Andrea Fabbricatore: «Sono stato campione di Rischiatutto. Le donne mi braccavano. Mike? Non tollerava gli introversi»

diMassimo M. Veronese

Andrea Fabbricatore, 80 anni,  farmacista fiorentino, nel 1971 fu campione per sei mesi a Rischiatutto e vinse la cifra record di 25 milioni di lire: «La fama? Le donne mi braccavano»

Andrea Fabbricatore, ottant’anni quest’anno portati con grande eleganza, è stato un numero uno del Rischiatutto, il quiz dei quiz che negli anni 70, con la forza dell’audience, spostava persino i calendari delle partite di calcio. Scrivevano di lui: «Ha una fervida memoria, un’invidiabile prontezza di riflessi e una fresca furberia», diventò un personaggio popolarissimo per l’incredibile sorriso e la disarmante ingenuità che in realtà era solo apparente, dato che, impermeabile allo stress, fu l’unico campione a non aver mai perso chili. Anche nel nuovo Rischiatutto di Carlo Conti che torna in tv, il farmacista fiorentino sarebbe perfetto.

Andrea, come arrivò al Rischiatutto?

«Per un colpo di fortuna. Mike Bongiorno venne a Firenze per presentare un veglione di Carnevale al Dopolavoro della Nuova Pignone, a 300 metri da casa mia. Disse: se qualcuno di voi vuole partecipare al Rischiatutto prendo nome e indirizzo. Due settimane dopo mi arrivò l’invito per il provino, un mese dopo debuttai negli studi della Fiera di Milano».

E il 22 aprile 1971 diventa subito campione in maniera abbastanza rocambolesca.

«Alle domande finali del raddoppio arrivai ultimo e mi sentivo spacciato. Ma tutti e due i miei avversari, Corrado Taiuti, che era il campione in carica, e una signorina milanese che si chiamava Alida Rosin, sbagliarono le risposte che valevano il titolo. Io invece le azzeccai. Vinsi solo 200 mila lire, il minimo sindacale, ma lì cominciò la mia avventura. Avevo 27 anni».

Perché scelse la geografia come materia?

«Da bambino ero affascinato dalla mappe e dagli atlanti. Con il tempo ho scoperto la complessità della materia che non è solo nomi da mandare a memoria. Studiare la geografia vuol dire anche studiare la storia, l’economia e la vita di un Paese».

Sei mesi da campione, nessuno come lei, un titolo difeso anche con un braccio rotto

«La trasmissione era di giovedì e io un lunedì caddi dalla bicicletta e mi fratturai la mano sinistra. Rischiò di saltare la puntata ma mi ingessarono così bene che tre giorni dopo ero al mio posto. Tanto il pulsante lo schiacciavo con la mano destra».

Studiava?

«Anche otto ore al giorno. Chiesi pure le ferie per prepararmi».

C’erano materie bizzarre sul tabellone tipo: circolazione stradale, pesci dei nostri mari, dame e cavalieri...

«Mi ricordo cartoline estive e donne celebri. Sono quelle che mi hanno fregato...».

In che senso?

«Se mi facevano una domanda su qualche diva hollywoodiana andavo abbastanza nel panico. Non ero uno che seguiva il gossip e sapevo poco o niente del cinema americano».

Ma se lei ha fatto anche un film...

«Si, ho fatto l’ingenuo Calandrino in Boccaccio, un film di Bruno Corbucci, mi chiamarono a farlo perché ero famoso. C’erano Enrico Montesano, Pippo Franco, Lino Banfi. E donne bellissime come Sylva Koscina e Isabella Biagini. Ma non mi piacque moltissimo quella vita, non era quella la mia strada».

Lei in effetti diventò famosissimo, Rischiatutto allora faceva 30 milioni di spettatori.

«La popolarità all’inizio è stata enorme, ricevevo montagne di lettere. Mi chiedevano autografi, foto, raccomandazioni, mi riempivano di complimenti. La rimpiango un po’».

Lettere d’amore?

«Hai voglia. Ammiratrici che mi davano appuntamenti, telefonate a casa, visite in farmacia. Sono sempre stato educato con tutte ma ho sempre tagliato corto subito».

In totale vince 24 milioni e 520 mila, una delle vincite più alte di tutti i tempi: un operaio guadagnava 130 mila lire al mese e una Fiat 127 costava quasi un milione. Che ne ha fatto di quei soldi?

«Mi sono sposato con Adriana e ho comprato casa, la stessa dove sto adesso nel quartiere di Gavinana. Pochi mesi dopo la finale passai il concorso per un impiego alle farmacie comunali di Firenze e così rinunciai a comprarmi una farmacia».

