«Salva il tuo futuro», «No, può ucciderti»: negli spot del Super Bowl va in scena l’intelligenza artificiale
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Da una parte Microsoft, che racconta come il suo chatbot Copilot possa accrescere le potenzialità degli individui. Dall'altra Dawn Project, che sottolinea la pericolosità del software di guida autonoma di Tesla

Gli intervalli del Super Bowl sono una delle vetrine più importanti dell'anno. Oltre 100 milioni di persone si mettono davanti allo schermo per assistere alla finale dell'American Football League americana. Un pubblico immenso, che porta le più importanti società - e non solo - a sfruttare questo spazio pubblicitario per raccontare i loro prodotti e veicolare i loro messaggi. Spendendo anche cifre astronomiche. Ci sono le case automobilistiche e i trailer del prossimi film più attesi. Tra cioccolatini, bibite e cosmetici, molto spazio quest'anno è stato riservato anche al racconto dell'intelligenza artificiale. E chi ha deciso di parlarne, lo ha fatto con due visioni completamente opposte: da una parte il catastrofismo dall'altra la consacrazione.
Lo spot anti-Tesla
L'intelligenza artificiale è pericolosa. E in particolare quella che viene presa di mira durante il Super Bowl è quella di Tesla: il software per la guida autonoma sviluppato dalla società di Elon Musk è al centro dello spot del Dawn Project, il cui slogan è «Making computers safe for humanity» (rendiamo i computer sicuri per l'umanità). L'organizzazione è stata fondata da Dan O'Dowd, esperto cresciuto nel California Institute of Technology che ha creato sistemi per gli aerei Boeing e Lockheed Martin. «Ecco ciò che Elon Musk non vuole sappiate: vende un software per la guida autonoma difettoso dichiarando ai consumatori che è molte volte più sicuro di un conducente umano, mentre in realtà guida come fosse un teenager ubriaco», si legge sul sito. Nel video trasmesso durante il Super Bowl si mostra come, nelle istruzioni del software, viene dichiarato come questo sia sicuro solo per l'utilizzo in autostrada. Mentre Tesla permette di attivarlo anche su strada cittadine, «causando tragici incidenti». Musk si è limitato a rispondere con una emoji, rotolandosi dalle risate. Noi possiamo aggiungere che è in effetti vero studiare a fondo il caso - d'altronde negli Usa sono in corso delle indagini e sono anche stati pubblicati documenti interni che attestano come l'azienda sia consapevole di alcuni malfunzionamenti e continui ad ignorarli - ma forse i toni un po' troppo drammatici del video risultano alla fine controproducenti.
Microsoft e il suo Copilot «salvavita»
Forse il più interessante spot dedicato all'intelligenza artificiale è quello di Microsoft. «Dicono che non riuscirò mai ad aprire la mia attività», dice un ragazzo. «O che non riuscirò mai a laurearmi», aggiunge una ragazza. «O che non riuscirà mai a fare il mio film». Tanti giovani, tanti sogni irrealizzabili. Fino a quando viene loro in aiuto Copilot, il chatbot di intelligenza artificiale generativa, che «per magia» risolve tutti i problemi e rende tutto possibile. «Si, posso aiutarti», risponde. Ma il messaggio che arriva, da questo spot, è che più che aiutarci farà la cose al posto nostro. Noi, poveri di idee e di competenze, siamo in grado di uscire dalla nostra mediocrità solo grazie al supporto di un cervello artificiale. Un video poco riuscito proprio perché - nonostante gli intenti - risulta in realtà più inquietante degli espliciti allarmi di pericolosità su questa nuova tecnologia. Che tra l'altro è sì potentissima, ma non ai livelli narrati da Microsoft. Perlomeno non ancora.
Google, forse la visione più riuscita
E dunque, se vogliamo capire le potenzialità rivoluzionarie - ad oggi - dell'intelligenza artificiale, possiamo guardare il terzo spot del Super Bowl dedicato al tema: quello di Google. Che punta sull'inclusività e le pari opportunità che la tecnologia stessa può offrire. Il protagonista del video è un ragazzo ipovedente alle prese con piccoli momenti quotidiani da immortalare: un selfie, un ritratto di amici, una scena allo stadio. Può farlo solo grazie alla voce che lo guida nello scatto: lo smartphone (un Pixel, quello di Google stessa) identifica i volti sfruttando l'intelligenza artificiale così da suggerirgli quando l'inquadratura è corretta. Un piccolo dettaglio - avere delle foto ricordo - che però rende bene l'idea di come già oggi questi algoritmi possono aiutarci (e non sostituirci).