inserzioni a pagamento sulle quali, secondo Eborne, servirebbero controlli più severi: “La pubblicità tradizionale è un ambiente estremamente controllato e lo stesso dovrebbe applicarsi alla pubblicità sui social media”.
L’analisi di Revolut scende più nel dettaglio, individuando le truffe più comuni: quelle sugli acquisti (il 70% del totale) e quelle sugli investimenti (il 12%) che, pur essendo meno numerose fanno molti più danni perché rappresentano il 61% del denaro perso. Negli scorsi mesi Repubblica ha portato alla luce la truffa del “reddito civile” in cui si sfruttava l’immagine di Giorgia Meloni come testimonial o quella di Amazon trading, che non ha nulla a che fare con Amazon e ha dilagato sia al telefono che online.
Per quanto riguarda gli acquisti, le esche più utilizzate di recente per spillare denaro alle vittime sono i biglietti dei concerti, ad esempio quelli di Taylor Swift che sono tra i più ricercati e, spiega David Eborne, “con l’avvicinarsi dell’estate vediamo anche che i consumatori vengono attratti dagli affitto delle case vacanze, dove i truffatori creano affitti falsi e chiedono depositi anticipati per proprietà inesistenti”.
E le truffe bancarie in cui i criminali si fingono dipendenti della nostra filiale? Secondo i dati Revolut rappresentano solo il 4% di tutti i casi di frode nel 2023. Più rare, quindi, ma come dimostrano i casi che a volte emergono - ad esempio quello del finto “bancario ladro” - anche molto pericolose perché comportano cifre molto alte, a volte decine di migliaia di euro. E come avvisano gli esperti di diritto bancario, ottenere un risarcimento in questi casi è difficilissimo, poiché è quasi sempre la stessa vittima a fornire tutte le credenziali di accesso al proprio “carnefice”.
La stessa Revolut dice che “non esiste una regola generale, ogni potenziale caso di truffa riguardante un cliente Revolut viene attentamente indagato e valutato indipendentemente da altri casi, poiché esistono diversi fattori da tenere in considerazione”. Il regolamento in discussione in questi mesi, però, prevede che nei casi di truffe con impersonificazione di dipendenti bancari, debbano essere le banche a rimborsare i clienti per le perdite subite.