A proposito della finalissima.

«Si disputò l’anno dopo con i nove grandi campioni del Rischiatutto. Andai a Milano con la 127 Fiat che avevo comprato una settimana prima, insieme a mia mamma e alla mia fidanzata. Fu una bella tirata».

Se la gioca con Massimo Inardi e Marilena Buttafarro e arriva secondo.

«Con Inardi non c’era gara, era il più forte di tutti».

Medico, parapsicologo, si diceva leggesse nel pensiero?

«Aveva una grande preparazione culturale, era l’unico più forte di me, ma che sapesse la risposte leggendole con il pensiero... suvvia...».

La fine della sua avventura è datata 15 ottobre 1971.

«Persi con un commerciante di Genova, Roberto Bambagioni. Infilai una serie di sbagli al tabellone che mi relegarono in fondo alle domande del raddoppio. Ma stavolta i due davanti di me non sbagliarono».

E lei raramente sbagliava.

«Non proprio. Una volta persi 800 mila lire per colpa di Novella Calligaris, la reginetta del nuoto».

Cioè?

«La domanda era: quanti record europei ha fallito la Calligaris ai campionati italiani? Risposi: due, i 400 e gli 800».

Risposta esatta!

«Lo so, ma per i giudici non aver detto “stile libero” voleva dire aver sbagliato. Mike Bongiorno si infuriò al punto che costrinse gli esperti a farmi la domanda di riserva».

E come andò?

«Peggio. Mi chiesero: chi è stato espulso nella Juventus nella prima giornata di campionato contro il Catanzaro? Risposi Spinosi e invece era Capello».

Che ricordo ha di Mike Bongiorno?

«Era esigente ma umano, molto attento agli umori del pubblico, poco disponibile con gli introversi. Pretendeva tirassimo fuori il meglio di noi, come preparazione e personalità».

Lei è sempre sorridente ma la sua vita non è stata facile.

«Papà era maresciallo di fanteria, se ne andò troppo presto, quando avevo 19 anni. Mamma ha cresciuto me e i miei tre fratelli da sola, con il poco che c’era, facendoci studiare tutti. Io non potevo permettermi di comprare un libro così studiavo in biblioteca o mi facevo prestare i testi dai compagni. Sono andato avanti a borse di studio e non ho mai pesato sulla famiglia per pagarmi gli studi».

Che lavoro faceva sua mamma?

«Aveva un negozietto di calzoleria nello stesso stabile di via Pescetti dove abitavamo».

Lei si laurea a 24 anni, poi subito al lavoro.

«La mia prima farmacia è stata a Montaione, a un’ora da Firenze. Era la prima volta che vivevo fuori casa, all’inizio fu durissima: ero solo e non conoscevo nessuno. Poi il paese mi ha adottato. Un anno dopo sono rientrato a Firenze, nella farmacia Taverna, accanto a San Giovanni. Li la mia vita è cambiata, mi sono persino comprato un’automobile. Ho chiuso a Santa Maria Novella: uno dei mie clienti più affezionati era Gino Bartali. Nel 2009 sono andato in pensione».

Che ne pensa del nuovo Rischiatutto di Carlo Conti?

«Penso quello che pensavo del Rischiatutto di Fabio Fazio di otto anni fa, a cui partecipai anch’io. Per me non è più calato nella vita di oggi, non arriva più al pubblico come una volta, diverte ancora ma manca della spettacolarità che aveva cinquant’anni fa. È più autoreferenziale che popolare».

Rimpianti?

«Dopo tanti anni resto ancora scettico sul funzionamento del sistema dei pulsanti. Tante volte schiacciavo e la mia luce non si accendeva. E arrivare primi sul pulsante voleva dire tutto. Un circuito un po’ misterioso che non mi ha mai convinto».

Quando ha trovato il jolly nella sua vita?

«Quando ho sposato mia moglie: siamo insieme da 52 anni. E poi con mia figlia Anna, il mio nipotino Vanni».

E quando ha rischiato tutto?

«Proprio con il Rischiatutto. Temevo di tornare a casa subito con la coda tra le gambe e le mie ambizioni frustrate. E invece il quiz mi ha dato molto nella vita e dopo mezzo secolo, incredibilmente, si ricordano ancora di me».

Da farmacista: la sua ricetta della felicità?

«Liberarsi dello stress e delle fissazioni. Trovare un equilibrio nella vita e nell’alimentazione. Essere amato. Altro non serve».

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7 marzo 2024 ( modifica il 7 marzo 2024 | 07:25)

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