La mossa del tribuno Mélenchon: «Dove siamo terzi ci ritireremo»

diMarco Imarisio

Il leader della France Insoumise: «La trappola di Macron è stata sventata», ma apre al sostegnoa Ensemble dove serve: non un voto in più ai lepenisti

DAL NOSTRO INVIATO 
PARIGI  - A Jean-Luc Mélenchon piace stupire. Giornalisti, candidati e semplici militanti guardano in alto, alle balconate ornate di maioliche dipinte dei Magazzini Boulanger, scelti come comitato elettorale della sua France Insoumise. Lui invece esce da una porticina al pianterreno, sbucando sul palco da dietro. Gli tocca schiarirsi la voce al microfono per avvertire gli astanti della sua apparizione. Gli fanno compagnia i suoi fedelissimi, ai quali mentre risaliva la scalinata aveva impartito con voce stentorea la parola d’ordine. «È tutto aperto, le proiezioni sono sempre sballate, ogni possibilità è sul tavolo, quindi evitiamo di dire stupidate».
È un modo sbrigativo per dire che sarà lui a dare la linea, e che tutte le dichiarazioni seguenti dovranno essere una copia conforme delle sue.

«La trappola è stata sventata»

«Questo voto infligge una sconfitta pesante e indiscutibile a Emmanuel Macron» è l’esordio. «Il presidente pensava di condizionare ancora una volta il suffragio universale a una scelta che nessuno vuole più fare, o lui o l’estrema destra del RN. Ebbene, la trappola è stata sventata». Fino a qui siamo nel novero delle cose normali, accolte da una ovazione nella sala gremita dai suoi sostenitori, quasi tutti giovani, volontari e studenti universitari. Ma il gusto per la sorpresa del controverso leader della France Insoumise non si limita all’entrata in scena. Pausa teatrale, il vecchio tribuno sa come si fa, e conosce bene quelli che chiama i suoi ragazzi. «Per il secondo turno, il Nuovo Fronte Popolare è presente in un duello nella maggior parte dei casi contro il RN. Se l’esponente dell’estrema destra arrivasse primo e il nostro fosse in terza posizione, laddove si verificassero delle possibili triangolazioni, ritireremo la nostra candidatura. Perché le nostre istruzioni sono semplici, dirette e chiare: né un voto, né un seggio in più per il RN».

La «Macronie»

Persino l’imperturbabile Mélenchon alza gli occhi dal testo che sta leggendo per sbirciare sui volti dei presenti. Gli applausi ci sono, ma non scroscianti come prima. L’ex deputato socialista diventato fondatore e demiurgo di LFI sta facendo un appello alla desistenza. In molti collegi, i suoi militanti dovranno votare per un candidato di quella che viene chiamata «Macronie», la galassia Macron, detestata quasi alla pari dell’estrema destra lepenista. È una posizione coerente con quanto detto la notte del primo turno delle presidenziali, due anni fa che sembrano due secoli. Ma allora, non c’erano alternative, Mélenchon era rimasto escluso dal ballottaggio a due. Il sacrificio che verrà richiesto tra una settimana è più grande. Lui sembra esserne cosciente e cerca di indorare la pillola, da oratore di razza qual è. «Non si tratta di votare un centrista, ma di votare per un altro futuro, per la Francia, la Republique, per la nostra comune idea di società».

Sotto al palco, Florence Travaillé e Florien Baudoin

Sotto al palco, Florence Travaillé e Florien Baudoin, venti e 22 anni, studentessa lei dottorando lui, dicono che obbediranno. «Ma i macronisti devono prima riconoscere che la diabolisation della sinistra che hanno fatto in queste settimane, equiparandoci all’estrema destra, è stata un errore. Devono ammettere che non siamo sullo stesso piano. Se lo fanno, li votiamo». Ai quattro angoli della sala ci sono altrettanti maxischermi, che trasmettono le prime reazioni degli altri leader del Nuovo Fronte Popolare. Raphael Glucksmann ripete gli stessi concetti. Ritiro dei candidati in terza posizione nelle triangolari di domenica prossima, per negare la maggioranza assoluta al RN. «Ciò che facciamo, ciò che diciamo per i giorni e per le ore che vengono, determinerà il nostro posto nella storia del nostra Paese». Ma ogni frase del leader di Place Publique viene accompagnata da battute malevole, frizzi e lazzi, occhi al cielo, a essere gentili. Lo stesso tocca al segretario socialista Olivier Faure, appena rieletto nel suo collegio della Seine-et-Marne: i descamisados Insoumis rivolgono commenti corrosivi al suo inappuntabile completo blu. Quando sullo schermo appare l’ex Francois Ruffin, l’uomo della «rupture» che considera Mélenchon un ostacolo alla vittoria del NFO, in grossa difficoltà nel collegio della Somme, mancano solo le pernacchie. «A noi interessano soprattutto i nostri candidati» sogghigna di passaggio il capo della segreteria di LFI Manuel Bompard, braccio destro di Mélenchon.

La sinistra divisa come non mai

Il problema è che meno di tre settimane fa, quello che sarebbe poi diventato il Nuovo Fronte popolare era un campo di battaglia. La sinistra aveva finito la campagna elettorale per le Europee completamente divisa come non mai. La France Insoumise aveva accusato Glucksmann e il partito socialista che lo aveva fatto capolista di essere «agenti della Cia pagati con i soldi delle lobby», ottenendo come replica la sottolineatura delle difficoltà dei melenchonisti a condannare l’invasione russa in Ucraina o a definire Hamas come una organizzazione terroristica. Ora stanno insieme, ma in fondo continuano a pensarla nello stesso modo. Ieri sera, alla sinistra del leader spesso accusato di antisemitismo dai suoi stessi alleati e da alcuni suoi deputati, prontamente purgati subito dopo la dissoluzione dell’Assemblea nazionale decisa da Macron, c’era Rima Hassan. È l’eurodeputata di LFI che una settimana fa ha pubblicato sui suoi social la falsa notizia su Israele che addestra dei cani per violentare le donne palestinesi nei campi di detenzione. «Speriamo di reggere tutti insieme fino a domenica» dicono i due giovani militanti, mentre si dirigono verso place del Republique per la più grande delle molte manifestazioni contro l’estrema destra che si stanno svolgendo in tutta la Francia. Uniti per forza, divisi nell’anima.

1 luglio 2024

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